Il concorso “la sposa d’Italia”: Tebe e Massimina protagoniste a Merano

Il concorso “la sposa d’Italia” vedeva giungere a Merano le diciotto finaliste che a Merano sarebbero selezionate per la vittoria, ma di loro solo una avrebbe vinto il concorso. Chi erano le donne che venivano segnalate per partecipare con le loro storie di vita al concorso? Nel 1958, ad esempio, si presentarono a Merano le diciotto vincitrici delle selezioni regionali e da subito i giornali fissarono la propria attenzione su due di quelle donne, narrandone ai lettori le loro due storie.

La prima protagonista si chiamava Massimina Lavarini in Borghetti e viveva a Borghetto all’Adige, a sud di Trento: “Spinge i traghetti lungo il fiume sostituendo nella fatica il marito, minato da una malattia contratta in guerra quando aveva combattuto in Africa”. 

Come troppo spesso accadde ai soldati che combatterono per l’Italia, non potendo contare su una documentazione adeguata perché dispersa, non poté mai usufruire di una pensione o di un indennizzo. 

Dopo aver cercato a lungo un lavoro, trovò un impiego totalmente inadatto alle sue condizioni fisiche: il traghettatore. Per anni spinse la pesante chiatta carica di passeggeri, carri e trattori ma un giorno la broncopolmonite lo costrinse per molti mesi a letto. 

Lo stipendio era però indispensabile per tirare avanti e Massimina decise di sostituire il marito, finendo però con l’ammalarsi anche lei. Guarito dalla polmonite, il marito riprese a lavorare sulla chiatta ma di lì a poco ebbe un infarto e nuovamente Massimina lo sostituì, ma vedendo che la donna piccola e gracile non ce la faceva, il Comune la esonerò: era la fame.

Ancora una volta Massimina seppe però trovare la forza di andare avanti, di guardare al futuro per se stessa, per il marito e per i figli: passò a fare le pulizie in un albergo e mantenne così la famiglia. 

La seconda protagonista si chiamava invece Tebe Dazzi in Ciardi e viveva a Camogli, nel Levante ligure. 

La sua odissea era legata a quella del marito alpino che, reduce dalla disastrosa guerra sul fronte italo-francese, era rientrato in Liguria con i piedi congelati. Richiamato nel 1942, fu mandato a Zara. Dopo l’8 settembre del ’43 si trovò fra due fuochi: i soldati nazisti da un lato, i partigiani di Tito dall’altro. 

Tebe, preoccupata per le sorti del giovane, decise di andarlo a cercare a Zara e, rischiando ogni momento la propria vita, lo trovò nascosto. Tebe camminò col marito sulle spalle per chilometri nei boschi onde evitare tanto i posti di blocco nazisti quanto i partigiani titini. Il marito la pregava di abbandonarlo e di mettersi in salvo ma Tebe proseguiva la sua strada col pesante fardello sulla schiena. 

Al rientro in Liguria all’uomo vennero amputate entrambe le gambe. 

“Tebe continua a prendere amorevolmente in braccio il marito per portarlo dal letto alla poltrona, dove scrive a macchina per guadagnarsi da vivere”.

Nel giorno clou v’era molta attesa per scoprire quali delle tante storie era stata scelta per il primo premio dalla severa giuria, insediata all’Hotel Bristol; alle 11, infatti, sarebbe stata proclamata la vincitrice ed in serata avrebbe avuto luogo un gran galà in onore delle premiate. 

Il quotidiano Alto Adige scriveva per i suoi lettori come, la sera prima, si fossero svolte le presentazioni delle singole storie e delle loro protagoniste: “Timide, impacciate, con un sorriso appena accennato, le partecipanti di questo concorso sono state presentate ieri sera sotto i fasci dei riflettori della Tv, dei cinegiornali, e i flash accecanti dei fotografi, alla giuria nazionale ed alla stampa. Le loro vicende sono lo specchio di migliaia e migliaia di casi nell’Italia del dopoguerra”.

Al gran galà presero parte coppie celebri, come ad esempio Federico Fellini e la Masina, per porgere alle spose un saluto augurale. Il giornale del 20 ottobre titolava: Eletta Tebe Ciardi che portò a spalle il marito da Zara a Fiume. Il secondo premio andò invece a Massimina di Borghetto.

Così Merano assistette a questo piccolo miracolo della ditta Necchi, che fu in grado coi suoi premi di ridare speranza a qualche famiglia che non aveva avuto né facilitazioni né sconti nello strano computo tenuto dal destino.

Autrice: Rosanna Pruccoli

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