In occasione del centenario dall’assassinio ricordiamo la figura di Giacomo Matteotti. Nel tentativo di togliere la patina che ricopre il ricordo di tutti i grandi martiri, in dialogo con Guido Margheri – presidente ANPI Alto Adige Südtirol – scopriamo il Matteotti politico per i diritti e per la pace. E anche amico di questo territorio che, con il Comune di Bolzano, lo celebrerà nei prossimi mesi.
Perché Matteotti è ancora importante?
Perché non solo denunciò la violenza del fascismo e ne fu ucciso, diventando uno dei primi e più noti martiri, ma perché oggi può dire tante cose, soprattutto indagando tra ciò che normalmente di lui si cerca di dimenticare. Ad esempio, che arrivò al discorso del 30 maggio 1924 attraverso un percorso di vita, di impegno politico e civile importante. E che fu uno dei pochi a rendersi conto dei grandi pericoli che stavano correndo l’Italia e l’Europa, insieme alla crisi scoppiata dopo la guerra: quello dell’avvento del fascismo (e dei fascismi). Il delitto Matteotti è politico ed è essenziale affinché il fascismo diventi regime. L’antifascismo nasce in quel momento: prima c’erano vittime e oppositori, dopo è diventato un progetto, una scelta consapevole. Ma Matteotti è molto altro.
Ad esempio?
Un politico che si impegna in maniera intransigente contro la guerra, anche se in alcune caricature è dipinto come moderato. Poi è uomo di popolo: si batte fortemente per la costruzione delle cooperative, per il riconoscimento delle leghe contadine e dei braccianti come soggetti nelle trattative con gli agrari, e per l’imponibile di manodopera, per il diritto a un lavoro dignitoso sia in termini di fatica, sia in termini di retribuzione.
Era anche legato all’Alto Adige…
Subito dopo la fine della guerra cercò di dare una risposta positiva al problema di un’autonomia rispettosa dei diritti della popolazione. Ci sono tracce di suoi viaggi e frequentazioni con i socialdemocratici sudtirolesi. In particolare, dopo una visita in cui raccolse le richieste contenute nel programma dei socialdemocratici, pronunciò un discorso in parlamento – molto avanzato e che si è realizzato tanto tempo dopo – che trattava i temi dell’autonomia, l’uso della lingua, le attività economiche, lo sviluppo, il rispetto per le tradizioni. La moglie ricevette lettere di condoglianze molto affettuose da vari esponenti del Deutscher Verband, che lo consideravano un amico.
E cento anni dopo?
Rappresenta un patrimonio scomodo per tutti, perché costringe a fare i conti con il passato, ma soprattutto perché costringe a pensare che, anche oggi, vi sono dei pericoli. La memoria deve costruire libertà. E Matteotti ce lo ricorda ogni giorno.
Ana Andros COOLtour