La nascita della comunità russo – ortodossa nella città termale


Fin dagli esordi della Merano città di cura, la clientela russa vi giunse copiosa spinta dalla ricerca del tepore primaverile e autunnale e del “sole caldo del sud”. Fra i numerosi villeggianti e convalescenti non mancavano i medici in viaggio per cercare nuove cure da sperimentare oppure per far conoscere i propri rimedi, fra cui il dottor Levsin, un russo.

Il dottor Levsin, inventore del Kumys, ossia il siero di latte di cavalla, fermentato, frizzante ed alcolico, fu uno tra i primi ad arrivare in riva al Passirio. Giunto in città per un periodo di villeggiatura, aveva ceduto la propria ricetta di questa bevanda a due farmacie meranesi. Qui infatti non si conosceva ancora questa cura, né le sue proprietà terapeutiche contro malattie come lo scorbuto, l’anemia ed altri disturbi del ricambio sanguigno. Levsin morì però a Monte San Giuseppe nel 1874 e fu sepolto nel cimitero evangelico di Merano. 

Un altro medico che si era nel frattempo stabilito in città, Michael von Messing, di origine russo-tedesca, si era subito impegnato nella ricerca e nell’ulteriore sviluppo della cura del siero di latte di cavalla. Nel 1874 sul “Meraner Kurzeitung” era apparso un suo articolo sui benefici del kumys, inventato appunto dal compianto compatriota. 

Non furono pochi nemmeno i cittadini russi che decisero poi di stabilirsi in città, tanto che a partire dal 1875 essi fondarono il “Comitato russo”. Si trattava di un’associazione privata fondata da cittadini russi, facoltosi e di religione ortodossa. Il Comitato si manteneva con le offerte e la beneficenza degli stessi soci e aveva come scopo l’aiuto e il soccorso di tutti quei correligionari che si trovavano in difficoltà economica, e permettere ai meno abbienti, malati di tubercolosi, di trascorrere a Merano lunghi periodi di convalescenza.

Allo scopo era necessario fondare un pensionato, dove accogliere i correligionari che non fossero allo stadio terminale della malattia, ed offrir loro le migliori condizioni di vita sia sul piano sociale che religioso e, perché no, dove la cucina fosse quella tradizionale russa. 

Fra i primi passi avanzati dai membri del Comitato ci fu quello di richiedere al governo austriaco il permesso per la fondazione della Comunità e soprattutto l’autorizzazione per costruire una chiesa ortodossa in città. Contemporaneamente dovettero assicurarsi il consenso del metropolita di San Pietroburgo, Isidoro, sovrintendente alle chiese ortodosse all’estero e ricevere il suo permesso di costruire una chiesa e celebrare messe a Merano. 

La formazione di una Comunità significava adempiere a tutta una serie di esigenze anche burocratiche, da assolvere sia nei confronti della propria nazione d’origine, sia con il comune e la nazione ospitante; bisognava insomma attenersi a due legislazioni e render conto ad entrambe in ogni momento. Aprire ad esempio un pensionato per malati non abbienti significava anche provvedere alla loro sepoltura poiché né loro né i loro parenti avrebbero potuto sostenere le costose spese del rimpatrio della salma, come invece avveniva in genere per i benestanti e l’aristocrazia. 

La preoccupazione di trovare quindi un cimitero dove offrir degna sepoltura ai propri compatrioti non era un problema da poco vista l’impossibilità di condividere il cimitero cattolico che, per tradizione, non prevedeva una mescolanza di tombe nemmeno se cristiane. Fu invece il cimitero evangelico a condividere con la Comunità russo-ortodossa e con quella anglicana gli spazi per le tombe e i monumenti funebri.

Autrice: Rosanna Pruccoli

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