La cappella russo-ortodossa


Il canone architettonico bizantino e russo-ortodosso avrebbe voluto la croce latina per la pianta della piccola chiesa russo-ortodossa, ma si utilizzò la soluzione ad aula caratterizzata però dalla tradizionale iconostasi lignea ricca di icone.

Lo spazio per i fedeli incominciava nel nartece, l’originario recinto per i catecumeni, ancora contrassegnato dal dipinto di forma triangolare raffigurante l’Ultima cena, proseguiva nel “naos” (l’aula vera e propria) dove giochi di luce e ombra sono resi possibili dalle grandi vetrate ad arco poste sul lato nord e sud a scandire lo spazio architettonico come in un sacro cerimoniale. L’aula si conclude ai piedi dell’iconostasi al limitare della cosiddetta “soleja”, la zona rialzata dove sorge appunto la tipica struttura lignea, imponente nelle sue tonalità scura del rovere e rilucente delle dorature, riccamente intagliata e modanata, impreziosita poi da immagini ieratiche di santi a figura intera e sovrastata da medaglioni, tutte opere di un artista rimasto anonimo, visto che per tradizione le icone non si firmavano. Oltre l’iconostasi si apre il presbiterio, dove trovavano posto l’altare e il trono, riservato solo al sacerdote e all’inserviente. 

L’Ambone e il “kliros”, ossia la zona riservata ai canti e alle letture dei testi sacri, tripartiscono la “soleja”: sull’ambone, posto davanti alla porta regale, si tenevano le letture tratte dal Vangelo, mentre sul “kliros” laterale trovavano posto lettori e cantori. 

Una croce russa dal tipico suppedaneo inclinato svetta ancora sulla lanterna a bulbo che rende ben individuabile il luogo sacro nelle linee architettoniche dell’edificio. 

Furono i fratelli Michael e Faina von Messing, i fondatori della Casa russa, che in prima persona seguirono sia le lungaggini burocratiche che i lavori e, con molta probabilità, avanzarono proposte per le soluzioni decorative e per gli arredi. Derivò da una loro iniziativa l’inserimento inconsueto di santa Giulia martire fra le figure dell’iconostasi, voluta probabilmente a ricordo della propria madre. Nella chiesa di un pensionato per malati di tubercolosi non poteva mancare un santo “guaritore” come san Panteleimon ossia Pantaleone di Nicomedia Medico   raffigurato nel gesto di estrarre da una scatola dei rimedi medicamentosi. 

Il 15 settembre 1897, sotto la guida di Faina von Messing, e con la direzione medica del dottor Michael von Messing, la Casa russa, anzi “Villa Borodine” risuonò del vociare entusiasta dei suoi primi ospiti. Alla Villa potevano accedere solo russi in grado di esibire certificati di appartenenza alla religione ortodossa, erano banditi i cittadini russi ebrei e gli ortodossi polacchi. 

La disponibilità era di 19 stanze e circa 30 letti, mentre tutto era regolamentato da un severo statuto che prevedeva ad esempio il divieto di possedere animali e suonare strumenti musicali, ma nella sala da pranzo vi era un pianoforte e non mancavano i piccoli concerti. Vietate erano anche le discussioni politiche o religiose ma per lo svago alla villa era allestita una ricca biblioteca e una sala di lettura dove si potevano trovare numerose riviste, e non mancavano ovviamente gli scacchi. 

La chiesa, invece, fu consacrata tre mesi dopo, il 3 dicembre 1897 alla presenza di tutta la Comunità dei fedeli, provenienti anche da altre località di cura del Tirolo meridionale, delle autorità cittadine, e del clero evangelico ed anglicano. Solo il clero cattolico si rifiutò di partecipare alla cerimonia. 

A partire da questa data le funzioni si svolsero ogni domenica e nei giorni festivi per sei mesi l’anno; in questo lasso di tempo alla villa era presente un sacerdote che, trascorso il periodo, rientrava nel luogo di provenienza. Il rito che seguiva rigidamente il cerimoniale russo terminava con l’inno nazionale.

La cappella russo-ortodossa di Merano si trova in Via Schaffer 21. Orario d’apertura: 1° e 3° sabato del mese dalle ore ore 9 alle 13 e su appuntamento (chiusura durante il periodo natalizio e pasquale).

Autrice: Rosanna Pruccoli

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