La recente decisione della città di Bologna di istituire il limite di velocità generalizzato di 30 km sta facendo molto discutere.
Giova ricordare che tale limite fa riferimento, in realtà, a un nuovo modello di città denominato “Città 30” e che ha già preso piede in molte città del mondo e dell’Europa. Alla base delle critiche rispetto a questo nuovo modello c’è l’idea che tale limite “blocchi” la città, peggiorando la vita delle persone e limitando la loro “libertà” di muoversi rapidamente. Niente di più sbagliato, dicono le indagini che le varie Città 30 hanno commissionato, prima di scegliere di cambiare progressivamente paradigma. Il comune di Bologna, nello specifico, ha calcolato che i nuovi limiti comportano un ritardo di 12 secondi per ogni viaggio, a fronte di benefici molto grandi. Quali sono? Molti e significativi. Innanzitutto si aumenta la sicurezza stradale. Bruxelles nei primi mesi di sperimentazione ha visto un calo degli incidenti del 22% e delle vittime del 50%, con grandi miglioramenti anche per quanto riguarda l’inquinamento acustico. A Barcellona è stato calcolato che sono più di 600 le morti premature che sono state scongiurate attraverso la diminuzione dell’inquinamento atmosferico e che l’aspettativa di vita di ogni persona è aumentata in media di circa 200 giorni. La diminuzione della velocità massima consentita permette di promuovere la mobilità sostenibile, perché in definitiva le persone sono incentivate a lasciare a casa la macchina e utilizzare i mezzi pubblici, la bicicletta o andare a piedi. Il risultato di tutto ciò è una città “diversa” in cui finalmente lo spazio pubblico torna ad essere di tutti e non solo delle auto. Non tutti sanno, infatti, che le strade, nelle nostre città, rappresentano ben l’80% dello spazio pubblico. Uno spazio spesso occupato dalle auto, ferme o in movimento.
La Città 30 dunque non è solo un limite di velocità ma un modello che punta a rivoluzionare la nostra concezione degli spazi urbani, riorganizzandoli. Un modello che agisce anche attraverso “urbanisimo tattico” all’insegna di una sostenibilità “civica”.
In Italia il percorso delle Città 30 è appena all’inizio. Dobbiamo ricordare che si tratta in primis di un discorso culturale. Un tema di dibattito pubblico, prima ancora che amministrativo. Ci sono città che stanno già nella fase del “come”, e ben altre 60 dove la fase è quella del “quando”.
Sul sito fiabitalia.it è stato pubblicato un vademecum, che spiega bene di cosa si tratta. Chi è interessato può andare a sfogliarlo, magari cercando di capire se i vantaggi previsti sono “desiderabili” anche nelle nostre piccole città, incastrate nei fondovalle tra i monti.
Autore: Luca Sticcotti