Volontari tra impegno gratuito e rischio della supplenza

Si è celebrata in questi giorni la Giornata internazionale del volontariato. Che cosa spinge le persone a dedicare il loro tempo ad attività utili allo sviluppo della società nei suoi vari aspetti? Ognuno ha i suoi motivi personali, ideali, morali che lo spingono a mettersi in gioco. E c’è una dimensione sociale e politica di non poca importanza.

Secondo i dati della Provincia sono circa 150.000 gli altoatesini coinvolti, spesso più volte alla settimana, nelle attività di quasi 4.500 strutture organizzate, che vanno dalle associazioni di volontariato e di promozione sociale alle cooperative, ai gruppi di auto-aiuto, ai comitati e alle fondazioni.
Vale la pena sottolineare due aspetti connessi all’impegno volontario.
Il primo è lo stile di fondo che per molti volontari è quello della gratuità. È vero, molti di noi danno il loro tempo ma si aspettano qualcosa in cambio. Chiedono riconoscimento sociale, gratitudine, a volte un premio, un’agevolazione. Altri tendono a vedere il loro impegno piuttosto nell’ottica del dono. Ciò non nasce necessariamente da una bontà eroica o da uno straordinario spirito di sacrificio, ma molto più semplicemente dalla consapevolezza che tutto ciò che abbiamo di più importante, a cominciare dalla vita stessa, lo abbiamo ricevuto in dono. Il tempo è un dono che ci è dato e assume tanto più valore, quanto è a sua volta donato agli altri. Un secondo aspetto riguarda in particolare il volontariato sociale. Spesso avviene che le organizzazioni di volontariato svolgano compiti che di per sé sono compito e responsabilità dell’ente pubblico. Questo va bene se è svolto secondo il principio di sussidiarietà. La famiglia, le associazioni, i volontari possono svolgere alcune attività di servizio alle persone meglio dell’ente pubblico. Ma non devono mai, nel farlo, togliere all’ente pubblico le castagne dal fuoco. Solidarietà e sussidiarietà vanno sempre insieme e la “supplenza” dev’essere l’eccezione.

Autore: Paolo Bill Valente

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