Lo screening di massa dello scorso fine settimana è stato una bella lezione di partecipazione. Al di là di alcuni problemi tecnici (che sempre ci saranno) l’Alto Adige (che non è solo Provincia, ma anche istituzioni statali, comuni, organizzazioni di volontariato e cittadini) si è mostrato capace di reagire con tempestività ed efficacia.
Si può discutere a lungo sui motivi di una adesione così ampia della popolazione altoatesina allo screening anti-Covid. Un motivo che pesa è certo il fatto che si è tutti stufi e che si è disposti a ogni cosa (purché ragionevole) possa farci uscire da una situazione che penalizza ognuno. Ma è lo stesso una bella immagine quella dei molti, moltissimi altoatesini, vecchi e nuovi cittadini, che vanno a fare il loro test, a volte tremando nel freddo, per una sorta di “senso di cittadinanza”, se non proprio per dare un consapevole contributo al bene comune. Insomma: che le estenuanti e sterili polemiche quotidiane di questi mesi abbiano lasciato il campo a tre giorni di impegno civico può solo far piacere e incoraggiare tutti a fare meglio.
Nella speranza che tutto questo sforzo serva davvero a combattere la diffusione del virus, l’esperienza di questi giorni solleva anche alcune altre questioni.
La prima riguarda l’economia. Abbiamo fatto il test di massa (anche) per consentire alle attività produttive di ripartire il più presto possibile. Ma quale economia guarirà un pianeta in affanno? Lo scorso fine settimana ad Assisi i giovani economisti e imprenditori hanno chiesto alle grandi potenze mondiali e alle istituzioni economico-finanziarie che “rallentino la loro corsa per lasciare respirare la Terra”.
La seconda questione riguarda la casa e chi non ce l’ha. Allo screening di massa hanno preso parte anche persone senza dimora, altre che vivono in strutture comunitarie di accoglienza. Di fronte a un esito “positivo” è stato detto loro di mettersi in “isolamento domiciliare”. Ma chi la casa, nella quale isolarsi, non ce l’ha?
Autore: Paolo Bill Valente