ll 9 luglio ci ha lasciati Pierluigi Mattiuzzi

Meranese assai noto negli ambienti legati all’arte, alla psicanalisi, alla filosofia orientale, è stato un interessante esempio di personalità istrionica dove l’arte era molto più che immagine, colore, forma. In lui l’arte era specchio di un’anima inquieta, curiosa e libera, capace di introspezione, e terreno nel quale avevano germinato le culture orientali che, studiate a fondo e metabolizzate, in lui convivevano con tanto della saggezza occidentale. I suoi dipinti sono un difficile intrico di pensiero, fantasia, volo,  presenze, rimandi, narrazioni antiche e bisogni moderni.

Tenuto sempre in considerazione dai meranesi, nel 2015 fu scelto per la mostra dedicata ad un artista nell’ambito del trentennale delle Settimane Musicali Meranesi che trovò luogo nel Pavillon des Fleurs.

Pierluigi Mattiuzzi,  figlio di un perito industriale che si era occupato delle centrali idroelettriche in Piemonte e poi in Val Venosta era nato a Domodossola e aveva trascorso l’infanzia a Malles. A Merano aveva frequentato il liceo classico Carducci, in quegli anni una vera fucina di idee e di presa di coscienza politica e dei tempi che cambiavano oltre che delle tensioni legate al 68. Aveva poi frequentato Sociologia a Trento, noto epicentro della rivolta studentesca e delle istanze politiche più rivoluzionarie. A Merano sul “muretto” lo si vedeva spesso e la politica era il tema principale. Seguirono i nove anni in India che lo arricchirono di nuove istanze filosofiche aggiungendo alla sua già ricca personalità il fascino dello sciamanesimo.

Tutti questi trascorsi, queste esperienze, questi miti letterari e non si riverberano nelle sue tele e nei suoi colori. Importantissimi i suoi totem. Divinità, demoni, si tratta di sculture di grandi dimensioni capaci di mantenere l’effetto bidimensionale e di avere un grande impatto sul fruitore, grandi più di un uomo esse si impongono con forza nell’ambiente che le accolgono. Acrilici e resine su tavole di grandi dimensioni, affollati di segni da vedere in dettaglio per scoprire alla fine che allontanandosi il dipinto muta e il soggetto prodotto da quella moltitudine di piccolissime forme danno vita ad un importante unico essere dai caratteri apotropaici. Grandi occhi sgranati, fauci ferine, bocche digrignate e denti aguzzi. Mani e piedi si distaccano e prendono vita per qualche istante prima di ricadere nell’insieme. Sogni o incubi? Viaggi fantastici nel proprio io o negli abissi dell’umanità.

Sono sperimentazioni degli anni Ottanta i computer-graffiti che mettono in movimento le presenze dei suoi quadri al ritmo di un track musicale da lui scelto. Una ulteriore testimonianza del suo modo di vivere sempre “il qui e adesso”.

Autrice: Rosanna Pruccoli

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