Nemmeno i più vecchi, quelli che hanno vissuto la guerra, ricordano una Settimana santa e una Pasqua senza celebrazioni, processioni, tutti chiusi in casa per un coprifuoco che non vuole finire. “Oggi le cattedrali sono le case di riposo, dove si soffre e si muore”, ha detto qualche giorno fa il vescovo di Trento mons. Lauro Tisi.
Ciò che si dice a Trento è vero anche per l’Alto Adige, dove le residenze per anziani sono luogo di sofferenza, di forzata solitudine, ma anche di impegno indefesso da parte degli operatori socio-sanitari, che insieme al personale degli ospedali, ai volontari che si prendono cura di chi non può uscire di casa, alle forze dell’ordine e alle commesse dei supermercati sono i veri celebranti delle liturgie penitenziali e di ringraziamento di questa settimana, che diventa “santa” perché in molti la santificano con il loro servizio.
Il Triduo pasquale comincia il Giovedì. È il giorno dello spezzare il pane e del lavarsi i piedi gli uni gli altri. È il giorno della condivisione e del servizio, dedicato a tutti coloro che in queste settimane fanno la spesa per le persone anziane, tengono aperti i centri di distribuzione di cibo, assemblano pacchi viveri e li consegnano a chi non ce la fa e non può uscire di casa. È il giorno di chi assiste a domicilio e nelle strutture di accoglienza donne e uomini non più autosufficienti.
Il Venerdì è il giorno della solitudine e della morte. Della solitudine di chi muore, come avviene nei nostri ospedali e nelle case di riposo. Dell’impotenza di chi vede morire senza avere un rimedio, perché per combattere il virus manca ancora un vaccino e le cure sono efficaci ma non per tutti.
Il Sabato è il giorno del silenzio. Dell’attesa silenziosa. Non di quel brusio confuso che mette in giro notizie false, che fa disinformazione e che complica la vita a chi si sta occupando del bene degli altri. È il giorno dell’attesa piena di speranza.
La Domenica è il giorno della vita. Del passaggio. Buona Pasqua 2020!
Autore: Paolo Bill Valente