“Non sono i fatti che contano nella vita, ma ciò che grazie ai fatti si diventa”. Lo scrisse Etty Hillesum durante la seconda guerra mondiale. In questi giorni dedicati alla “memoria” ricordiamo due donne, Ernesta Sonego e Albertina Brogliati, che in quegli stessi giorni trovarono il coraggio per diventare persone libere.
“Non so come, riuscimmo a scavalcare il muro… La terra era coperta di neve e quindi morbida. Molto probabilmente i militari di guardia, per la fretta di avere la libera uscita, avevano lasciato la garrita dieci minuti prima. Alle 18 ci sarebbe stato l’appello e quindi sarebbe stata scoperta la fuga. Sarebbero stati sciolti i cani (detti ‘lupi siberiani’) e mandati al nostro inseguimento. Sempre di corsa, curve per non essere viste da lontano, percorremmo tutto il tombino fino alle rotaie della ferrovia”. Ernesta (cha racconta) e Albertina fuggirono così dal sottocampo meranese del lager di Bolzano attorno al Natale del 1944.
Oggi di quel campo rimane solo un frammento del muro di cinta. Posto sotto tutela come “luogo della memoria”, il Comune nel gennaio 2010 vi ha fatto affiggere una lapide la cui iscrizione dice tutto: della tragedia, del coraggio, della solidarietà e del dovere della memoria.
“Sorgeva in questo luogo la caserma per la Guardia alla Frontiera che durante la seconda guerra mondiale fu trasformata in campo di concentramento. Allestito come sottocampo del lager di Bolzano – inizialmente presso la vicina caserma Rossi – fu attivo dall’ottobre 1944 all’aprile 1945. Vi furono rinchiusi per motivi politici, bellici e razziali e costretti a lavori forzati donne e uomini di lingua e religioni diverse. Intorno a Natale 1944 due ragazze internate riuscirono a fuggire dal campo scavalcando questo muro. Si salvarono grazie all’aiuto di alcuni cittadini e cittadine meranesi. Il Comune di Merano intende mantenere intatta la memoria di questo luogo di sofferenza”.
Foto: Albertina Brogliati a sinistra e Ernesta Sonego sulla destra
Autore: Paolo Bill Valente