La fontana del fiume Adige in piazza della Vittoria

Su tale fontana è stato detto e scritto tanto, a partire dal suo significato simbolico e allegorico. Alcuni storici attribuiscono alla figura allegorica mirabilmente rappresentata il significato del fiume Tevere, altri invece fanno inequivocabilmente riferimento al fiume Adige. Noi siamo più propensi per il secondo significato. Quando, fra il 1935 e il 1937, venne costituito il “Foro della Vittoria” e vennero eretti gli edifici dell’Ina, che dovevano affiancare il Monumento piacentiniano sul lato nord, si pensò di rimarcare ulteriormente la simbologia di tale luogo. Sull’edificio realizzato dall’architetto romano Rossi De Paoli, proprio sul lato prospiciente il lato nord del monumento alla Vittoria, venne incastonata tale fontana. Realizzata in marmo di travertino bianco dall’artista trentino Alcide Ticò (Trento 1911 – Ortisei 1991), la scultura andava a rimarcare il già ricco significato allegorico della piazza. Oltre all’ architettura di Piacentini già pregna di metafore architettoniche, figurative, simboliche e scultoree, e ai due pennoni posti all’inizio di ponte Talvera con la Lupa Romana ed il Leone di Venezia, ed alla colonna romana posta al centro del parco della Vittoria – la fontana andava a completare il ricco linguaggio di giochi prospettici e di siti marcatamente allegorici. Il Fiume, incastonato in una struttura rettangolare, è rappresentato in maniera antropoformica, come già venivano raffigurati i corsi d’acqua nell’antichità (il Nilo, il Tevere, il Gange ecc.), mentre sotto di esso vi è una griglia in bronzo con una vasca. La figura è distesa, con una corporatura che ricorda le sculture di Michelangelo. Sul lato destro egli tiene saldamente a sé una grande cornucopia, simbolo di prosperità e di abbondanza, e da essa scaturiscono uva, mele e altri prodotti tipici agricoli dell’Alto Adige. Sotto la cornucopia, e sotto la mano destra, è scolpita una stella alpina. Di fronte a tale corpo disteso è posta una grande “Aquila romana”, delle stesse dimensioni della corpulenta composizione allegorica. Le ali sono distese e gli artigli poggiano saldamente. Una sulla gamba destra del fiume, l’altra a terra ancorata su una roccia nella quale compare una genziana acuale. Il volto del fiume sembra sottomesso allo sguardo severo dell’aquila. Fra le due composizioni, sullo sfondo, al centro, si profila la sagoma dello Sciliar. Il poeta Carducci scriveva “l’Adige più bello dell’Arno, a meno che non diventi cattivo nel furore impetuoso delle sue piene”. E un altro poeta scriveva “Adige verde, ecco una rosa, e te doni pace e la speranza induci”. 
Il regime fascista aggiogò l’Adige, con le nuove centrali elettriche e la nuova industrializzazione, e tutta la poesia del placido e tormentato fiume diventò solo un lontano, offuscato ricordo.

Autore: Flavio Schimenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *