Dell’ingegnere Armando Ronca e di come abbia inciso fortemente nella storia urbanistica ed architettonica di Merano nel corso del ‘900, ne abbiamo scritto anche di recente. Questa volta parleremo invece di un precedente architettonico che stravolgerà l’estetica e le costruzioni locali, nei primi trent’anni del novecento.
Nel 1935 il giovanissimo Ronca ottiene l’incarico di realizzare in via Cavour 66 a Merano una residenza per il Cavalier Antonio Cembran.
La collocazione del sito è spettacolare, leggermente in posizione elevata rispetto al centro storico meranese e poteva godere di una visione privilegiata sulla città. Il progettista ha praticamente “carta bianca” da parte della committenza e non vi sono vincoli urbanistici o paesaggistici particolari. Tutte le fantasie progettuali di Ronca possono dunque essere attuate, proprio a Merano, anticipando di qualche anno ciò che realizzerà in Alto Adige ed altrove. L’obiettivo è quello di avere grandi superfici vetrate che guardano verso la città ed il suo contesto verde ed ambientale.
Il progettista opterà per una “pianta libera” alla maniera razionalista, il linguaggio è quindi geometrico e non formale. La costruzione verrà realizzata su due livelli, dove una scalinata con un ampio terrazzo introduce i visitatori ad un ampio salone d’ingresso di 9 metri per 9,30. Il piano sottostante è destinato a studio e in parte ad abitazione. La pianta è sostanzialmente quasi quadrangolare, con una leggera traslazione sul lato sinistro.
Sul lato dove colloca gli studi del cavaliere, Ronca realizza anche un grande terrazzo con il “giardino d’inverno”, il quale si estende per tutta la lunghezza della facciata. Le dimensioni degli ambienti sono tutti ampi e spaziosi ed i percorsi abitabili sono tutti concettuali e razionali. Come in gran parte degli edifici realizzati da Ronca, per la distribuzione degli spazi interni il concetto di “corridoio” è abolito. Uno spazio centrale, distribuisce infatti tutti gli spazi abitati interni.
C’è un po’ di cultura veneta in tutto questo: Ronca era nato a Verona e le ville venete, nonché quelle palladiane, sono proprio impostate su tale concetto. Le superfici esterne rivestite in travertino di un bianco abbagliante – in contrasto col giardino verdissimo, trattato all’inglese – ne fanno una delle ville più belle ed invidiate di Merano e non solo.
A questa magnifica villa mancano le quattro statue che erano previste nei due scaloni di ingresso, forse bocciate dalla committenza per gli eccessivi costi, ma che ne avrebbero fatto a tutti gli effetti una residenza hollywoodiana.
Autore: Flavio Schimenti