Quella violenza così vicina

Ogni tre giorni una donna muore, vittima di violenza. Nella stragrande maggioranza dei casi a portare la morte non è uno sconosciuto, ma il compagno o l’ex. Un fenomeno che tocca anche la nostra “terra felice” e le giovani generazioni. In occasione della “Giornata contro la violenza alle donne” abbiamo tracciato una panoramica sulla situazione e sulle iniziative del territorio.

Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. È una ricorrenza amara, che ci ricorda un dato di fatto: quella sulla donne è la forma di violenza più diffusa, non solo a livello mondiale e nazionale, ma anche territoriale. La nostra provincia dunque non fa eccezione. Ne abbiamo parlato con una operatrice dell’associazione Gea di Bolzano, che gestisce il centro di ascolto antiviolenza e una struttura residenziale protetta. “Sfatiamo alcuni stereotipi, radicati nell’immaginario collettivo, come quello dello sconosciuto che aggredisce per strada: questi casi sono una minoranza. Nel 98% dei casi l’autore della violenza è il marito, il compagno o l’ex compagno. Inoltre, non si tratta di un fenomeno che riguarda gli stranieri. Certo, tra le donne che accogliamo nelle case protette c’è una maggiore incidenza di straniere rispetto alle autoctone, ma questo dipende dal fatto che chi viene da fuori ha meno relazioni e possibilità di appoggiarsi ad un parente. E la violenza è trasversale, colpisce indipendentemente dalla lingua, cultura, provenienza e titolo di studio” precisa l’operatrice, che preferiamo lasciare anonima. Gea è attiva dal 2000 sul territorio provinciale e da allora ha seguito oltre tremila donne che si sono rivolte al centro per violenza domestica.

Cosa dicono i dati?
Abbiamo in media 120- 150 donne che ogni anno ci chiedono aiuto. Quest’anno in particolare abbiamo seguito 128 donne, di cui 13 ospitate nella struttura protetta, 16 di queste insieme ai figli minori.

Nel periodo di lockdown sono aumentate le richieste?
Abbiamo avuto molte più richieste di accoglienza nella struttura protetta; la convivenza forzata ha esasperto situazioni esistenti. È stato un periodo difficile e di grande solitudine per le donne: ci siamo trovate a parlare con donne chiuse in cantina per chiedere aiuto. È emerso chiaramente che ogni percorso di uscita dalla violenza necessita di una rete.

Cosa potete fare voi e le istituzioni?
Offrire possibilità di ascolto e un servizio competente e, soprattutto, saper valutare il rischio. Ogni volta che mi trovo davanti una donna che chiede aiuto potrebbe essere, purtroppo, la prossima vittima riportata dal giornale. Mai sottovalutare. Ricordo che in Italia ogni tre giorni una donna muore, vittima di violenza.

Lei ha detto che, negli anni, i dati delle donne che si rivolgono a voi sono costanti. Non è cambiato nulla per le generazioni più giovani?
La dinamica è la stessa, c’è chi agisce e subisce. Oggi è cambiata la soglia di sopportazione tra le più giovani, che tollerano un po’ meno. Ma il frutto del cambiamento culturale è lento. È un problema relazionale: molti uomini non hanno imparato a vivere relazioni paritarie; spesso sono personalità che hanno bisogno di esercitare violenza. Certo questo non avviene all’improvviso – l’uomo si sceglie la donna con cui sa di poterselo permettere. Sono uomini con lati caratteriali talvolta molto affascinanti e inizialmente accoglienti, capaci di colmare certi bisogni. Occorre cogliere i campanelli d’allarme fin dall’inizio della relazione, perché più si rimane ingabbiate nella rete della violenza, più cala l’autostima e quindi la capacità di reagire.

Tornando sul territorio: com’è la situazione nella Bassa Atesina?
“Noi siamo a Bolzano, ma seguiamo anche molte donne provenienti dalla Bassa atesina, perché non c’è una sede distaccata. Abbiamo numeri rilevanti dalla Bassa, che definirei un territorio caldo – senza distinzione tra straniere ed autoctone. Fortunatamente, abbiamo una buona collaborazione con i servizi sociali territoriali competenti.

Oltre ai servizi in caso di emergenza vera e propria, diversi comuni della Bassa Atesina si sono “attrezzati” con commissioni pari opportunità: di recente sono state istituite a Vadena e Bronzolo, mentre ad Egna e Laives sono già attive da diverse legislature. A farne parte sono spesso donne volontarie, come l’energica Patrizia Daidone, Presidente del comitato pari opportunità di Laives nonché membro della commissione pari opportunità a livello provinciale. “Il nostro compito è sensibilizzare e ascoltare, e tessere reti” ci racconta Daidone, “dobbiamo pensare che la violenza alle donne porta anche alla violenza assistita, quella che vivono i piccoli e che ogni donna che muore lascia degli orfani”, continua. “Perciò quest’anno con il comitato abbiamo iniziato un lavoro nelle scuole, proprio a partire dall’11 di ottobre, giornata dei diritti delle bambine”. In consiglio comunale a Laives è stata portata la sedia del “Posto occupato”, quel posto vuoto lasciato dalla donna che non c’è più”.
Il rosso è anche il colore delle panchine, collocate negli anni passati a Laives, ma anche in altri centri della Bassa, come Egna e Laghetti: le panchine sono non solo un segnale simbolico, ma riportano una targhetta col numero 1522, che risponde alle richieste di aiuto.

Il Comune di Bronzolo, con l’assessora Sabrina Adami ha invece organizzato questa settimana diversi momenti di riflessione sul tema con relatrici come la giornalista Lucia Bellaspiga e l’avvocata Maria Lucia Di Pierro. Tra gli appuntamenti anche un evento con le Poste, con un annullo speciale e la mostra di illustrazione “Ci sono donne” visibile fino al 27.11 alla galleria Raika (ingresso libero). “Ci occupiamo di educazione e prevenzione, perché il femminicidio è solo la punta di un iceberg” dice Roberta Decarli, presidente della commissione di Egna, che aderirà alla giornata con diverse iniziative, portate avanti fino al 10 dicembre, giornata internazionale dei diritti umani. La sedia del posto occupato verrà esposta nelle sedi istituzionali ed esercizi pubblici, mentre il 25 mattina ci sarà uno stand informativo in paese. “Siamo qui per ascoltare e indirizzare le donne che hanno bisogno di aiuto” ci racconta Margareth Stifter, volontaria e presidente della commissione pari opportunità di Vadena, recentemente istituita dall’assessore Govi. “Le donne spesso non parlano delle violenze che subiscono, nemmeno con la migliore amica. E ci sono tanti tipi di violenza, non solo fisica, ma anche psicologica ed economica. E vorrei ricordare una cosa importante: esiste il protocollo Erika, basta dire questa parola al pronto soccorso e viene attivata immediatamente una rete di protezione, che porta la donna in una sala protetta ed in un percorso di aiuto lontano dall’aggressore”. Ricordiamo inoltre che è attiva 24 ore su 24 la linea telefonica di emergenza gratuita di Gea, numero verde 800 – 276433.
A livello nazionale, esiste il numero verde 1522 , anche questo gratuito e attivo 24 h su 24, che accoglie con operatrici specializzate le richieste di aiuto e sostegno delle vittime di violenza e stalking.

Autrice: Caterina Longo

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