Bolzano e Merano unite per celebrare attraverso l’arte un’importante traguardo dell’associazione culturale La Fabbrica del Tempo e i suoi primi 25 anni di attività. Una mostra fotografica open air ricostruisce il lavoro di ricerca svolto in cinque lustri dai membri del sodalizio.
// Di Luca Masiello
“La storia non deve essere traduzione, bensì indagine libera e rigorosa”, spiega Tiziano Rosani, una delle anime de La Fabbrica del Tempo, un sodalizio che ha raggiunto un traguardo importante con i suoi venticinque anni di riflessione critica sulla storia dell’Alto Adige, indagando il passato da punti di vista insoliti e rivelatori. Con due eventi artistici, intitolati “Our History” (uno a Bolzano nella galleria pedonale tra via Garibaldi e via Mayr Nusser e l’altro a Merano attraverso un circuito espositivo di 25 gigantografie) il direttivo vuole riaffermare la propria passione per la storia proponendo immagini esemplificative ed evocative della sfaccettata storia del Sudtirolo e in particolare di Bolzano e Merano, fra il 1900 e i giorni nostri.
Dottor Rosani, perché “our history”?
Il titolo della mostra, che è stata curata nella parte meranese da Rosanna Pruccoli e in quella bolzanina da Fabrizio Miori, Barbara Ricci e Maurizio Pacchiani, incrocia volutamente due piani. è da un lato un omaggio a tutte le cittadine e a tutti i cittadini in occasione dei 25 anni della “nostra storia” come associazione; dall’altro, con la dizione “la nostra storia” si intende evidenziare il fatto che la storia dei nostri territori è di tutti noi in quanto meranesi, bolzanini, altoatesini/sudtirolesi ecc. Tutti siamo parte di un insieme plurale, composto da sfaccettature diverse, che meritano sempre rispetto e attenzione. Non ci sono dunque storie di categorie diverse: la mia storia è infatti anche la tua, e viceversa. Anche le foto non sono state scelte a caso: sono tratte tutte dalle pubblicazioni edite nel corso degli anni da La Fabbrica del Tempo, che si è volutamente occupata di tematiche diverse.
Che cosa rappresenta la proiezione a Merano?
Si dice che la durata sia la forma delle cose ed è un principio che ci ha sempre ispirati. In questi 25 anni La Fabbrica del Tempo ha provato a non inseguire l’effimero bensì a ricercare la continuità, la durata appunto. Abbiamo via via pubblicato diversi libri e la grande proiezione evidenzia soprattutto le copertine delle produzioni più recenti. Nell’osservare la sequenza delle immagini diventa anche palese quell’idea di “our history”, la “nostra storia”, la storia siamo anche noi, a cui facevo cenno. Le copertine propongono temi diversi, situazioni diverse, ma tra loro c’è un legame. Rimandano alle tante vicende della nostra terra e in ciascuna di esse c’è sempre un pezzo di tutti noi. Per fare degli esempi: il turismo ottocentesco, l’Ippodromo, le Opzioni, gli edifici storici, la storia operaia ecc., sono sempre parte di un tutto, sono la nostra identità articolata ma indivisa.
Che ricordi ha dei primi passi de La Fabbrica del Tempo?
Abbiamo inizialmente lanciato diverse proposte culturali ad alcune amministrazioni pubbliche, quasi mai ottenendo però il riscontro auspicato. A quel punto ci siamo organizzati in autonomia e abbiamo dato vita ad una serie ininterrotta di mostre, pubblicazioni, dibattiti. Il tutto sempre sorretti dall’idea di una storia plurale, in cui tutti i gruppi linguistici di questa terra potessero essere pienamente rappresentati su un piano di parità. La storia non deve essere traduzione, bensì indagine libera e rigorosa.
Quali sono i passi più significativi di questi 25 anni?
Non abbiamo mai fatto preferenze tra i diversi lavori svolti, sono tutti il frutto di un’opera d’insieme e si sorreggono tra di loro. Abbiamo fra l’altro fornito un aiuto non secondario alla salvaguardia di quel complesso che oggi tutti conosciamo come Noi Techpark. Abbiamo raccolto in molte ricerche testimonianze storiche che diversamente sarebbero andate perdute, abbiamo fornito modelli e idee che anche altri hanno ripreso, abbiamo provato insomma a rappresentare una società civile attiva e capace di fungere da stimolo, persino da pungolo, laddove necessario. Nella pluralità crescono gli uomini, le donne, le nostre città.
Oggi in quanti siete a coordinare l’associazione?
La Fabbrica è un gruppo composto da persone differenti e con responsabilità diverse: chi assume un ruolo più operativo e chi si impegna solo su singoli progetti. Ogni iniziativa ha sempre una vicenda a sé e coordinatori diversi. Nella Fabbrica non ci si annoia mai: qui sta il bello e anche la sfida creativa.
Come sarà La Fabbrica del Tempo nel futuro?
Il futuro richiede sempre lungimiranza e programmazione, ma prima di tutto coraggio e determinazione. Costruire i tempi nuovi, non subirli, non accontentarsi. La ricorrenza dei 25 anni è per la Fabbrica sia il momento della consapevolezza che una occasione importante per programmare i passi successivi, affrontare le nuove sfide e le rinnovate complessità. Ovviamente in coerenza con gli ideali che non abbiamo mai abbandonato.
LE MOSTRE NEL DETTAGLIO
A Bolzano, grazie all’opera di Barbara Ricci, Fabrizio Miori e Maurizio Pacchiani e al coordinamento di Tiziano Rosani, si è potuto popolare uno spazio di passaggio rendendolo testimone delle ricerche e riflessioni proposte negli anni: la galleria pedonale tra via Garibaldi e via Mayr Nusser. Il luogo è insolito per una mostra, un passaggio fra un parcheggio e una piazza, in una zona della città che sta vivendo una notevole e per certi versi epocale trasformazione urbanistica. Nei sei impianti luminosi compariranno a intervalli regolari sei gigantografie che intratterranno il folto pubblico di passaggio nella galleria con una raccolta di immagini storiche che raccontano la produzione de La Fabbrica del Tempo.
A Merano la mostra è a cielo aperto: si tratta di un circuito espositivo di 25 gigantografie – una per ogni anno – affisse sui grandi spazi delle prefissate dislocate in vari punti della città, dalle vie del centro a quelle periferiche, col preciso intento di dialogare con i concittadini tutti. La mostra “Our History”, ideata da Rosanna Pruccoli, assolve così al duplice desiderio di narrare le tante storie che intrecciandosi vanno a creare il “gobelin” variopinto del nostro passato in quanto altoatesini/sudtirolesi e in quanto membri dell’associazione.
A Merano la mostra viene affiancata da una proiezione di forte impatto sulla facciata della Cassa di Risparmio nell’omonima via.
Gli eventi a Merano si concludono il 27 marzo, quello a Bolzano il 9 aprile.
Autore: Luca Masiello