I sacerdoti del “dorso sacro”

La valle dell’Adige tra Bolzano e Ora è divisa in due parti dal Monte di Mezzo / Mitterberg. Si tratta di un oblungo dorso di roccia porfirica di origine vulcanica vecchio 270 milioni di anni. Deve la sua forma arrotondata e levigata al “transito” di un ghiacciaio nel corso dell’ultima era glaciale. I punti di accesso sono diversi: a nord Castel Firmiano, poi Vadena-paese, Laimburg e, infine, i vari sentieri attorno a Gmund / Monte. La “sacralità” del luogo si è conservata fino ad oggi nel termine “Heiliger Ruggn” (dorso sacro), come lo chiamano gli abitanti della zona.
Che si sia trattato di un luogo cultuale è fuor di dubbio. Tracce (soprattutto oggetti in selce come punte di freccia, grattatoi e altri utensili) di una frequentazione umana risalgono al neolitico finale – anche se è plausibile che già millenni prima vi si fossero stabiliti cacciatori provenienti da sud. Sicuramente nel corso dell’età del rame, circa 2500 anni prima di Cristo, il sito era assurto a centro sacrale di grande rilievo: non solo rogo votivo (Brandopferplatz) ma, probabilmente, anche vero e proprio santuario con sacerdoti dediti ad attività oracolari ripagate dai “fedeli” con doni nascosti nei ripostigli rocciosi.
L’epoca, come detto, era quella iniziale del rame, dal III millennio a.C. in avanti. La scoperta dei metalli e del loro utilizzo favorì la nascita di prime attività industriali (estrazione e fusione) e commerciali accanto a quella agricola. Attraverso una piccola quantità di piombo contenuta nel rame è possibile stabilire la provenienza del metallo: così, per esempio, si è scoperto che la famosa ascia di rame di Ötzi era stata forgiata con metallo proveniente da miniere toscane. Invece gli oggetti litici dell’uomo del Similaun erano ricavati da selce trentina, uno in particolare da una pietra proveniente dalla Val di Non.

Il sito che visitiamo si chiama Pigloner Kopf, Dosso (o Testa) di Piccolongo. Si trova nei pressi dei Denti di Cavallo (Rosszähne) e delle famose buche di aria calda, frequentati assiduamente dalle culture di Luco (bronzo) e Fritzens-Sanzeno (ferro). Proprio queste misteriose fenditure vaporose, che emettono aria a 15 gradi, possono essere all’origine dei culti praticati quassù. Ma oggi non è la nebbia che sale dagli inferi ad avvolgere il sito e il silenzio dei boschi bensì la sabbia del Sahara che colora di bronzo (o sangue, come pensavano i nostri antenati) il cielo della val d’Adige. La rupe con i suoi ripari non è di facile accesso ma attraverso una generosa crepa ci si può spingersi fino alla piattaforma del dosso. Qui sono stati individuati i resti di un rogo votivo (Brandopferplatz). Gli animali domestici offerti agli dei – e mangiati dagli uomini – venivano portati vivi sul luogo del sacrificio. Si trattava di capre, pecore, maiali ma anche di cervi, cinghiali, caprioli, camosci, orsi, lupi accanto a testuggini, castori, lontre e conchiglie d’acqua dolce provenienti dal fondovalle e dal lago di Caldaro. Le loro ossa calcinate, frammiste a cenere e limo, sono poi servite come materiale di riempimento delle buche qui attorno. A partire dal 1995, quando l’area archeologica fu scoperta da Hanns Oberrauch, vennero alla luce molti reperti, tra cui una cuspide di freccia, una macina, resina di betulla e della ceramica. Nel 1998, in una fenditura furono individuate quattro asce di rame miniaturizzate; successivamente ne fu scoperta anche una quinta e in un secondo ripostiglio, sotto una lastra di porfido, altre cinque accette di rame offerte come dono votivo. Di particolare rilievo anche una lama di pugnale in rame trovata sotto un grande masso: il primo mai trovato in regione. Il luogo, poco adatto agli insediamenti in quanto privo di acqua, rimase attivo per scopi di culto e come pascolo fino al medioevo. Ce lo dimostrano le monete romane rinvenute, tra cui un sesterzio di Antonino Pio e sette denari d’argento di età imperiale coniate verso il 200 d.C. – periodo in cui i Romani di Settimio Severo sistemarono anche la via Claudia Augusta.

Autore: Reinhard Christanell

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