Se le vie del Signore sono – a quanto si dice – infinite, quelle del duce erano quantomeno lastricate. E non di buone intenzioni ma, per quanto riguarda la sopravvivenza del comune di Laives, di tinte fosche. Ci salvò, in un certo senso, la sciagura bellica.
Ma andiamo con ordine. “Systemierung der Straßen” titola un articolo dell'”Alpenzeitung” (giornale fascista in lingua tedesca) del 29 agosto 1941 – anno XIX della “nuova era”. Laives era un paesino rurale di antiche tradizioni ma, da sempre, aveva nelle strade il suo punto debole: perfino la gloriosa “imperial-regia strada postale” era tutta una buca, polverosa e, soprattutto, pericolosa per via della gentaglia che vi trovava rifugio. Non parliamo delle altre vie, che con questa formavano la nota “crosara”: quella verso Pietralba e quella verso la stazione. Tutte strade colabrodo, imbiancate di polvere, spesso intransitabili. Laives, “das schmutzige Dorf di una volta”, scrive l’articolista”, “avvertì l’impellente bisogno di sistemare le proprie vie comunali.” E fin qui nessuna obiezione. Prosegue poi il pezzo: “La sua (di Laives – NdR) pessima fama non è un mistero per nessuno, le centinaia di migliaia di pellegrini che ogni anno si recano a Pietralba sono testimoni involontari dell’arretratezza di questo villaggio ai piedi della montagna sacra, su cui la Madonna da quattro secoli ha eretto il proprio trono”. Madonna o non Madonna, qui il colpo mira dritto al cuore. Infatti, poche righe dopo, il cronista arriva al punto: “Basta parlare di schmutziges Laives – ora Laives sarà una bella cittadina, anche se questo nome non gli è certo stampato in fronte e non appare in nessun documento ufficiale.” Che vorrà dire? Ce lo spiega subito, l’ispirato autore: “Siamo convinti che Laives non sarà mai una città autonoma. Le toccherà la sorte della rinomata località di cura Gries, con la quale formerà la Grossbolzano del futuro”.
Hai capito! Un futuro che, a ben vedere, riporta al passato, quando Laives, Dodiciville e Gries facevano parte del “grande” municipio di Bolzano. E in attesa del “trapasso”, ci si era rimboccati le maniche per tirare a lucido il paesino. “Vorremmo che Laives, villaggio immerso nei suoi vigenti e nei frutteti in fiore, si preparasse in modo adeguato a questo appuntamento con la storia!” Giusto. Ad ogni cerimonia il suo abito. All’appuntamento con la storia non si va certo in “grembial” e scarpe impolverate. Neanche nella schmutzige Laives.
Detto questo – e non ci pare poco – il cronista torna al suo selciato. “La sistemazione delle strade non è stata eseguita per ragioni estetiche (e ci mancherebbe altro) ma per ragioni di pubblica utilità. Nessuno poteva immaginare che i lavori sarebbero stati eseguiti con questa celerità in un periodo bellico come questo, in cui il raggiungimento di traguardi ben più elevati assorbe tutti i nostri sforzi. Ma con gioia abbiamo potuto assistere alla posa dei cubetti di porfido sullo sfondo sabbioso, e sembrava che i cubetti stessi volessero a loro volta rendersi utili al progresso e al raggiungimento di traguardi storici della nostra nazione”.
Conclude infine il giornale: “Chi ora percorre via Damiano Chiesa, o via Roma (oggi Kennedy), non può che ammirare lo splendore dell’opera eseguita. E la via Pietralba, che ora sale maestosa fino al “Grüner Baum? Ora le migliaia di visitatori del nostro paese potranno finalmente esclamare: “Laives ist nicht wieder zu erkennen – Laives non è più la stessa”. Considerazione, questa, che peraltro facciamo nostra, ogni volta che torniamo nel nostro paese.
Autore: Reinhard Christanell