Lo strano caso del “remitori” 

Dalla statale che attraversa il paese di Bronzolo si può osservare un ampio promontorio compreso tra il Monte dei Giudei (praticamente il lato B del Monte Francesco di Laives), il Salto del Cavallo e, verso Aldino, il Göller. Per molti decenni, specialmente tra il XVIII e il XIX secolo, questo territorio è stato al centro dell’attività di estrazione e lavorazione del porfido. Centinaia di operai, molti dei quali provenienti dal povero Welschtirol, vi trovarono occupazione e le plote, i birfel e i smoleri di Bronzolo erano ricercati in tutta Europa.

Ai piedi del Salto del Cavallo, circa dieci metri sopra il Rio Aldino e non lontano dal vecchio  poligono di Bronzolo, si trovavano i resti di vecchi muri che un tempo erano appartenuti ad un noto eremo, le cui vicende sono state narrate anche dallo storico Emil Pasolli. 

Sembra che il luogo “sacro” sia stato definitivamente abbandonato nel periodo della riforma religiosa dell’imperatore Giuseppe II, figlio dell’imperatrice Maria Teresa d’Asburgo.

Gli abitanti di Bronzolo lo chiamavano semplicemente il “remitori”, termine dialettale per eremo. Esso consisteva in due scarni locali di piccole dimensioni. Il primo veniva utilizzato come luogo di preghiera o rudimentale cappella, il secondo come abitazione dell’eremita. 

Non esistono a tutt’oggi documenti che permettano di risalire alla data di realizzazione dell’eremo; neppure i nomi degli eremiti che si sono succeduti nel corso dei decenni è noto. L’unico dato certo che riguardi l’eremo è che alla fine del XVIII secolo il comune di Bronzolo emanò una “regola” per cui all’eremita era interdetta l’attività di questua “casa per casa” come evidentemente veniva praticata in precedenza. Qualcuno, in paese, deve aver mal sopportato la vista e le visita del povero del Salto del Cavallo. In compenso, il comune di Bronzolo si assunse l’onore di elargirgli settimanalmente un piccolo obolo, una sorta di vitalizio, che gli permetteste almeno di sopravvivere degnamente.

Una seconda volta l’eremo viene citato nel testamento del curato della chiesa di San Leonardo Philipp Jakob Wertsch von Thalfeldnel 1727, che destinò all’eremo la somma di 10 Gulden per i casi di “necessità”.

La località in cui sorgeva l’eremo era particolarmente favorevole e non corrispondeva per nulla all’immagine del luogo isolato e disperso che solitamente si attribuisce al “buen retiro” di chi ha abdicato agli agi della vita terrena. Trovandosi su un piccolo promontorio non subiva neppure gli influssi malefici della malaria che allora colpiva duramente gli abitanti del paese nei periodi estivi, tanto che chi se lo poteva permettere cercava rifugio in altura, specialmente nella zona di Aldino e Monte San Pietro. 

Anche la visuale è particolarmente suggestiva e consentiva allo sguardo di spaziare in lungo e in largo per tutta la valle dell’Adige. Questo fa pensare che qui, prima dell’eremo, si sia trovato un altro insediamento ben più antico.

Inoltre, il remitori era vicino al paese. Il primo maso era distante meno di mezzo chilometro e non lontano dall’eremo passava anche la vecchia e molto frequentata strada per Aldino, che successivamente, a causa della sua proverbiale pendenza, fu spostata verso il Monte Goeller. 

Sotto la chiusa si trovava anche la vecchia Reif, dove veniva depositato il legname proveniente dai boschi del Monte Regolo e destinato al mercato italiano. Si narra che i contadini che scendevano dalla montagna trainando  i pesanti tronchi, spesso portassero un pezzo di pane o di speck all’eremita di Bronzolo. 

Autore: Reinhard Christanell

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