L’altoatesina Salorno e la trentina Roveré della Luna: due paesi a poca distanza, circa quattro chilometri, divisi da una sottile linea di confine dettata dall’appartenenza a due diverse province. Linea che nella realtà storica non c’è mai stata, come si tende invece a far passare in tempi moderni sulla scia del cosiddetto “confine linguistico”.
“In tremila anni di storia, a Salorno non c’è mai stato un confine” afferma l’architetto Franz Kosta, facendo presente che se un “confine” c’era in ogni caso era “più in giù”. Con l’andare dei decenni il confine si è poi spostato, ma Salorno ancora oggi non si può definire ad un paese di confine. E men che meno il confine è linguistico, proprio perché ci sono stati sempre continui scambi fra popolazioni. “Le lingue non sono mani state importanti, noi parlavamo uno con l’altro senza nessun problema” spiega Kosta, portando molti esempi in questo senso di parole di derivazione tedesca, latina, italiana e di altri dialetti più antichi, ancor oggi utilizzate. “Per dire, Cauril e ugualmente Gfrill sono solo lo storpiamento della parola latina con cui è stata nominata Cauria (frazione del Comune di Salorno) – rivela – Lo stesso vale per la frazione dei Pochi, con la differenza che è lo storpiamento della parola “Buchholz”, dal tedesco medievale attribuita dai Baiuvari, perché in latino sarebbe “fagitana”, in quanto c’erano gli abeti, i faggi”. Ma come questi, ci sono molti altri esempi di questo genere anche nel vicino Trentino. “Faedo ha la stessa etimologia della tedesca Pochi. Salorno invece è una parola reta, quindi pre-latina”.
Stesso discorso per i cognomi. Molte persone residenti qui in Alto Adige hanno il cognome italiano e parlano più volentieri il tedesco. Come, per contro, nel vicino trentino è altrettanto normale trovare persone che parlino soltanto dialetto ed italiano, nonostante abbiano cognomi di evidente radice germanica. “Da questo si capisce la loro storia, ovvero di quale realtà hanno fatto parte per 500 anni”, ricoda Kosta. Spesso i cognomi sono spesso accomunati dall’essere associati ad una professione o ad un luogo di provenienza, o di abitazione. E n pratica tutto è un po’ influenzato dal ladino, dall’italiano e dal tedesco.
“Non si può tracciare una linea – commenta Kosta – C’è ben un confine, ma è più sulla carta e nella nostra mente che non nella realtà. Infatti fra i contadini se uno parla tedesco e uno italiano è uguale, si capiscono.In tutte le parole di campagna, ad esempio per identificare gli oggetti, è solo l’accento che cambia”. Lo stesso vale per molte vie e strade, anche in Trentino, solamente ci si è dimenticato da dove arrivano questi nomi. Va ricordato anche che latini e reti non hanno abitato tutte le valli, infatti molte terminologie non hanno subìto alcuna influenza linguistica.
Ma allora, come mai a Roveré della Luna si parla solo italiano e a Salorno c’è il bilinguismo? “Roverè è stata tedesca fino al 1918 – prosegue -. Gli italiani che abitavano qua erano il 20% ed erano tutti fieri pdel loro l’imperatore, non c’erano problemi. Nessuno vuole ritornare lì dove eravamo. Nessuno parla di questa cosa qua. Stiamo analizzando qual è l’origine di certe parole e tradizioni, scoprendo che accomunano davvero tanto”.
I sindaci di Roveré (Luca Ferrari) e di Salorno (Roland Lazzeri) hanno un buonissimo rapporto di vicinato e si sentono spesso per scambiare idee. Come vicini di casa, che però fanno riferimento a realtà diverse, da punto di vista amministrativo.
Autore: Daniele Bebber