Petricore

Non piove. Tuttora niente piogge in vista. Ci aspettano giornate asciutte e soleggiate. Giovedì scorso era ancora buio, quando, appena uscito di casa, sul pianerottolo, ho avvertito un forte profumo di petricore. Ho accelerato il passo per raggiungere velocemente la strada e per capire se davvero piovesse. Mentre camminavo in direzione della stazione ferroviaria per salire sul treno per Bolzano il mio sguardo cercava conferme: il nulla purtroppo, si trattava solo dell’umidità notturna e forse di una simil-pioviggine, già evaporata. Da allora sono trascorsi dieci giorni senza che il cielo piangesse, né per disperazione, né di gioia. Non piove. Ancora no. L’aria in certe zone cittadine è irrespirabile. Degli ultimi dodici mesi, dai dati dell’Ufficio Meteorologico, a Merano mancano oltre 400mm di precipitazioni: è un’enormità! Ma è tutto il Nord Italia a soffrire la siccità, che ormai è una morsa conclamata con cui non si scende a compromessi. Avrebbero tanto bisogno di pioggia sia la natura che l’uomo, per calmarsi e per calmarlo. Oggi respirare l’aria umida e salubre e che sa di pulito sta diventando un privilegio. La polvere da antagonista si è presa la scena, la si vede dove prima passava inosservata, essa si alza e si leva persino quando i colombi dispiegano le ali sui sampietrini per librarsi in volo e in fase di atterraggio; si ammanta sui pantaloni dalle tibie fino alle caviglie e ricopre le scarpe quando camminiamo per la città o lungo i sentieri del sottobosco; avvolge i tetti, gli alberi e persino le pietre lungo i greti di fiumi e torrenti; sporca come la iella i palazzi, le insegne, le auto parcheggiate, le vetrate di finestre e verande, le piastrelle e le fughe sui balconi. La polvere ci affatica, e affanna i cani.

L’odore di petricore, al contrario, ci è rimasto dentro, perché si tratta di un ricordo senza tempo, quando fino da bambini la pioggia ed i primi temporali primaverili erano dolci ed il cuore si faceva capanna. Quando giocavamo con legni e bastoncini, in acqua e terra, e la siccità era solo un neologismo che i genitori cercavano di insegnarci. Nel fine settimana appena trascorso, bagnando la terra arsa dei vasi e delle aiuolette sul terrazzo, un alito di questo petricore si è diffuso rapidamente per poi scomparire quasi subito; sorpreso ma incuriosito ho scoperto che il suo etimo è nato per la prima volta in Australia (altro luogo davvero arido) nel 1964, dai ricercatori Bear e Thomas, una parola composta dal greco pétra pietra e ichór sangue degli dei. 

Autore: Donatello Vallotta

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