Vi propongo le parole di Alberto Luca Recchi, esploratore, scrittore e fotografo documentarista del mare italiano. “Il granchio blu non è arrivato dalle coste degli Stati Uniti passeggiando, ce lo abbiamo portato noi, dandogli un passaggio involontario nelle acque di zavorra delle navi. E siccome il ‘tipetto’ si adatta facilmente, in qualche decennio ha invaso il Mediterraneo. Ma questo non lo abbiamo scoperto in queste settimane, lo sappiamo da anni (1948 in Grecia, 1949 a Grado). Quando però il problema ecologico diventa problema economico, tutti ne parlano: i media si interessano al caso ed i politici invocano lo stato di calamità”.
Il parallelismo è illuminante e disarmante al contempo; per inciso, la politica è riuscita a regolamentare lo svuotamento ed il ricarico della acque di zavorra solo nel 2004, mentre a livello planetario chissà quante saranno le specie marine alloctone trapiantatesi al di fuori dell’habitat di sviluppo. In Alto Adige Occhi di bosco è in apprensione per l’espansione, senza soluzione di continuità, del bostrico tipografo; ha ferme nella mente la testimonianza di Peter Prader, proprietario di bosco e titolare di segheria in val di Funes, che ammette l’incapacità, nonostante tutti gli sforzi, i tagli e l’ingente materiale asportato, di contrastare questo coleottero. Per altro, nelle ultime settimane si è diffusa la notizia di una “nuova” strategia, ossia quella degli alberi esca (che tanto fresca non è); questa tecnica prevede il taglio, oltre a tutti gli ettari irreversibilmente già perduti, di molteplici alberi sani. Quelli abbattuti vengono poi pervasi di ferormoni che richiamano gli adulti, per il rito dell’accoppiamento. Non appena le colonizzazioni raggiungeranno l’apice in termine di numeri gli alberi esca verranno eliminati, prima che altre nuove generazione di insetti partano all’assalto di nuove piante. Le morie di abeti rossi (picea abies) riguardano tantissime valli e zone impervie; il paesaggio, in un divenire di macchie marroni sempre più vaste, in un futuro non troppo lontano cambierà, e drasticamente, tanto da farci domandare se è davvero ancora questa la nostra amata heimat, o se, come la ranocchia nella pentola, riusciremo, con un colpo di reni, ad escogitare soluzioni rapide ed efficaci dinnanzi a questa devastazione. La presenza del bostrico è sempre stata endemica, e solo dopo la tempesta Vaia del 2018 è divenuta pandemica. Quasi un lustro è passato, in cui anche il cambiamento climatico non ha aiutato, ma durante questo lasso di tempo non è stato fatto abbastanza. La natura segue la sua strada e difficilmente aiuta l’uomo, quell’uomo “cattivo” che non l’ha mai rispettata.
E noi? Ci ritroveremo come estranei con ben più di una lacrima sul viso, guardando ciò che rimarrà del bosco e di quella marea di aghi color del rame.
Autore: Donatello Vallotta