Una marmotta nel parcheggio del negozio


Qualche mese fa un grifone; adesso una marmotta: pare proprio che la zona di Laives piaccia agli animali selvatici: nei giorni scorsi, infatti, una marmotta di quasi due anni è stata trovata e catturata nel garage di un supermercato di San Giacomo. Era sana ed è stata liberata sul Corno Bianco.

Il Servizio forestale della Provincia è stato allertato venerdì scorso: c’era una marmotta nel garage di un supermercato di San Giacomo di Laives. “I vigili del fuoco volontari avevano già catturato l’animale e lo avevano messo in una gabbia per il trasporto”, riferisce Alberto Palmarin, del Posto di gestione fauna selvatica sud del Servizio forestale. Secondo il biologo faunistico Davide Righetti, che ha assistito a un sopralluogo in loco, si trattava di una marmotta autoctona subadulta, in parole semplici un animale al secondo anno di vita.

“Non c’è una spiegazione logica su come la marmotta sia finita a San Giacomo. La colonia di marmotte più vicina si trova a circa 15 chilometri di distanza in linea d’aria, nella zona di Passo Oclini”, spiega Righetti.

Le ipotesi sono molteplici e vanno dal trasporto involontario da parte di un veicolo (camion o altro) alla migrazione spontanea dell’animale, alla perdita di orientamento. Non è stata ancora trovata una spiegazione plausibile. Ma non è la prima volta che una marmotta viene trovata in cattive condizioni a fondovalle, ad esempio alla confluenza dei fiumi Talvera e Isarco.

L’animale era spaventato e lo esprimeva fischiando forte; è stato poi liberato in natura dal personale del Servizio forestale nell’area del Corno Bianco, a Passo Oclini.

Non succede spesso, ma gli animali selvatici si avventurano nelle aree abitate. “Nel Servizio forestale esiste un ufficio separato per la gestione degli animali selvatici. I dipendenti tengono d’occhio lo sviluppo delle varie specie di animali selvatici protetti e cacciabili, la loro salute, il loro numero e i danni che causano”, spiega Luis Walcher, assessore provinciale all’Agricoltura e alle Foreste. Le marmotte sono una specie cacciabile in Alto Adige e la caccia a questi roditori è strettamente regolamentata. Da un lato, esistono habitat protetti in cui la caccia è generalmente vietata. La caccia è aperta per 30 giorni a settembre: un numero fisso di animali può essere abbattuto prima nelle aree danneggiate e poi nelle aree di caccia.

Il Cai di Bolzano, una sezione attiva piena di proposte


La sezione di Bolzano del Cai, noto per la sua lunga tradizione e le sue numerose attività, rappresenta un punto di riferimento per gli appassionati di montagna e cultura alpina. Abbiamo intervistato il suo presidente, Maurizio Veronese, per conoscerne meglio programmi e attività. Veronese ci offre una panoramica completa delle proposte escursionistiche, adatte sia ai principianti che agli esperti, e del significativo impegno del Cainel promuovere la cultura della montagna attraverso mostre, film, conferenze e incontri con autori.

Il Cai di Bolzano si è fatto conoscere per le sue attività culturali – il primo pensiero va alla mostra su Walter Bonatti, in collaborazione con il Museo della Montagna di Torino, lo scorso inverno alla Galleria Civica – ma l’attività principale restano le escursioni…

Assolutamente, si. Offriamo circa una quarantina di escursioni spalmate lungo tutto l’arco dell’anno da gennaio fino a fine ottobre, per cui ogni domenica o quasi – in inverno ne organizziamo una ogni 15 giorni, a seconda del tempo. Proponiamo uscite di un giorno oppure anche trekking di più giorni. Quindi il fenomeno dell’escursionismo per noi è molto importante. È una attività a cui partecipano moltissime persone, non ultimo in quanto i nostri titolati di escursionismo fanno delle proposte che sono obiettivamente interessanti.

La vostra proposta è indirizzata ad escursionisti principianti o a esperti?

Proponiamo sia escursioni “facili”, cioè con un dislivello minimo che può andare dai 300 ai 600 metri, ma anche escursioni per persone che vogliono camminare e impegnarsi, quindi dislivelli superiori ai 1000 metri nell’arco della giornata, per chi cerca una sfida particolare perché si sente predisposto per impegnarsi notevolmente nella salita e non ha paura di arrivare sulla cima. Abbiamo entrambe le proposte: i soci possono scegliere sul libretto (scaricabile anche dal sito internet del CaiBolzano, n.d.r.) le escursioni che ritengono più adatte alle proprie capacità e poi si iscrivono a quelle che preferiscono. A volte succede che proponiamo sia l’escursione difficile, che un percorso alternativo un po’ più semplice: si parte insieme e poi chi se la sente va sulla cima.

La nostra è una proposta forte, che cerchiamo di pubblicizzare anche sulla stampa locale.

Sui giornali spesso si legge della vostra attività culturale…

È un aspetto su cui puntiamo parecchio proprio per farci conoscere, ma anche per far capire che il Cainon è solo arrampicata, speleologia o escursionismo. Il Cai propone anche cultura, intesa come avvicinamento, conoscenza e rispetto della montagna. Sono valori che non trasmettiamo solo con le uscite, ma anche proponendo riflessioni a vario livello, quindi con delle mostre, con dei film, con delle conferenze e degli incontri con autori di libri.

A questo proposito mi preme ricordare che stiamo portando gli autori di libri nelle scuole, non ultimo grazie alla dottoressa Mirca Passarella (ex dirigente scolastica, n.d.r.) che è andata in pensione ed è venuta a darci una mano nella commissione cultura del Cai. Lei è molto stimata e devo dire che ci sta dando un grandissimo aiuto per portare gli autori di libri di montagna e di narrativa per ragazzi nelle scuole. Ciò permette di avviare una riflessione su cosa significa la montagna e su cos’è l’ambiente in generale. Perché uno dei punti forti del Cai, anche essendo associazione ambientalista riconosciuta, è quello di tenere molto alla cultura dell’ambiente.

Till Antonio Mola

Il “passaggio” dedicato a don Cristofolini

“Passaggio Don Giorgio Cristofolini”: collega via Alto Adige a piazza Duomo. Nato in quel di Arco (TN) il 28 aprile 1922, da sacerdote sin dal 1946 si impegnò per i lavoratori; fu cappellano degli operai della centrale elettrica di Predazzo e della diga di Travignolo. Dal 1950, inviato in Alto Adige, fu assistente spirituale delle ACLI e cappellano dei cantieri. Fu per 25 anni a fianco degli operai dei cantieri edilizi delle centrali idroelettriche, delle cave e delle miniere dell’Alto Adige; con la sua vecchia auto, ma anche a piedi, si recò in località montuose e con difficili condizioni, tra neve e pioggia, esercitando il suo apostolato in diverse valli dell’Alto Adige. Esercitò il suo sacerdozio ma fu attivo anche nel ruolo di assistente sociale dei lavoratori dei vari cantieri, abruzzesi, calabresi,… con i quali si stabilì un rapporto di affezione. Nel 1965 il vescovo Joseph Gargitter gli affidò la direzione del nuovo settimanale diocesano “Il Segno”. Gli operai dei cantieri, riconoscenti per l’impegno a loro favore, gli donarono un calice, che l’ex cappellano dei cantieri finché visse alzò al cielo nelle S. Messe, ricordando gli anni delle miniere. Nel 1970 fu nominato anche responsabile del neonato Ufficio stampa diocesano. Don Giorgio soggiornava nella Casa del Giovane Lavoratore, in via Castel Weinegg; appuntamento domenicale per 25 anni fu la S. Messa delle 8 presso la chiesa di S. Paolo. È del luglio 1993 il suo ultimo articolo di fondo; la sua salute man mano declinava; ricoverato all’ospedale di Rovereto, saputo della presentazione del libro “Un prete in miniera”, intervista autobiografica, due ore prima di morire disse al suo grande amico Giorgio Pasquali ”Domani salutami tutti”. Morì la notte del 24 settembre 1993. Alle sue esequie a Vigo Cavedine partecipò una rappresentanza della parrocchia bolzanina di San Paolo; il Coro San Paolo esaudì la sua richiesta di cantare l’inno da lui amato, alla Madonna di Czestochova (Madonna nera).

Leone Sticcotti

Pensieri dal bosco 2


Primavera e quarantacinque giorni d’estate – quella meteorologica inizia il 1° giugno – sono risultati particolarmente piovosi, tanto che i nostri amati boschi scintillano di tutti i tipi di verde. La terra è bagnata e scura ed emana quell’intenso profumo di humus. Dopo essere tornato dalla Liguria, ho perlustrato zone piuttosto impervie e poco battute, a bassa quota, intorno agli 800m, fino a raggiungere i 1300m.

Le ricerche e le determinazioni che mi sono appuntato sono avvenute a scopo puramente personale, ergo senza l’uso di lenti di ingrandimento, libri, chiavi, senza l’ausilio del microscopio e dei reagenti. Considerate le T notturne lievemente sotto media per la prima decade del mese e che, di solito, non si palesano crescite abbondanti, come avviene in autunno, ho optato per inerpicarmi lungo versanti esposti a sud di bosco termofilo misto, in cui bastano le giuste ore di sole per stimolare il micelio (con precipitazioni abbondanti). Generalmente per termofilo s’intende un bosco di quercia, cerro, castagno, faggio o di caducifoglie miste, purché situato in area riparata, ben soleggiata e a microclima caldo; in Alto Adige, patria egemone del peccio (e del bostrico, sigh), queste fasce boschive miste si trovano solo lungo parti di una isoipsa ben definita, che non supera i 1100/1400 metri di quota a seconda delle zone e all’esposizione dei versanti, al netto di esemplari solitari di latifoglie a quote appena superiori, eccezion fatta per le betulle. Naturalmente a querce, cerri e caducifoglie miste, pressoché assenti, o presenti in preziose e sparute nicchie, da noi c’è il bellissimo pino silvestre (tana prediletta della processionaria, sigh); ma, a quote di montagna, di bosco a microclima caldo ne troviamo ben poco. Questa multi-varietà di specie, tra abeti, pini e latifoglie, che dopo l’epidemia di bostrico, dovrebbe divenire più costante, preservando gli abeti sopravvissuti e aumentando la biodiversità, avrà pure il pregio di incrementare le specie fungine simbionti o micorriziche, legate al singolo albero. Peraltro, a titolo informativo, tutte le specie arboree e le loro quote ideali di crescita valgono per la zona alpina, che però aumenta di altitudine quando scendiamo di latitudine. Tra le specie fungine osservate troviamo: Russule virescens, aurea, vesca, cyanoxantha, Agaricus augustus, Boletus aestivalis o reticolatus, Neoboletus praestigiator, Tylopilus felleus, Amanita gemmata, Suillus grevillei (larice), Caloboletus calopus, Infundibulicybe gibba, Laetiporus montanus, Amanita rubescens, Marasmius alliaceus (latifoglia), Mycetinis scorodonius (abete) e l’inconfondibile marea gialla dei Cantharellus pallens.

Donatello Vallotta

Rita Chiaromonte: l’impegno per la scuola anche oltre la scuola


Maria Rita Chiaromonte è stata insegnante, dirigente scolastica e ispettrice per l’integrazione. Ha collaborato al Nucleo operativo del Comitato di valutazione del sistema scolastico. Per l’Università di Bolzano è stata docente a contratto presso la Scuola di Specializzazione per l’Insegnamento Secondario per l’insegnamento della Didattica Speciale. Dopo il pensionamento, in seno al Soroptimist International d’Italia, è tornata ad occuparsi di scuola e in particolare del dilagante problema del Bullismo e del Cyberbullismo, creando con altre esperte materiali che potessero essere di sostegno alle famiglie oltre che ai docenti.

Come siete arrivate a creare un gruppo di lavoro sul bullismo?

Il Soroptimist ha creato un gruppo di lavoro formato da soggetti della società civile: esperte del settore, psicoterapeute e psicologhe, funzionarie delle forze dell’ordine, genitori, magistrate, dirigenti scolastiche, docenti, studenti.

Il vostro gruppo di lavoro ha creato anche del materiale informativo?

Il Club Soroptimist International si è impegnato a realizzare un’agile guida intitolata Contro il Bullismo e i Cyberbullismo, rivolta essenzialmente a genitori e insegnanti. Nella seconda parte compaiono le domande dei genitori e le risposte delle psicoterapeute. Nella terza parte vi sono le testimonianze toccanti dei ragazzi vittime di bullismo.

Cosa è il bullismo?

Il bullismo è una forma di comportamento aggressivo e prepotente caratterizzato da intenzionalità, sistematicità e asimmetria di potere Il bullismo può essere fisico, verbale

o psicologico.

Che cos’è il cyberbullismo?

Il cyberbullismo o bullismo digitale è una forma di aggressività sociale molto pericolosa perché, sfruttando la tecnologia, internet e i social media può diventare più veloce, pervasiva, diffusa, distruttiva e anonima. Si giunge velocemente alla public shaming, che è l’umiliazione pubblica di un individuo.

Quali sono i ruoli nel bullismo?

Il bullismo è un fenomeno di gruppo e sei sono i ruoli identificati: il bullo/la bulla, l’aiutante del bullo, il sostenitore del bullo, la vittima, il difensore della vittima, l’esterno.

Il bullismo è un comportamento solo maschile?

Da sempre il bullismo è stato trasversale ai generi ma a partire dal 2019 il bullismo al femminile ha avuto un vistoso aumento.

La scuola può contrastare il bullismo e il cyberbullismo? Come interviene?

I doveri dei dirigenti scolastici e degli insegnanti – in quanto Pubblici Ufficiali – sono in primo luogo l’elaborazione e l’utilizzo del “Il Protocollo di prevenzione del bullismo e del cyberbullismo”, documento indispensabile che viene condiviso con i genitori. Molto importante è anche l’istituzione del Team Antibullismo costituito dal dirigente scolastico e dai referenti per il bullismo-cyberbullismo, dall’animatore digitale e da altre professionalità presenti all’interno della scuola (psicologo, pedagogista, operatori).

Se tali risorse non fossero sufficienti?

Il dirigente scolastico, l’insegnante, il genitore, l’educatore devono attivare senza ritardo le autorità competenti: i Servizi minorili, le Forze di Polizia e l’Autorità Giudiziaria attraverso: modalità quali la segnalazione, la denuncia, la querela, l’ammonimento.

Cosa si intende per segnalazione?

La segnalazione è un atto redatto da qualsiasi persona o istituzione che sia venuta a conoscenza di una situazione lesiva o pericolosa per la salute psichica o fisica di un minore con cui si comunica ai Servizi Sociali, a un Ufficiale di Polizia Giudiziaria o all’Autorità Giudiziaria una preoccupazione relativa alla situazione di pericolo per uno studente.

Cos’è la “denuncia”?

È la segnalazione obbligatoria con la quale il Pubblico Ufficiale rende noto all’Ufficiale di Polizia Giudiziaria o all’Autorità Giudiziaria un fatto che può costituire un reato perseguibile.

Cos’è la “querela”?

È uno strumento che prevede un “richiamo” da parte dell’Autorità di Pubblica Sicurezza all’autore di cyberbullismo. Si può presentare al Questore la richiesta di ammonire uno o più minori (di età compresa tra 14 e i 18 anni non compiuti), autori delle condotte sopracitate.

Neve

Solo qualche giorno fa ho scoperto che esiste la Giornata Mondiale della neve. La cosa per me ha un significato particolare, dato che da sempre amo la neve in tutte le sue forme. Questo tipo di passione ha anche una sorta di nome, nivofilia, e tutti coloro che la condividono sono accomunati da un forte sentimento di attesa che dura tutto l’inverno, simbolicamente rappresentato dalla comune ricerca di un lampione ove poter scrutare, nelle più frequenti ore di buio che caratterizzano la stagione, sperando di veder cadere prima o poi i primi radi e piccoli fiocchi, rinnovando la magia.

Giusto domenica scorsa, personalmente ho di nuovo alimentato la mia passione, recandomi sul Colle, l’unica montagna della conca bolzanina che fa parte del territorio del capoluogo. Lì è bastato compiere qualche passo verso il bosco, partendo dalla stazione a monte della funivia, per lasciarsi alle spalle il grigiore della pioggia ed entrare invece nell’atmosfera magica e innevata.

Nonostante i cambiamenti climatici che rendono le nevicate sempre più rare, anche a partire dai fondovalle più in quota, ingegnandosi, si riesce dunque ancora a fruire del prezioso paesaggio invernale più puro. Per farci cosa? Come dicevo, è più che sufficiente gettare uno sguardo a ciò che sta intorno a noi, respirando a pieni polmoni, passeggiando e ascoltando il tipico rumore della neve sotto le scarpe, in un contesto in cui tutti i rumori sono magicamente attutiti.

Ma sulla neve e con la neve è possibile praticare anche numerosi sport invernali, com’è noto. E – anzi – questo è il motivo per cui la Giornata Mondiale della Neve è stata istituita nel 2012. Ma non solo. Tra le motivazioni e gli obiettivi di questa ricorrenza c’è di nuovo anche e semplicemente, il desiderio di “sensibilizzare alla salvaguardia degli ambienti montani imbiancati”.

A questo proposito c’è un passaggio, nel romanzo di Francesca Melandri “Eva dorme”, che descrive in maniera mirabile la magia della neve. Eccone un breve estratto.

“Dopo, arrivò la neve. Scese abbondante sulla cittadina, e poi ne cadde ancora, e non smise, continuò a fioccare, nell’aria fluttuavano merletti esagonali grandi come farfalle. […] I bambini cominciavano a pensare che non avrebbe più smesso, avrebbe nevicato per sempre, fino alla fine tempi, e il mondo sarebbe diventato una gigantesca palla di neve […].”

Uno sguardo sul 2023

// Di Luca Sticcotti

Con l’inviato Rai Gianfranco Benincasa, a lungo attivo in provincia di Bolzano e da marzo scorso presidente regionale dell’Ordine dei Giornalisti, ripercorriamo i fatti principali dell’anno che si è appena concluso.

Come ogni anno anche in questi primi giorni del 2024 abbiamo pensato di gettare uno sguardo nel recente passato, focalizzando assieme ad un collega giornalista i temi più importanti apparsi sui media. In questo frangente la scelta è caduta su Gianfranco Benincasa, inviato della Rai e volto noto anche delle cronache sportive offerte dal servizio pubblico radio televisivo. Nato in Svizzera nel 1966, Benincasa ha lavorato a lungo a Bolzano prima di trasferirsi a Trento. Nel marzo 2023 è divenuto il nuovo presidente regionale dell’Ordine dei giornalisti. Con lui abbiamo dunque colto l’occasione di parlare anche di come i principali fatti regionali sono stati visti dal vicino Trentino e di quali sono le prospettive per la professione giornalistica nella nostra terra, alla luce dei grandi cambiamenti in atto nel mondo dell’informazione.

Lo scorso anno uno dei temi più presenti sia nelle cronache che nel dibattito pubblico è stato quello della necessità di un ripensamento del turismo in un’ottica più sostenibile. Non è una questione da poco, perché ogni passo indietro penalizza gli introiti economici. Ma tutti sono d’accordo sul fatto che ci vuole davvero un nuovo equilibrio, ribilanciando le esigenze di ospiti e residenti, e offrendo ai turisti anche un modo diverso di vivere la montagna. Questo tema come viene visto in provincia di Trento?

In Trentino l’assessora competente ha detto “i turisti vanno dove ci sono i turisti”. Questo vuol dire che si accalcano soprattutto in alcune zone, ovvero a seconda della stagione nello specifico ad esempio a Madonna di Campeggio o sul Garda. La discussione su un modello diverso di turismo in realtà non è nuova; in alcuni casi si era pensato addirittura smantellare gli impianti e sostituire il tutto con un turismo green. Poi nello specifico in quella zona, il passo Rolle, il progetto è stato abortito e la Provincia ha fatto altre scelte. Ma il tema c’è, e non solo in montagna. Anche la città di Trento in 20 anni è cambiata tantissimo e ora c’è molto più turismo mordi e fuggi, non solo durante i mercatini, con pullman, auto e tanto inquinamento. Il centro storico spesso è invaso: da un certo punto di vista è bello, ma anche su questo si sta un po’ ragionando, cercando magari di puntare di più sulla qualità che non sulla quantità, e venendo più incontro alle esigenze dei residenti. A Campiglio ad esempio si sta facendo strada anche l’idea del numero chiuso, perché gli sciatori sono davvero tantissimi, nonostante l’aumento di prezzo degli skipass. Una tavolo regionale sarebbe davvero opportuno, su questo tema del turismo sostenibile, perché si tratta davvero di problemi comuni tra le due province autonome. Insomma: le problematiche del lago di Braies non sono diverse rispetto a quelle del Lago di Tovel, dove tra l’altro ben prima avevano introdotto il traffico limitato.

C’è poi il tema dei grandi predatori, da una parte proprio collegato all’idea di una natura da salvaguardare e in qualche modo da ripristinare. Mettendo però in difficoltà gli allevatori e creando problemi di sicurezza.

Sì. In Trentino c’è stata purtroppo una vittima a causa dell’orso e questo è stato davvero un colpo al cuore per tutti. Mentre il problema del lupo in provincia di Trento è presente soprattutto nella zona delle valli di Fiemme di Fassa. Al di là dei provvedimenti e dei ricorsi, il problema non è certo di facile soluzione. Ma anche questo è un problema che andrebbe affrontato a livello regionale, visto che gli animali si muovono, mica guardano ai confini provinciali.

A proposito di province. Nello scorso autunno si sono svolte le elezioni e a Trento e Bolzano si sono avuti esiti solo in parte simili. Con alcune novità non da poco, soprattutto in Alto Adige.

In Trentino c’è stata una scelta di continuità per Fugatti, un po’ perché non aveva veri avversari, va detto, e poi comunque perché gli elettori hanno deciso di premiare il lavoro fatto. In Alto Adige fa riflettere il calo della SVP, ma non mi stupisco per la realpolitik della Volkspartei che ha scelto di allearsi con il centrodestra. Tutto sommato non è un grande cambiamento, perché negli ultimi 5 anni la Stella Alpina aveva già governato con la Lega. Certo la SVP farebbe bene a impostare una profonda riflessione in merito a quanto sta avvenendo in Alto Adige ma ancor di più al proprio interno, più che cercare colpevoli all’esterno.

Venendo allo sport, il 2023 è stato l’anno della consacrazione per Jannik Sinner. Poi c’è stata la stagione straordinaria del FC Südtirol in serie B di calcio, mentre gli atleti regionali dello sci alpino sono apparsi un po’ in affanno.

Di Sinner si è detto tutto, la sua è stata un’affermazione davvero pazzesca. Tra l’altro è un personaggio con grandi qualità, molto umano e disponibile. E non è solo uno sportivo, riesce infatti a catalizzare l’attenzione di molti, anche di chi non è appassionato di sport. Quello del FC Südtirol è stato poi sicuramente una sorta di miracolo. Ora la squadra è in difficoltà, ma ci sta. L’anno scorso sono riusciti a fare molto di più di quello che secondo me era il valore della squadra sulla carta. Molto del merito va dato all’allenatore Bisoli, anche se poi qualcosa si è incrinato. Si tratta senz’altro di una bella società, impostata bene e con un bel futuro davanti. Quest’anno ci sarà un po’ da soffrire ma possiamo dire che ormai il Südtirol è una realtà consolidata, non più una meteora. Basti guardare il centro sportivo, l’organizzazione e il lavoro che viene fatto sui giovani. Per non parlare dello stadio che è stato rifatto. La squadra altoatesina in qualche modo ha anche influenzato il vicino Trentino, con la squadra del capoluogo che da un paio d’anni è tornata in serie C. Va detto che anche il Südtirol è arrivato in serie B dopo un percorso durato anni, e in cui questo traguardo era stato più volte sfiorato. E dobbiamo ricordare sempre che la serie B è un campionato davvero difficilissimo. Per tutti. Lo sci è un po’ in affanno in tutta la regione, è vero. Ma anche qui va detto che rispetto al calcio è uno sport che ha senz’altro meno praticanti. Io penso però che in questo caso ci sia qualcosa da cambiare anche a livello di federazione. Al momento occorre ancora puntare sulla vecchia guardia, ovvero su Paris. Alex Vinatzer è l’unico che in futuro potrà davvero dire la sua ma per il momento è piuttosto discontinuo nei risultati. Alla 3-Tre quest’anno Vinatzer ha fatto veramente male, e al momento va quasi meglio in gigante che non è la sua specialità. Ma si tratta un ragazzo molto positivo e in gamba, molto educato. In Trentino c’è poi molto altro sport, con il volley maschile che ha vinto lo scudetto e quello femminile promosso in A1 anche se ora è in difficoltà. Lo sport resta comunque una grande forza per tutta la regione, anche grazie alle capacità organizzativa delle nostre società e del territorio. E non dobbiamo dimenticare che l’anno si è chiuso con la vittoria di Nadia Battocletti e il secondo posto di Yeman Crippa alla Boclassic nel capoluogo altoatesino.

Quali sono le gioie e i dolori dell’essere, da marzo 2023, il nuovo presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Trentino Alto Adige.

Avere sott’occhio un po’ tutto il panorama del giornalismo locale è senz’altro molto interessante. Per quanto riguarda i dolori e preoccupazioni sono sempre e soprattutto quelle occupazionali, anche se l’Ordine che presiedo non è il sindacato. Ci teniamo a che il nostro settore si florido, attivo e valido. Cosa che di fatto accade, anche in regione. Nell’ultimo periodo c’è stata la mazzata della chiusura del quotidiano Il Trentino, anche se poi la cosa è stata in parte riassorbita. E ci sono poi le preoccupazioni che riguardano le innovazioni tecnologiche, con l’intelligenza artificiale che in futuro potrebbe portare alla perdita di posti di lavoro. A livello internazionale sta già avvenendo, vedremo se la cosa avrà ripercussioni anche da noi. C’è poi il tema eterno dell’equo compenso per il lavoro giornalistico. Per quanto riguarda il rispetto della deontologia giornalistica devo dire che nel territorio regionale la situazione è senz’altro molto migliore rispetto a diverse altre zone del nostro paese.

Il mondo del giornalismo è in sofferenza, soprattutto per il calo dei lettori dei giornali, ma anche dei pochi sbocchi professionali per le nuove leve di questo mestiere.

Per i giovani è senz’altro difficile, perché oggi si tratta spesso di lavoro non ben retribuito, rispetto ad altri lavori e rispetto al passato. Il mestiere ha meno appeal e i percorsi d’accesso sono molto accidentati, nell’ottica dell’approdo al professionismo. Oggi si devono conoscere le lingue ed essere molto qualificati. Ma è un lavoro che può essere ancora molto interessante. Ci vuole creatività, coraggio e come una volta occorrono sudore e impegno. Anche se il mestiere per molti versi è cambiato rispetto al passato, resta comunque la necessità di offrire un’informazione di qualità, ovvero verificata, e questo oggi è meno facile. Ma questo compito da svolgere, per il giornalismo, oggi è ancora più importante in un’ottica di partecipazione alla vita pubblica. Spesso l’emorragia di lettori si traduce anche in astensione nella partecipazione al voto. Dobbiamo impegnarci contribuire ad arginare questa potenziale emorragia democratica.

Via Matteotti: il “centro” di Maia Bassa

C’è stato un tempo in cui Merano città, Maia Bassa, Maia Alta e Quarazze erano quattro comuni distinti, ciascuno con il proprio Municipio. Di questi sono rimasti i segni evidenti soprattutto a Maia Alta e Maia Bassa, dove i due edifici municipali ancora esistono e sono attivi. Quello di Maia Bassa era ed è in via Matteotti, una via storica, oggi un po’ meno vivace, ma un tempo in grado di rappresentare un’epoca, oseremmo dire un’epopea.

// Di Enzo Coco

Nel periodo post-bellico e perlomeno fino agli anni Ottanta del secolo scorso, via Matteotti era dal punto di vista dei servizi il centro di tutto.

Attorno al Municipio e lungo la sua strada c’erano alberghi, ristoranti e bar, negozi di alimentari, fruttivendoli, macellai, panettieri, tabaccai, la farmacia, l’ambulatorio medico, una rosticceria, il cinema, il pulisecco, il gelataio, il calzolaio, barbiere e parrucchiere, la cartolibreria, la merceria, un bazar, il meccanico, il gommista, la ferramenta, il materassaio, i Carabinieri, la Guardia Forestale e, ultima ma non ultima, la banca.

Insomma: chi viveva a Maia Bassa non aveva bisogno di arrivare in centro città quasi per nulla.

In questa specie di villaggio e in un clima ancora di paesone, dove tutti conoscono tutti, è nato o ha trascorso parte della sua infanzia e adolescenza, un gran bel numero di persone in un clima davvero irripetiile.

La “via pal” di merano

Ma dietro alle case che si affacciano su via Matteotti c’erano due strade, che ancora ci sono, ovvero la via Magazzini e la via Armonia. Erano la via Pal “de noantri”, il “cortile” dei bambini e dei ragazzi di allora.

Si tornava da scuola, dalla vicina via Vigneti, si mangiava al volo e poi giù tutti in cortile e non si tornava a casa fino a quando faceva buio e le mamme si sgolavano dalle finestre per richiamare i propri figli che dovevano fare ancora i compiti e soprattutto lavarsi.

Enormi piste con muretti e curve alla Vigorelli, salite e discese, venivano costruite per giocare al “Giro d’Italia” con vere e proprie tappe che si sviluppavano di giorno in giorno. I ciclisti? Tappi a corona delle bottiglie con dentro una figurina ritagliata, magari da un giornale, del proprio ciclista preferito. Anquetil, Van Looy, Coppi, Bahamontes, Tacconi, Gaul, Baldini, Altig, Poulidor e poi Motta, Gimondi, Baronchelli, Merckx, Battaglin, Maertens: erano tutti lì nei tappini delle bottiglie.

Stiamo parlando di battaglie epiche di ore e ore, precedute da sonori litigi perché se uno aveva Anquetil, non poteva essere che l’avesse un altro: “No Anquetil è mio e tu prenditi Gaul”.

E poi le scorribande, quelle tra cowboys e indiani, armati di improbabili pistole di legno, archi e frecce posticci. Anche qualche fionda, ma l’elastico era quasi sempre sfilacciato.

C’era poi lo scontro vero e proprio tra via Magazzini e via Armonia: la battaglia tra “raber e poli” come si diceva allora, mutuandolo dall’inglese “rubber and poly”, il nostro guardie e ladri. Si attraversavano gli androni dei palazzi per passare da un cortile all’altro (da via Magazzini attraverso via Matteotti, in via Armonia e viceversa) all’inseguimento dell’avversario per catturarlo, e con le urla e proteste immancabili degli inquilini che volevano la loro quiete.

E spesso andava a finire che i ragazzi si prendevano delle secchiate d’acqua dalle finestre delle esasperate famiglie alle quali impedivamo il sonnellino pomeridiano. C’era anche il burbero grossista di profumi che stava in via Magazzini, il Signor Niederwieser, che veniva fuori a cacciarci perché non riusciva a lavorare, ma quando arrivava Natale ci faceva i regalini: tra questi un campioncino di profumi, una saponetta, un detersivo da dare alla mamma.

Tutto ciò era bello e nessun genitore andava a protestare col vicino che ci aveva sgridato o ci aveva bagnati, anzi era più facile che ti arrivasse uno scappellotto perchè “non lo dovevi fare”.

I nomi dei protagonisti

Ricordare i nomi di tutti è impossibile, ma molti sono ancora nella nostra mente, alcuni purtroppo già andati avanti, altri non più a Merano, ma ognuno sicuramente si riconoscerà.

C’era Mario con suo fratello Umberto e la piccola sorellina Silvana, c’era Gabriella col fratello Roberto, c’era Ferruccio. E ancora Emanuela col fratello Gianni e il piccolo Mario, Renatino che chiamavamo così perché era secco secco, c’erano Luizio ed Ezio, c’era Uta (una pertica che non a caso divenne una forte saltatrice in alto), c’era Edy e c’erano i fratelli Di Liello.

E poi altri nomi persi nelle nebbie della memoria ma presenti ancora nelle immagini stampate nella mente.

E c’era lei, quella di cui tutti eravamo un po’ innamorati e, forse, è proprio lì che abbiamo sentito le prime pulsioni di innocenti ragazzini attorno ai 10 anni o giù di li. Si chiamava Laura e veniva da Milano, che per noi era la metropoli lontana. Veniva a passare le vacanze scolastiche a casa di certi parenti. Con quel suo accento dalle “e” aperte talvolta ci raccontava di cosa c’era a Milano che qui da noi non c’era.

Ma soprattutto giocava con noi e a sera andava a casa tutta scalmanata e impolverata, perché in via Magazzini non c’era l’asfalto come oggi, ma solo la nuda terra.

Noi capivamo che lei si divertiva un mondo perchè là, nella metropoli dove viveva, un cortile dove giocare non ce l’aveva, perché… “là dove c’era l’erba ora c’è una città”.

Agenda Onu 2030: combattere lo spreco a scuola

Povertà e spreco del cibo sono due facce della stessa medaglia: alla scuola primaria in lingua italiana di San Giacomo il progetto dell’Agenda Onu 2030 insegna ai bambini come combattere lo spreco e aiutare chi ha bisogno.

// Di Raffaella Trimarchi

Come in tutte le favole di Natale, le buone azioni portano gioia a chi ne ha bisogno. E il 21 dicembre scorso è stata proprio una piccola favola di Natale quella di cui sono state protagoniste le due classi quarte della scuola primaria in lingua italiana di San Giacomo che si sono recate presso la San Vincenzo del quartiere Don Bosco di Bolzano. I bambini,accompagnati da alcuni insegnanti, hanno potuto consegnare direttamente al presidente della San Vincenzo Roberto Argnani, una serie di biglietti di auguri e lavoretti natalizi, oltre a un litro di latte a lunga conservazione ciascuno, da aggiungere ai pacchi che sarebbero poi stati donati alle famiglie bisognose del quartiere.

Due anni di lavoro

Ma il progetto parte però da lontano: sono infatti due anni che le classi, con tutto il team insegnanti, stanno lavorando all’Agenda Onu 2030, secondo la quale l’Organizzazione delle Nazioni unite si è proposta – sottoscrivendo l’Agenda nel 2015 – di cercare di perseguire ben 17 obiettivi. Nello specifico, il progetto delle due classi – coordinato da Simone Bianchini, psicologo e referente del progetto per l’Aibi, l’Associazione italiana Amici dei Bambini – si è concentrato su un punto dell’Agenda, ovvero quello di sconfiggere la fame nel modo entro il 2030.

Si tratta di un obiettivo che, purtroppo, non solo non potrà essere raggiunto ma anzi, verrà con molta probabilità del tutto disatteso dal momento che negli ultimi anni, a causa anche della pandemia e delle nuove guerre, i nuovi poveri sono aumentati di molti milioni. Alla scuola primaria di San Giacomo si è però deciso di coniugare il tema della povertà con quello dello spreco alimentare: si è cercato infatti di sensibilizzare i bambini allo spreco di cibo che avviene ogni giorno sotto i loro occhi anche nelle stesse mense scolastiche, dove gli alimenti che vengono lasciati dai bambini nel piatto – spesso neppure toccati – non possono essere in alcun modo riutilizzati, finendo perciò a ingrassare solamente i già consistenti cumuli di rifiuti urbani prodotti quotidianamente.

Biglietti per i bisognosi

Parallelamente al discorso legato allo spreco, portato avanti da tutto il team insegnanti nelle ore dedicate all’educazione civica, nelle settimane che hanno preceduto le festività natalizie i bambini sono stati impegnati nella realizzazione di biglietti di auguri e piccoli lavoretti decorativi a tema natalizio, che avrebbero poi trovato posto nei sacchetti della spesa preparati dalla San Vincenzo per le circa 250 famiglie bisognose del quartiere Don Bosco di Bolzano.

Giovedì 21 dicembre quindi, l’intero gruppo di bambini ha potuto incontrare il presidente Argnani presso il punto di raccolta e distribuzione degli alimenti e consegnare il proprio lavoro. Il presidente ha così potuto spiegare ai bambini come funziona la distribuzione del necessario alle famiglie bisognose, che devono comprovare il proprio stato di necessità attraverso un’apposita documentazione attestante il reddito della famiglia.

Il banco alimentare sale in cattedra

Proprio mentre i bambini ascoltavano la spiegazione, hanno anche potuto vedere da vicino come funziona il meccanismo della solidarietà, grazie al signor Guido del Banco Alimentare che, proprio in quel momento, è arrivato per consegnare il “bottino” settimanale, ovvero alimenti recuperati da aziende e supermercati ancora consumabili ma non più commercializzabili. Grazie a questa filiera di solidarietà – insieme all’aiuto preziosissimo di tanti volontari – le centinaia di famiglie bolzanine in stato di bisogno riescono ad avere quotidianamente i beni di prima necessità, a volte insieme a cose più superflue ma comunque importanti come i giocattoli. Si è trattato di un’esperienza che ha toccato molto i bambini protagonisti che, con la consueta sensibilità della loro età, hanno stupito gli adulti presenti. Così Alessandro, rivolgendosi direttamente al presidente Argnani, ha spiegato che avrebbe voluto vendere i giocattoli che non utilizza più per raccogliere dei soldi, ma aveva invece capito che donarli a bambini che non hanno nulla gli avrebbe dato più gioia. Davide e Nicole dal canto loro hanno detto che non vogliono più sprecare il cibo. Nicole ha detto: “quando a cena non avevo più fame, ho mangiato lo stesso la pizza avanzata perchè non volevo buttarla”, mentre Aissa ha aggiunto: “ogni volta che non mangeremo qualcosa che abbiamo a casa dirò alla mamma di non buttarlo via ma di portarlo qui”. Patrick dal canto suo si è mostrato felice di sapere che le cose che hanno portato alla San Vincenzo andranno a allietare il Natale di famiglie bisognose e, in generale, tutti i bambini sono molto colpiti dall’altruismo respirato durante la giornata. Si è trattato, davvero, di un piccolo ma prezioso “miracolo di Natale”.

Libri, famiglia e studio

Sonja Pircher, venostana, madre di due figli, lavora in Biblioteca Civica dal 2012. Da quasi dieci anni è a capo della sezione di lingua tedesca. Appassionata di musica e letteratura, oggi affianca al lavoro e alla famiglia anche lo studio universitario.

Il tratto principale del mio carattere.

La curiosità.

La cosa che più mi piace di me.

Non mi arrendo facilmente.

Il mio principale difetto.

Faccio fatica a chiedere aiuto.

La mia gioia più grande.

Forse è una risposta scontata, ma sono i miei figli: Alexander e Katharina.

Da bambina sognavo di diventare…

Tante cose diverse: detective, archeologa, astronauta, avvocata.

Non sopporto…

Dover aspettare; la pazienza non è il mio forte.

Un libro da portare sull’isola deserta.

“In fuga” di Alice Munro.

La qualità che preferiso in un uomo.

La concretezza.

… e in una donna.

Sempre la concretezza.

Il pittore che amo.

Mark Rothko.

L’oggetto a cui sono più legata.

Sono più legata a persone e ricordi, che a oggetti.

Mi sono sentita orgogliosa…

Quando ho deciso due anni fa di iscrivermi nuovamente all’università con un lavoro a tempo pieno. Non è facile, ma mi dà tanta soddisfazione.

Il mio motto…

“Chi non sa nulla deve credere tutto” – Marie von Ebner-Eschenbach.

Dove mi vedo tra dieci anni.

Sempre in biblioteca, ma spero in una struttura più grande, adatta alle necessità e ai desideri dei nostri utenti.

Il paese dove vorrei vivere.

Un posto vicino all’acqua, non troppo freddo.

La mia occupazione preferita.

Quando ho tempo, cucinare qualcosa di particolare, meglio se in compagnia.

La massima stravaganza della mia vita.

Un viaggio a Stoccolma insieme alle amiche per sentire tre pezzi di una delle nostre cantanti preferite.

Di Merano apprezzo…

L’essere una città aperta, l’architettura, il verde e le persone.

L’errore che non rifarei.

Anche gli errori commessi hanno contribuito a fare di me la persona che sono, quindi nessuno.

La volta in cui sono stata più felice.

Durante un viaggio alle Maldive, quando abbiamo passato una giornata su un’isola deserta.

Chiara Caobelli