Sola Rinfreschi, e i primi librai in città


Per decenni la famiglia Sola Rinfreschi ha gestito in città bancarelle e negozi di libri, riportando in Alto Adige la vocazione del paese d’origine, il luogo dove nacque – tra l’altro – anche il celebre premio letterario Bancarella. Ripercorriamo questa storia insieme a Lorenzo Sola Rinfreschi, bolzanino depositario di questa memoria. 

Com’è nata la presenza libraria della sua famiglia a Bolzano?

Il tutto è nato con una bancarella  e con mio nonno. Era un banco di libri e giornali e si trovava in vicolo Parrocchia. Stiamo parlando di quasi cent’anni fa, il 1926. Mio nonno era scappato da Padova dove era emigrato da Piacenza e prima ancora dal paese d’origine, ovvero Montereggio di Mulazzo, in provincia di Massa Carrara in Lunigiana. Mio nonno ha continuato questa sua attività in un periodo logicamente molto complicato, ovvero quello dell’inizio del governo fascista anche a Bolzano. Lui era un socialista e – cosa ancora più interessante – per un anno o due ha pubblicato a Bolzano una rivista bilingue che poi è stato costretto a chiudere, perché per i fascisti non era ammissibile l’utilizzo della lingua tedesca, e a maggior traduzione le traduzioni. 

Che tipo di rivista era?

Si occupava di attualità e ovviamente anche di cultura. Di questa rivista non ci è rimasta nemmeno una copia. La notizia, anzi, è scaturita da una ricerca sviluppata a Piacenza dall’università sulle famiglie di Montereggio. 

Il banchetto è rimasto tale o c’è stata un’evoluzione in un vero e proprio negozio?

Mio nonno successivamente dopo la guerra ha aperto un chiosco in piazza del Grano, che forse molti ricorderanno perché è rimasto lì fino a quando è stato chiuso da me. In ogni caso ad un certo punto mio nonno ebbe una paresi e quindi aprì un negozio di libri sotto casa, ovvero in Via Alto Adige (ndr lì lo vediamo ritratto nella foto qui sopra), nel palazzo tutt’ora in piedi all’incrocio con Via Garibaldi. Il chiosco comunque rimase aperto e lì ci lavorava mia zia, la sorella di mio padre. Nel 1969 al chiosco è quindi subentrato mio padre che precedentemente aveva lavorato come bidello in una scuola in Via Cadorna e successivamente alla biblioteca civica.  

Insomma: la passione per i libri scorreva nel sangue della vostra famiglia…

Proprio così! Mio padre dal 1960 al 1966 aveva inoltre aperto un altro chiosco a Ponte Talvera, proprio davanti all’ingresso della biblioteca civica all’inizio e successivamente dalla parte di Theiner. E io mi ricordo da piccolissimo che andavo lì e anche al mercato del sabato, dove la famiglia era presente con un banchetto di libri. 

Il negozio di libri di Via Alto Adige nel 1966 si trasferì in Via Museo, vero?

Sì, nella galleria del Moro che ora non c’è più e che si trovava a due passi dall’attuale museo archeologico. Lì c’erano altri negozi particolari: un negozio di musica e un altro di articoli militari. 

Vendevate sia libri nuovi che usati?

Mio nonno vendeva anche libri nuovi, mentre mio padre libri usati. Facevamo compravendita. E avevamo anche libri in lingua tedesca per i quali c’era un certo mercato e avevamo anche qualche libro d’antiquariato. Facevamo molta più fatica con i libri italiani. All’epoca Bolzano non era una città universitaria ed era frequentata poco anche dai turisti, quindi non era facile… C’era chi, anche in famiglia, diceva a mio padre che era stato pazzo a venire via dal Comune. Ma c’era di mezzo una grande passione…

Facciamo un ulteriore passo indietro. I genitori di suo padre non erano sposati e dunque suo nonno aveva un altro cognome, ovvero Rinfreschi. Prima di venire a Bolzano aveva avuto una casa editrice a Piacenza, seguendo le orme di altri compaesani emigrati dal paese d’origine in Lunigiana. Com’è nata la vocazione libraria di Montereggio di Mulazzo?

In origine i paesani avevano due tipi di attività. Erano boscaioli oppure commercianti ambulanti di pietre per affilare le lame. Ad un certo punto nella prima parte dell’800 ci fu una crisi economica e allora questi ambulanti cominciarono a incontrare i carbonari mazziniani e si diedero anche alla vendita, naturalmente clandestina, dei loro opuscoli. Da lì poi queste famiglie si sono stabilite in quasi tutto il nord Italia, fondando librerie, tipografie e qualcuno – appunto come il mio bisnonno Antonio, il padre di Lorenzo – anche case editrici. 

La memoria della vocazione libraria di Montereggio, ad un certo punto è stata riscoperta anche nel paese, vero?

Altroché, tant’è vero che proprio a Mulazzo nel 1953 è stato fondato il premio Bancarella, all’ombra della torre dei Malaspina dove abitò Dante Alighieri, dopo la fuga da Firenze. Mio nonno Lorenzo fu l’ispiratore del premio che poi venne trasferito nella vicina Pontremoli. Negli ultimi decenni anche a Montereggio sono iniziate le iniziative che hanno riportato alla memoria l’origine della vocazione libraria degli abitanti del paese, e molti loro discendenti hanno ripercorso a ritroso quei passi, riconnettendosi tra loro.

La storia delle bancarelle e delle librerie della famiglia Sola Rinfreschi a Bolzano verrà ripercorsa nell’ambito di un incontro pubblico al Teatro Cristallo di Via Dalmazia 30, che si svolgerà venerdì 22 novembre con inizio alle ore 18. La conferenza, ospitata dalla Sala Giuliani, vedrà la partecipazione di Lorenzo Sola Rinfreschi e Giacomo Maucci, curatore del libro ”La storia di Montereggio Paese dei librai”.

Autore: Luca Sticcotti

Con il beatbox la musicava a colpi di voce


Il beatbox è una disciplina artistica, nata alla fine degli anni ’70 a New York, che consiste nella capacità di riprodurre musica attraverso l’uso della voce. Si tratta di un fenomeno collegato alla cultura hip hop e che sta appassionando sempre più giovani. Matteo Pace, giovane bolzanino, è uno tra questi, più precisamente il migliore d’Italia nel 2024. Oggi andremo a scoprire assieme questa forma d’arte e a conoscere meglio la storia di Matteo.

Ci dici chi sei? 

Sono Matteo Pace, in arte Dynamatt, ho vent’anni e sono nato a Bisceglie in Puglia. Poco dopo mi sono trasferito a Bolzano e da allora vivo e lavoro qui. Il mio percorso scolastico è stato particolare, ho sempre saputo dentro di me che la mia strada sarebbe stata diversa da “scuola-diploma-lavoro” o “scuola-diploma-università” quindi decisi di abbandonare la scuola in quarta superiore, per concentrarmi sul beatbox. All’inizio accompagnavo la mia grande passione ad un lavoro a tempo pieno. Oggi mi occupo principalmente di spettacoli, lezioni private ed eventi in generale, e solo qualche giorno lavoro come dipendente. 

Come ti sei avvicinato al beatbox?

Mi sono avvicinato grazie ai talent shows in televisione. Solo tre anni fa guardavo con grande ammirazione video di beat boxer famosi come Moses e Amir, oggi posso esprimermi sui grandi palchi come loro.

Hai seguito lezioni?

No, tutto ciò che ho imparato è stato grazie a qualche video online messo assieme a tanta pratica. Mi alleno dalle tre alle sei ore al giorno, per imparare nuovi suoni e migliorare quelli che già conosco.

Il ricordo più bello legato al beatbox?

Il ricordo che ho più impresso è sicuramente la partecipazione al festival studentesco; , mi sono esibito davanti a migliaia e migliaia di persone, è stato davvero emozionante.

Che titoli hai vinto?

Per ora ho il titolo di campione italiano sia in singolo che in coppia (vinto quest’anno ai campionati italiani a Marghera) e il titolo di vicecampione italiano e internazionale nel 2023. Dopo il titolo italiano, sto avendo la possibilità di fare almeno un torneo al mese. 

Qual è il tuo cavallo di battaglia che non può mancare in un torneo?

Mio cavallo di battaglia sono le combo, quindi più suoni insieme, tanti fischi diversi in concomitanza a dei bassi, per creare un miscuglio di frequenze davvero impattante. 

Qual è la reazione delle persone che ti ascoltano per la prima volta?

Rimangono inizialmente stupiti, non credendo a ciò che stanno sentendo, poi iniziano ad apprezzare la musica e a ballare. Tutto ciò mi riempie il cuore di gioia. 

Tutti possono fare beatbox?

Tutti possono imparare a fare beatbox, ma tutti abbiamo allo stesso tempo una struttura vocale diversa. Quindi, certi suoni risulteranno più difficili per qualcuno e più facili per altri.

Il tuo prossimo obiettivo?

Far conoscere la magnifica arte del beatbox a più persone possibili, ispirando ragazzi e ragazze, e facendo sempre più spettacoli davanti a sempre più gente. 

Autore: Niccolò Dametto

Una vita da filologo romanzo


Il professor Mattia Cavagna, bolzanino, ma anche parigino e bruxellois, racconta come ha scoperto la filologia romanza, di come ne abbia fatto la sua professione e di come la sua vita si evolva all’insegna della ricerca e della scoperta. Di luoghi, di persone e di nuovi punti di vista.

Da dove nasce la tua passione per la filologia romanza?

Quando mi sono iscritto a lettere non avevo mai sentito il termine “filologia”, poi ho incontrato un professore con un approccio interessante: riusciva ad attualizzare delle problematiche di questa disciplina. Per me la storia di ognuno di noi è una storia d’incontri e con questo professore c’è stato un colpo di fulmine. La filologia è affascinante perché ti permette di analizzare manoscritti mai letti e di scoprire nuove cose; ti insegna inoltre ad attualizzare i problemi, ad esempio, riconoscere le fake news è filologia: è la distinzione tra la copia d’autore e quella del copista, cambia la terminologia, ma le problematiche restano le stesse.

Hai sempre avuto l’obiettivo di insegnare all’università?

Questa volontà è maturata molto presto, quando ho capito che la filologia romanza è una materia grezza in cui c’è moltissimo da scoprire ho compreso che era davvero quello che volevo fare. È stato interessante: mi sono appassionato all’antico francese — la tappa intermedia tra latino e francese moderno, tappa che manca all’italiano e spagnolo — e ho imparato prima quello del francese moderno.

Quanto è stato importante l’Erasmus nella tua carriera?

Importantissimo. L’Erasmus non è un viaggio, è un’esperienza in un’altra realtà che ti forma da moltissimi punti di vista. Lo dico sempre ai miei studenti: l’Erasmus è incontournable (non ci puoi girare attorno). Dopo l’Erasmus sono tornato in Italia a laurearmi, per poi ritornare subito a Parigi dove ho lavorato al Louvre, ho conseguito il Diplôme d’études approfondies, tappa intermedia tra la tesi di laurea e il dottorato che ho vinto a Bologna in cotutela con Parigi. Non sono più tornato in Italia per la differenza dello statuto dei dottorandi, ai miei tempi più considerati in Francia; ora insegno a Bruxelles all’Université catholique de Louvain e lì sono rimasto.

Hai mai pensato di tornare in Italia?

Non mi sono mai sentito esiliato: Bolzano è casa mia come lo sono Parigi e Bruxelles. Sono sempre in Italia. L’Universitas esiste: l’Erasmus c’è anche per gli insegnanti, vengo a insegnare almeno due volte a semestre in Italia, come, spesso, vado anche all’estero; sono stato in Brasile, in Vietnam e prossimamente andrò a Shanghai.

Qual è l’esperienza extraeuropea che ti è dato di più?

Quando esci dall’Europa sei obbligato a varcare i confini della tua ricerca, nel mio caso la filologia romanza stricto sensu, e devi adattarti al pubblico e alle sue istanze: sono nuove esperienze culturali e umane, ma anche scientifiche, ti lanciano nuove sfide con cui anche i tuoi corsi vengono arricchiti. In Brasile ad esempio ho incontrato persone meravigliose che leggono Cicerone attraverso Valla e Bruni e si interrogano sul ruolo dell’umanismo civico nel Rinascimento. Sono rimasto a bocca aperta. Lì ho incontrato persone di una grande umanità ed erudizione, gli studenti capiscono il valore profondo dei libri e dell’approfondire il più possibile.

Autrice: Anna Michelazzi

Giocando con la palla ovale, tra rispetto e lealtà


Quindici giocatori, un campo da cento per settanta metri, una palla ovale e tanta grinta; questo è il mondo del rugby e i ragazzi del Bolzano ne sanno qualcosa. La loro società nasce a cavallo degli anni ‘70 con le prime partite giocate allo stadio Druso contro le compagini venete. Nella sua storia, la squadra ha cambiato diverse volte nome. Sin dal primo momento di crescita più significativo, dal 2004 in poi, la società era conosciuta come Sudtirolo Rugby.  Recentemente, ha deciso di riprendere il suo nome originario: Bolzano Rugby.

Dopo i primi anni duemila la società ha cominciato a costruire e lavorare su un vero e proprio vivaio giovanile che le ha consentito di arrivare, ad oggi, a circa duecentocinquanta tesserati in tutte le categorie dalla under sei alla categoria old, sia maschili che femminili. Riprendendo il nome storico degli anni ‘70, il Bolzano Rugby, è oggi pronto per cominciare una nuova sfida e continuare il suo percorso di crescita, con la nuova prima squadra iscritta nel campionato di serie C della Federazione Italiana Rugby e con tutte le categorie giovanili impegnate nei campionati interregionali del Triveneto. 

Dopo vent’anni di storia, fango e sudore, la società ha deciso di cambiare denominazione sia per la presenza di altre realtà rugbystiche in provincia sia per identificarsi maggiormente con la nostra città, rendendo omaggio al capoluogo e alla comunità che ha sempre fatto sentire il suo calore e il suo supporto. Se a prima vista il rugby può sembrare uno sport molto aggressivo, la realtà è ben diversa. Si tratta di uno sport di contatto è vero, ma il rispetto, ne è alla base. Lo conferma il presidente dell’ex Sudtirolo Rugby, Massimo Fontana “E poi c’è il terzo tempo…” – racconta Massimo – “Quel momento che questo sport non salta mai. Dopo una partita, magari molto combattuta e dura, chi ti ospita offre da mangiare e da bere e ci si ritrova tutti assieme a condividere il momento forse più bello di questo sport. Si fanno e si ricevono complimenti per il bel placcaggio, per la bella azione o per il bel passaggio fatto o subito. Strano, vero? Ma è proprio così: le regole sul campo trovano proprio nel terzo tempo la massima espressione come il rispetto, la correttezza e la lealtà che sono alla base del gioco e direi anche oltre.”

Il Bolzano Rugby si allena da ormai cinque anni allo stadio “Europa” in via Resia, l’unica struttura cittadina a poter ospitare partite di rugby federali ma che ad oggi risulta un po’ antiquata. Lo stadio abbisogna di importanti interventi di rifacimento del manto sintetico, ormai giunto a fine vita tecnica, per garantire la miglior qualità possibile delle partite in casa del Bolzano. È una grande preoccupazione da parte di tutte le società che si allenano allo stadio Europa, visto soprattutto l’avvicinarsi della stagione competitiva.

La società è sempre pronta ad accogliere nuovi giocatori da inserire nelle sue squadre. “Il nostro è uno sport proprio per tutti, in mischia serve il più robusto, nei trequarti il più agile e scattante, in mediana (diciamo la regia per intendersi) chi è anche capace a calciare. Sin da piccoli i nostri giovani atleti prendono coscienza che alla squadra servono gli uni e gli altri”, continua Massimo.

Per chiunque voglia conoscere e avvicinarsi a questo sport di valori veri, si possono trovare tutte le informazioni sul sito www.bolzanorugby.it o scrivendo a info@bolzanorugby.it o chiamando il numero 351 8355285.

Autore: Niccolò Dametto

Teatro Cristallo: al via la stagione 24/25

INSERZIONE PUBBLICITARIA – “Diffondiamo bellezza”: un programma ricco e diversificato da settembre a maggio.

Prosa, concerti, spettacoli per bambini, il meglio del teatro amatoriale, corsi, laboratori, incontri e presentazioni di libri: una stagione da non perdere quella del Teatro Cristallo!
Il cartellone è realizzato grazie al supporto dell’Assessorato alla Cultura Italiana della Provincia Autonoma di Bolzano, dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Bolzano, della Regione Trentino Alto Adige. Tra i principali sponsor figurano la Fondazione Cassa di Risparmio e Alperia Spa ai quali si aggiungono anche ITAS Mutua e Despar, Interspar ed Eurospar. Un grazie per il sostegno va a: Cassa di Risparmio di Bolzano, Avis Bolzano, Caaf CGIL, Printyway, Zorzi, Radio Sacra Famiglia inBlu, Audiotek, Cittadini dell’Ordine, Mc System, C.S.U., Hypo Leasing Voralberg, Lars Communication, Studio Alfa, Family Salus, Elena Hair, Studio Santoro, Koch Ohg, B&R Service ed Estel Deko, la ditta che si è occupata di sostituire il primo settore delle poltrone della platea del Cristallo.
“Diffondiamo bellezza” è il leitmotiv che vuole portare al centro il fascino dello spettacolo dal vivo e l’importanza del confronto, così come ci hanno insegnato grandi menti dell’Italia moderna, da Franco Basaglia, al quale è dedicato il primo spettacolo di stagione (il 02/10) “(Tra parentesi). La vera storia di un’impensabile liberazione”, a Tina Anselmi, alla quale è dedicato un omaggio (il 3/10) che vedrà dialogare insieme Rosy Bindi e Anna Vinci.
Grande attesa per i Racconti di Musica de L’Obiettivo: l’08/10 Paola Turci, accompagnata da Gino Castaldo presenterà “Il tempo dei giganti”, il triennio d’oro della canzone italiana (1979-1981). Seguirà, il 12/11, il concerto di Niccolò Fabi, Discoverland, e quello di Maurizio Vandelli il 29/11. A Natale ci sarà il Gospel con Meachum Clarke e True Purpose mentre il 24/01 la Merano Pop Symphony Orchestra proporrà il repertorio dei Beatles. Chiuderà la rassegna, il 28/02, “Alla ricerca dell’uomo ragno” di e con Mauro Repetto.
Per il pubblico dei piccoli pronta la rassegna “Il teatro è dei bambini” di teatroBlu, con “Caro Lupo” (il 26/10), poi “Piccoli principi e principesse” (il 09/11) e la nuova produzione di teatroBlu “Vassilissa la bella” (il 23/11). La rassegna include classici rivisitati come “Le nuove avventure dei Musicanti di Brema” (il 14/12) o “Cipì”, tratto dalla penna di Mario Lodi (il 22/02). Spazio anche al teatro circo con “Boa” (l’11/01) e spettacoli delicati e simpaticissimi, come “Punto e punta” (il 25/01) e “Acquerello il mio asinello” (l’08/02). TeatroBlu organizza anche un ciclo di conferenze sulle emozioni col Servizio Psichiatrico del Comprensorio Sanitario di Bolzano nonché una serie di corsi e laboratori per bambini, giovani ed adulti.
Molto apprezzata è poi la rassegna del Cristallo “In Scena”, realizzata col TSB per le date di prosa e col Centro Servizi Culturali Santa Chiara per quelle di danza. Apre Elio, il 23/10, con il suo “Quando un musicista ride”, seguito da “Otello, di precise parole si vive” con Lella Costa. Il 4/12 ci sarà “Tango Gala” con otto tangueros argentini e italiani mentre l’11/12 Mario Perrotta presenterà il suo “Come una specie di vertigine”, dove interpreta il Nano di Calvino. Il 23/12 ci sarà “Lo Schiaccianoci” del Balletto di Siena mentre il 21/01 Caterina Guzzanti in “Secondo lei” narrerà le dinamiche nascoste che regolano i rapporti all’interno di una coppia. A febbraio due spettacoli dedicati all’ambiente: il 5 la Banda Osiris e Telmo Pievani in “Allegro Bestiale” ed il 19 Gli Illusionisti della Danza presenteranno “H2OMIX”, spettacolo sostenuto da Alperia Spa. Il 20/02 Serena Sinigaglia dirigerà 12 donne ne “L’Empireo” ed il 3/03 Amanda Sandrelli e Gigio Alberti saranno i protagonisti di “Vicini di casa”. Chiuderà la danza “Amour, acide et noix” (il 19/03) con la compagnia canadese DLD. Il 22/03 andrà in scena “Sissi. L’Imperatrice”, il racconto dell’inquieta vita dell’Imperatrice Elisabetta d’Austria. Il 28/03 è in calendario “Caravaggio. Di Chiaro e di Oscuro” con Luigi D’Elia. Il 09/04 Chiude “Un gioco senza amore” che racconta la storia di una famiglia distrutta dal gioco d’azzardo.
Brillante la rassegna “Buona domenica a teatro” della Uilt: dieci i titoli, con musical, come “Forza venite gente” della Compagnia Strapaes (il 06/10) o “Belle & Beast. La Bella e la Bestia” con la compagnia Voci dal Nord (il 17/11), spettacoli comici come “Feisbuc Sister Cianel” della Filo di Laives (il 27/10), “L’usèl del marascial” (il 3/11) o “Tu per colpa del pizom”. Spazio per i classici come “Buon Natale”, presentato da Luci della Ribalta (il 15/12) o “Il teatro comico” di Goldoni (il 16/02). In cartellone anche nuove compagnie come Guildy con “Il libraio che ingannò l’Inghilterra” (23/03), spettacolo vincitore di “FUTURA”, la residenza artistica organizzata dal Comune di Bolzano. Infine, due proposte extra, ossia il concerto “Lucio&Lucio” (il 15/03) e Ballet & Theater Magic con l’Anastasiya Ballet School (il 25/05).
A tenere alta al Cristallo l’attenzione sui temi della diversità è il Teatro la Ribalta: il primo appuntamento è con “Circo Kafka” di Roberto Abbiati di Teatro Metastasio (il 13/12), poi appunto “Caravaggio. Di chiaro e di oscuro” (28/03) e lo spettacolo “Solo Goldberg Variations” della compagnia di Virgilio Sieni, emblema delle ricerche sul corpo e sui linguaggi della danza e dell’arte. Inoltre, sempre la Ribalta propone un laboratorio di scrittura d’esperienza diretto da Lea Melandri e destinato alle donne (il 23/11).
Sempre le donne sono al centro di “Everyday Women’s Day”, percorso che il Cristallo realizza in collaborazione coi Consultori Kolbe e Aied, il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio e Itas Mutua. Il 25/01 è previsto “Il ciclo che spettacolo”, laboratorio con Gaia Mureda per ragazzine dai 10 ai 12 anni che “mette in scena” ciò che accade nel corpo femminile durante lo sviluppo. Il 28/01 Gianna Coletti presenterà “Mamma a carico. Mia figlia ha novant’anni”, un monologo sul rapporto tra una donna di cinquant’anni e la sua anziana madre. Il 02/02 Chiara Francini si abbandonerà ad una trascinante confessione autobiografica mentre il 01/03 ne “Il Sen(n)o” Lucia Mascino racconterà i danni dell’esposizione precoce alla sessualizzazione e alla pornografia nell’era di internet. Il 20/03 verrà presentato il docufilm di Alessandro Pasian e Francesco Guazzoni “Il coraggio delle libertà” sui settant’anni di Aied ed il 27/03 la psicoterapeuta Giada Mondini terrà una serata sul tema dell’amore sofferto e le relazioni tossiche. Sempre in questo percorso sono previsti anche due appuntamenti “pratici” con Roberto Crivellari e Camilla Koob sul tema della gestione dei rischi familiari. Dedicato alla prevenzione degli abusi e delle violenze di genere è “Insieme contro la violenza di genere” realizzato dal Teatro Cristallo, dal Cristallo Young e da Unicef Bolzano in collaborazione con il Comune di Bolzano, Gea, Assb e la Polizia di Stato e con il sostegno di Despar, Eurospar, Interspar. Ospite d’eccezione sarà Gino Cecchettin, padre di Giulia, che presenterà il suo libro “Cara Giulia. Quello che ho imparato da mia figlia” (13/11 ore 18 e 14/11 matinée per le scuole). Il 22/01, invece, è previsto il docufilm di Giovanni Soldini e Giovanna Mainardi “Un altro domani”. Per “Le vie del sacro”, percorso che il Cristallo cura con Acli sede provinciale di Bolzano (grazie al finanziamento del 5X1000 Irpef – annualità 2023) e con la Diocesi di Bolzano-Bressanone sono previsti una mostra sull’Architetto Barluzzi: “Chiese e Santuari in Terra Santa” a cura di Enrico Pedri, una serata dedicata a Maria di Nazareth “Rosa Mystica” con Sandra Passarello e D’Altrocanto Duo (28/11), la proiezione del film “Across” con la regista Irene Dorigotti (13/03), presentazioni di libri come “Un giorno tutto questo sarà tuo” (18/11) con Lidia Ravera o “Teologia morale, sessuale e familiare. Una prospettiva di etica relazionale” con padre Martin Lintner (17/03), lo spettacolo teatrale “Rumba” (24/03) di Ascanio Celestini su San Francesco d’Assisi e due conferenze della Società Dante Alighieri di Bolzano curate dal prof. Gregorio Vivaldelli su Dante Alighieri “Con il bene vinci il male” (11/11) e “Libertà va cercando” (25/03). “Madre Terra” quest’anno propone la collaborazione con Fondazione Altromercato per una serata, l’11/10, (conferenza + show cooking) sul Guatemala, la proiezione di un documentario dedicato all’Alto Adige, “Dodici di noi” (21/11) e “Naufraghi senza volto” con Laura Curino e Renato Sarti, in scena il 02/04, dedicato ai profughi morti in mare. “Tutta tua la città” quest’autunno si concentrerà invece sulla famiglia Sola Rinfreschi e su “La storia dei librai erranti a Bolzano” (il 22/11). Il percorso “Sentieri culturali” dedicato alla montagna, realizzato con il CAI-Sezione di Bolzano, offre due appuntamenti, uno “La cura della pelle in montagna” il 17/10 e l’altro “Camminare in città”, il 06/02. Con “Note leggere” invece il Cristallo propone intrattenimento, divertimento e concerti: si parte il 04/10 con “Tribute to the Blues Brothers” per proseguire con il monologo di Lucio Gardin sul vino e le sue virtù fino al musical “Grisù. Un drago senza paura!” per i 60 anni del draghetto pompiere. Con Unicef Bolzano il Cristallo collabora per “Uniti per i bambini” ed ha in calendario moltissimi appuntamenti: da Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta che presenterà “Allenare alla vita”, un incontro realizzato grazie alla collaborazione con le OfficineVispa di Bolzano, alla ripresa del format teatrale di San Patrignano pensato per le scuole e gli adolescenti “Il posto giusto”, una lotta contro gli abusi di sostanze mentre il maestro Franco Lorenzoni presenterà il suo libro “Educare controvento”. Unicef Bolzano collabora anche alla realizzazione di numeri laboratori del Centro Giovani Cristallo Young che ha un ricco programma di proposte per bambini, giovani e anche adulti da ottobre in poi.

Teatro Cristallo
www.teatrocristallo.it
Orari di cassa: lun al ven 16.30 – 18.30, gio e sab 10 – 12 e un’ora prima di ogni spettacolo

Gianna Tosello e la sua esperienza con il tumore al seno al servizio delle donne

Anche se molto conosciuta come artista Gianna Tosello preferisce definirsi “creativa”.

Nata a Sarajevo, da padre italiano e madre slava giunge a Merano da bambina. Da giovane dopo le scuole superiori frequentate a Merano intraprende i suoi studi a Milano diplomandosi presso l’Istituto di abbigliamento Marangoni e come modellista presso l’Istituto Callegari. Ne scaturì una intensa attività lavorativa come stilista di abbigliamento a Milano, Roma e Torino ma nel 1992 decise di rientrare a Merano dove continuò la sua attività di stilista e aggiunse quella di artista. Come artista è soprattutto il mondo delle donne ad interessarla e speciale è la sua attenzione sui fatti di violenza contro le donne. Le sue opere diventano veri e propri moniti, richiami contro la violenza, richieste di aiuto per tutte quelle donne che si trovano in difficoltà. Ed è nuovamente un grido d’allarme che muove l’intervista di oggi. Dopo aver vissuto quest’inverno in prima persona il tumore al seno Gianna ha deciso di parlarne nella speranza che la sua esperienza possa essere d’aiuto ad altre donne. In Italia si ammalano circa 45 mila donne all’anno e anche in Alto Adige sono più di 400. Gianna intende infatti rivolgersi alle donne -amiche o sconosciute- ma donne, e consigliarle a prendersi cura di sé e dedicare il tempo necessario ai controlli periodici di screening. Quando la diagnosi le ha scosso la quotidianità piena di arte e di bellezza, Gianna Tosello si è rivolta con fiducia al chirurgo meranese -ma in servizio all’ospedale di Bolzano- con all’attivo 3.560 interventi di cui 1.800 al seno, Romano Polato. Il chirurgo Polato è infatti il responsabile della “Breast Unit” del San Maurizio formata da 25 specialisti che lavorano in equipe. L’Unità senologica del San Maurizio che ha iniziato il suo percorso sin dal 2010 è certificata Eusoma, ossia i criteri che garantiscono la qualità degli interventi diagnostici e terapeutici provvedendo a tutte le discipline specialistiche previste. Una donna operata in un Centro certificato Eusoma ha il 10% in più di possibilità di sopravvivere rispetto ad una paziente trattata altrove.

Perché ha deciso di parlare apertamente della sua esperienza?
Troppo spesso incontro donne, soprattutto molto giovani, che trascurano l’autopalpazione quotidiana e i controlli periodici al seno come la mammografia. Altre volte incontro donne prese dal panico alla scoperta di un nodulo.

Cosa ha provato davanti alla diagnosi che Le è stata fatta?
Razionalmente, quasi con fatalismo; a 72 anni le probabilità di trovare qualche problema di salute è alto. Una donna su quattro rischia un tumore, e io non faccio eccezione, lo stupefacente era che si trattava di recidiva di due tumori operati con successo diciotto anni prima, di cui conservavo solo una modesta cicatrice. I cinque anni canonici dopo i quali dovresti essere fuori pericolo, nel mio caso sono stati un dato relativo. Realisticamente; oggi la mortalità è molto diminuita, la scienza ha fatto passi da gigante. L’unica cosa che mi spaventava era la chemio, che fortunatamente non ho dovuto fare; il tumore era stato preso in tempo proprio grazie ai controlli fatti al reparto di senologia dell’ospedale dove ho trovato personale meraviglioso e una dottoressa ecografa estremamente accurata, responsabile ed umana.

Si è rivolta con fiducia al dottor Romano Polato, lo conosceva o ne aveva sentito parlare?
Ho cominciato ad informarmi sul dove e soprattutto da chi farmi operare. Sono arrivata al dottor Polato attraverso un paio di amiche sue ex pazienti. Fin dal primo incontro ho avuto fiducia in lui. Ulteriori controlli hanno rivelato un altro carcinoma all’altro seno, per cui a questo punto è stato necessario procedere alla mastectomia bilaterale totale, con ulteriore svuotamento di un cavo ascellare, il linfonodo Sentinella era positivo. Al di là del danno estetico, a cui si può rimediare con la ricostruzione, nel mio caso l’intervento non è stato doloroso, o particolarmente complicato, ma ho seguito con cura tutto l’iter consigliato dall’equipe e eseguito con anche gli esercizi consigliati dopo l’intervento.

Cosa si sente di consigliare alle donne?
Non farsi prendere dal panico, oggi fortunatamente non è più una sentenza di morte o l’annuncio di dolori atroci. è però molto importante informarsi e non avere timori o pudori di parlarne con chi ha già vissuto l’esperienza, ed è in grado di dare qualche consiglio e fornire qualche dritta. è importante interiorizzare che siamo tutte sulla stessa barca, parlarne è importante e può essere un grande aiuto.

Lei si sta rivolgendo alle donne di una particolare fascia di età?
Mi rivolgo a tutte le donne che abbassano la guardia, anche le ventenni che essendo molto giovani credono di non correre rischi. Anche se il periodo ritenuto più a rischio è quello della menopausa, nessuno è esente, neppure le ultraottantenni. Ciò che noi donne dobbiamo interiorizzare è che è importante arrivare in tempo e ciò è possibile solo se ci imponiamo di “essere regolari nei controlli!”.

Cosa consiglia ai compagni delle donne colpite da tumore al seno?
Personalmente sono molto fortunata, il mio compagno ha saputo starmi vicino in ogni fase sostenendomi e facendomi sentire importante. A tutti gli uomini raccomando presenza, vicinanza e ovviamente amore, panacea di tutti i mali.

Redattrice: Rosanna Pruccoli

Meditare nella natura

Il primo percorso in Italia di mindfulness si trova in Alto Adige, più precisamente sul Monte Golfrion, sui pendii delle Dolomiti a 1872 metri di altitudine. Il percorso – liberamente percorribile da chiunque – è stato ideato dallo Psicologo del Benessere e Istruttore Mindfulness Thomas Bernagozzi che oggi andremo ad intervistare per conoscere meglio il progetto.

Ciao Thomas, raccontaci qualcosa di te…
Sono nato e cresciuto a Bolzano, ho fatto il liceo qui e prima di iniziare l’università ho deciso di prendermi un anno sabbatico in giro per il mondo per fare delle esperienze sia lavorative che di vita che mi permettessero di scegliere poi in maniera più consapevole il mio percorso di studi. Grazie alle esperienze fatte in Australia e in Irlanda mi sono approcciato all’esperienza della meditazione e della mindfulness. Quando sono ritornato in Italia ho iniziato il percorso di studi a Milano di psicologia e poi ho svolto la magistrale in psicologia per il benessere. Parallelamente ho fatto anche il percorso per poi diventare istruttore di mindfulness, e quindi il percorso per divenire psicoterapeuta.

Come ti sei avvicinato al mondo del benessere ambientale?
Già a livello universitario avevo iniziato a proporre progetti, corsi e seminari per quanto riguarda la promozione del benessere psicologico attraverso l’ambiente architettonico, collaborando con designer e architetti per creare ambienti di benessere per aziende, ospedali, alberghi e luoghi per privati.

Perché hai deciso di creare un percorso di mindfulness ad Obereggen?
L’ambiente che promuove più benessere, e si è visto dagli studi, è la natura. Ho iniziato a proporre dei primi corsi di mindfulness nei parchi da me a Milano, ma nel 2021 sono tornato per un po’ a Bolzano (la mia vita ancora adesso si divide tra Bolzano e Milano) e sono entrato in contatto con la società impianti di Obereggen per proporre delle attività in natura di meditazione. Successivamente con Thomas Hundertoller siamo andati sul luogo per trovare i vari spot dove fare queste esperienze e ho scoperto il monte Golfrion, un posto devastato dalla tempesta Vaia su cui era già presente un sentiero che è stato utilizzato dalle macchine e dalle pacchere per risistemare l’ambiente. Ho percepito da subito questo luogo come un posto mindfull; quindi, è stato molto facile scrivere le meditazioni e creare questo progetto.


Che cos’è Mindfull Latemar?
Mindfull Latemar è il primo sentiero immersivo di mindfulness in Italia. Altrove si possono fare esperienze di mindfulness e meditazione ma un sentiero vero e proprio strutturato e fruibile sia con un istruttore che da soli con l’ausilio un’App gratuita per lo smartphone non esisteva. È una vera e propria esperienza di benessere, come piace identificarlo a me; meditare nell’ambiente naturale ci permette di percepire maggiormente il contatto con la natura.

Che cos’è la Mindfulness?
Non è nulla di trascendentale: significa consapevolezza, in italiano. è la consapevolezza dell’essere presenti nel qui e nell’ora; qualcosa che noi facciamo poco, perché siamo sempre proiettati in avanti e indietro nei nostri pensieri.

Il percorso come funziona?
L’esperienza dura circa due ore ed è raggiungibile partendo direttamente da Obereggen o in alternativa partendo da Predazzo o da Pampeago. Il percorso ha diciotto stazioni e in ogni stazione si fanno delle meditazioni realizzate su misura per ogni luogo. Il sentiero è aperto a tutti e alla portata di tutti. Stiamo parlando di bambini, adulti, anziani e famiglie. Chiunque può fruire di questo percorso meditativo.

Cosa ci si porta a casa grazie a questa esperienza?
Quello che dico sempre è che il vero cammino inizia dopo questa esperienza: è molto facile essere consapevoli quando si è immersi nella natura, staccati dal mondo. Diventa più difficile quando si torna in città dove c’è molto più stress. Poi però chi svolge il percorso capisce che la meditazione è qualcosa che si può praticare ogni giorno e che può avere un impatto anche sugli altri.

Redattore: Niccolò Dametto

Un’astista a Innsbruck

Due ori ai campionati italiani U18 e U23, due argenti ai campionati italiani U16, un bronzo agli italiani U23 e una doppia partecipazione ai campionati europei. Lei è Nathalie Kofler, la più forte astista in regione. Abita a Lana, ma studia a Innsbruck. Segni particolari? Le piace volare in alto! Oggi andremo a scoprire qualcosa di più sulla sua vita e a conoscere meglio il salto con l’asta.

Ciao Nathalie, raccontaci in breve chi sei…
Sono Nathalie Kofler, ho 23 anni e sono detentrice del record altoatesino nel salto con l’asta. Sono nata e cresciuta a Lana, ho frequentato le scuole a Merano con indirizzo FOS Biotecnologie con indirizzo sport e alimentazione e, successivamente, ho iniziato a studiare questi due ambiti a Innsbruck.

Quando ti sei avvicinata al mondo del salto con l’asta?
Nel 2012 ho iniziato a praticare l’atletica leggera e ho subito scoperto che il salto con l’asta sarebbe stata la disciplina che avrei praticato. Tuttavia, nei primi quattro anni non l’ho fatto regolarmente, perché praticavo anche le prove multiple. Nel 2016 sono arrivata seconda ai campionati italiani cadetti e ho deciso di concentrarmi esclusivamente in questa disciplina, il che significava allenarmi anche in inverno, fuori al freddo, perché in Alto Adige un impianto indoor dove si può saltare non c’è… purtroppo.


Ultimamente hai stabilito il tuo nuovo personale… come ti senti?
Mi ho sentito molto grata e sollevata, ma non completamente soddisfatta. Sono tornata da due anni difficili, ho avuto un grave infortunio dove mi sono fratturata la quarta vertebra lombare. Sono molto fiera di me stessa per aver continuato a lavorare e per non aver mai perso la fiducia in me stessa.

L’asta è una delle discipline più tecniche dell’atletica leggera, quali sono le cose più difficili che fai mentre salti?
Dico sempre che il salto con l’asta è come un enorme puzzle! Ci sono tantissimi aspetti tecnici ma anche mentali da tenere in considerazione. Le due cose più importanti sono la rincorsa e lo stacco. È fondamentale avere uno stacco alto, forte e non troppo distante o vicino per poi lavorare bene nella fase d’infilata. Devi mettere assieme tutti questi pezzi per poter saltare in alto e con costanza.

Quante volte a settimana ti alleni e cosa fai durante gli allenamenti?
Dipende dal periodo, ma normalmente mi alleno sei volte alla settimana per circa tre ore a sessione. In preparazione, gli allenamenti sono più intensi, anche con più sessioni, mentre durante la fase delle gare facciamo tutto il necessario per farmi sentirmi veloce, forte e pronta. Gli allenamenti comprendono sessioni di tecnica, sessioni di velocità, sessioni di palestra in combinazione con esercizi di pilometria e sessioni di ginnastica artistica. Poi ci sono le gare.

Il territorio in cui vivi ti ha aiutato nel raggiungere i tuoi risultati?
Ho iniziato ad allenarmi a casa mia, a Lana, ma sapevo che sarei dovuta andare altrove per raggiungere i miei obiettivi. Non abbiamo strutture al coperto in Alto Adige, e allenarsi al freddo tutto l’inverno è molto difficile. Per questo motivo, ho deciso di trasferirmi a Innsbruck e farmi allenare dal mio attuale coach Thomas Neuhauser. Sono molto grata di tutto questo e della squadra che mi supporta sempre!

Che cosa ti piace di più di questo sport?
Mi piace perché questo sport è davvero complesso. Non è mai noioso e richiede allenamenti molto vari. Non devo solo saper saltare con l’asta, ma anche essere forte in palestra, veloce e sapere praticare ginnastica artistica. Poi il momento in cui superi l’asticella è un’emozione indescrivibile!!

Hai altri hobby al di fuori dello sport?
Sì, mi piace molto cucinare, soprattutto in modo sano. Inoltre, mi piace molto viaggiare e scoprire nuove culture. Queste due passioni mi permettono di staccare la testa e rilassarmi un po’.

Redattore: Niccolò Dametto

AIDO: un sì per la vita


Nel corso del 2023 in Italia sono stati eseguiti quattromila trapianti d’organo e duemila donazioni, un record, ma non è ancora abbastanza. I pazienti in attesa di un trapianto sono oltre ottomila, restano troppi i “no” alla donazione. Sono troppi i cittadini italiani in lista d’attesa per un trapianto che potrebbe salvare loro la vita. Vediamo com’è la situazione in Alto Adige. 

Remo de Paola, nato e residente a Bressanone, di professione Ingegnere Civile libero professionista, è presidente al secondo mandato della sezione provinciale dell’AIDO (l’Associazione Italiana Donatori di Organi-tessuti e cellule). Oggi faremo due chiacchiere con lui per conoscere meglio l’associazione e per parlare dell’intensa attività di AIDO nel promuovere sul territorio la cultura della donazione degli organi “post mortem”, per informare e sensibilizzare la cittadinanza su questa importante tematica socio-sanitaria, come pure dell’attuale situazione in Alto Adige ed in Italia per quanto riguarda donazioni, trapianti, lista d’attesa e dichiarazioni di volontà.

Come ha deciso di diventare presidente di AIDO Alto Adige?

Sono ormai da molti anni donatore iscritto all’AIDO e la mia avventura all’interno dell’Associazione ebbe inizio circa un decennio fa, quando fui eletto presidente del gruppo AIDO di Bressanone, divenendo membro anche della sezione provinciale. Quattro anni fa fui nominato presidente provinciale, carica che dura appunto quattro anni, e quest’anno in aprile sono stato riconfermato per il prossimo mandato quadriennale.

Chi lavora in AIDO?

Il gruppo è fondato completamente da cittadini volontari che si battono per la questione e decidono di aiutarci. Senza il lavoro volontario gratuito da loro prestato sarebbe davvero difficile portare avanti la nostra missione. Recentemente è stato rinnovato anche il direttivo sia nella Sezione Provinciale, sia nei Gruppi Comunali di Bolzano e di Bressanone che resteranno in carica fino al 2028, con riconferme e nuovi preziosi innesti, tutti collaboratori volontari.

Quando è stata fondata l’associazione?

L’AIDO nasce a Bergamo nel 1973, da un solerte gruppo di volonterosi ed è da lì in avanti che sono nate numerose sezioni comunali e provinciali, tra cui quella di Bolzano poco meno di cinquant’anni. Si sono costituiti poi via via i gruppi comunali quali: Bolzano, Bressanone oltre quarant’anni fa e anche quello della Val Venosta. Attualmente la nostra sede si è spostata presso il centro Premstraller in via Dolomiti 14, in locali funzionali forniti dal Comune di Bolzano.

Qual è la vostra missione?

Il compito principale della nostra Associazione è quello di sensibilizzare la popolazione sull’importanza della volontà di donare (soprattutto post mortem) gli organi per possibili trapianti. Ci occupiamo di diffondere la cultura della donazione: nelle piazze, nelle scuole, e in tutti i luoghi in cui sia possibile, affinché tutti vengano sensibilizzati sull’importanza del dono, con particolare attenzione alle nuove generazioni. 
Provvediamo alla raccolta, per quanto di competenza, di dichiarazioni di volontà favorevoli alla donazione di organi, tessuti e cellule post mortem e promuoviamo stili di vita sani atti a prevenire l’insorgere di patologie che possano richiedere come terapia il trapianto di organi.

Perché un sì può fare la differenza?

Perché rispondere sì alle richieste di adesione alla volontà di donare? La risposta seppur complessa è in realtà molto semplice: più donatori potenziali consentono al sistema dei trapianti di poter avere più donazioni e quindi di poter potenzialmente effettuare più operazioni che salvano vite, altrimenti destinate a sicura morte (salvo alcuni casi ove la tecnologia supplisce per esempio con dialisi).

Come siamo messi in Italia per quanto riguarda il numero di donazioni e trapianti?

L’Italia si pone all’avanguardia in Europa per numero di donazioni e di trapianti; siamo secondi solo alla Spagna. Le strutture situate su tutto il territorio nazionale si adoperano, seguendo severi protocolli sanitari internazionali, a far si che i trapianti abbiano successo. Le persone in Italia in attesa di trapianto sono oltre 8.000, a fronte di circa 3.400 trapianti effettuati.

Quanti possibili donatori sono presenti nella nostra regione?

Non è noto il numero esatto di persone in lista d’attesa nella provincia di Bolzano, ma di certo si sa che i donatori iscritti AIDO hanno superato la cifra di 15.000 persone. È importante citare il lavoro delle anagrafi comunali che consentono di scrivere sulla carta d’identità la propria volontà al dono; per non parlare dell’attività di altre benemerite Associazioni.

Questo numero come può essere aumentato?

L’AIDO, riconosciuto dal Ministero della Sanità come parte attiva della campagna di sensibilizzazione, ha come obiettivo minimo quello di equilibrare il numero delle donazioni con quello delle richieste, un compito non facile! Molte persone, per i più disparati motivi, non ritengono di dover aderire e questo pone la nostra Associazione nelle condizioni, ove possibile e senza mai forzare in alcuna maniera le singole volontà, di far capire l’importanza di un gesto di immenso peso che potrebbe salvare altre vite.

Con i trapianti come ce la caviamo nella città Bolzano?

La città di Bolzano, presso l’ospedale San Maurizio, ha un reparto dedito ai trapianti, anche se poi le operazioni vengono eseguite in centri specializzati, quali il centro trapianti della clinica universitaria di Innsbruck, grazie alla stretta collaborazione specialistica (e qui devo spendere parole di elogio al sistema sanitario dell’Alto Adige). Altri centri in Italia sono in contatto al fine di rendere possibile in tempi brevissimi i prelievi e quindi i successivi trapianti.

Cosa direbbe alle persone che decidono di non aderire ad un programma di donazione post mortem?

Non ritengo di dover fare appello alla coscienza dei cittadini, ma mi permetto solo di ricordare quante persone, concittadini ed altoatesini, sono in grado di vivere una vita “normale” grazie alle persone che hanno scelto di donare. Il sottoscritto ha potuto personalmente capire il valore di cosa significhi quanto sopra detto, perché se la propria figlia continua a vivere una vita normale, è proprio perché, grazie ad un anonimo donatore, ha ricevuto due nuovi polmoni sani, senza i quali la sua vita sarebbe terminata senza speranza di guarigione.

Autore: Niccolò Dametto

Spartan race: tra fango e sudore sul tetto del mondo


La Spartan Race è una gara ad ostacoli estrema, nata in America da un gruppo di ex militari nel 2010 e diffusa in tutto il mondo successivamente. L’idea di base è quella di simulare i percorsi di guerra a cui si sottopongono i militari durante l’addestramento. La gara prevede ripide arrampicate, corse con pesi, rotolamenti nel fango, lancio del giavellotto, passaggi sotto il filo spinato, superamento di energumeni che ti ostacolano con mezzi di respingimento, e tanti altri ostacoli. In Alto Adige abbiamo uno degli atleti più forti degli ultimi tempi, vicecampione europeo nel 2021, campione europeo nel 2023 e campione del mondo nel 2024. Il suo nome è Luca Pescollderungg. Oggi andiamo a conoscerlo meglio e a farci raccontare di più su questo sport.

Ciao Luca, da dove vieni e quali sono le tue passioni… 

Mi chiamo Luca Pescollderungg ho trentatré anni e vengo da La Villa in Alta Badia. Abitando nel mezzo delle Dolomiti mi piace molto praticare sport outdoor, mi piace correre in montagna e andare in bici da corsa, ogni tanto vado arrampicare e pratico le Spartan che sono lo sport dove ho iniziato a competere e ho avuto ottimi risultati.

Come ti sei avvicinato al mondo delle Spartan?

Un giorno un mio amico mi ha parlato di questo sport che veniva dall’America: la Spartan Race. Devo ammettere che mi ha incuriosito molto, sono andato a casa, ho aperto il loro sito per informarmi un po’ meglio e mi sono iscritto alla mia prima gara. Settembre 2016, ero già sulla linea di partenza per la mia prima gara di Spartan a Kitzbuhel, in Austria. Mi sono iscritto nella categoria non competitiva, da lì mi sono subito innamorato di questo sport.

Come funziona una gara Spartan?

Le Spartan sono gare di OCR (Obstacle Course Race) dunque sul tragitto corri e trovi degli ostacoli naturali o artificiali che devi superare. Quelli naturali possono essere per esempio dei fiumi da guadare o degli alberi da oltrepassare. Gli ostacoli artificiali invece sono delle strutture che vengono appositamente montate e devi riuscire a passarle senza cascare; se caschi ci sono i giri di penalità che consistono in giri in cui ti fanno trasportare una catena molto pesante oppure un sacco di sabbia o un grande sasso.

Nelle foto in gara sei sempre molto sporco… 

Di fango ne trovi! Le prime gare Spartan erano più sporche, lì veramente ci facevano sporcare tantissimo, adesso lo sport si è un po’ evoluto ed è diventato più professionale. 

Quante volte a settimana ti alleni?

Mi alleno tutti i giorni circa due/tre ore al giorno. Purtroppo, non sono un atleta professionista, sono campione del mondo ma non ho mai avuto la fortuna come altri atleti che vengono da altri Sport di avere grossi sponsor che ti permettono una sicurezza economica e di poterti concentrare unicamente nello sport che ami. Lo faccio solo per passione e per me un vantaggio perché sono lì sulla linea di partenza che guardo gli atleti professionisti o che fanno solo un lavoro part-time e mi dico che non ho nulla da perdere, sono solo loro che devono temere di me. 

Che allenamenti fai?

I miei allenamenti consistono per lo più in sessioni di corsa, mi alleno molto correndo in montagna in più faccio degli esercizi di grip (come quelli che fanno gli arrampicatori), faccio trazioni e molti esercizi concentrati sulla forza.

Consiglieresti ad un ragazzo di iniziare a praticare questo sport?

Spero che prima o poi tanti giovani inizino a fare questo sport perché è veramente uno sport bellissimo dove devi essere un atleta completo, durante le Spartan serve molta forza e soprattutto tanta testa perché non sai mai quanto è dura, ci sono i trasporti che fanno da variabile, non sai mai quanto peso ti caricano né quanto sono lunghi. Il bello è anche questo, mentalmente non riesci proprio a fare una strategia, non è così prevedibile come tenere il ritmo per quarantadue chilometri.

Autore: Niccolò Dametto