Notizie utili sulle Elezioni Europee 2024

L’8 e il 9 giugno eleggeremo i Membri del Parlamento europeo per i prossimi 5 anni. Il Parlamento europeo, che detiene il potere legislativo insieme al Consiglio dell’Unione europea, ha dunque la facoltà di adottare leggi. Esso esercita un controllo democratico su tutte le istituzioni dell’UE e, in particolare, sulla Commissione europea.

Gli europarlamentari vengono eletti con sistema elettorale proporzionale.

In Italia, è possibile esprimere da uno a tre voti di preferenza per lista votata, scrivendo, nelle righe vicino al simbolo della lista, il nome e cognome o solo il cognome dei candidati preferiti.

Nel caso di due o tre preferenze espresse, queste devono riguardare candidati di sesso diverso, altrimenti l’ultima preferenza viene annullata automaticamente.

PARTICOLARITÀ PER L’ALTO ADIGE

Le liste delle minoranze linguistiche, per superare la soglia di sbarramento del 4%, possono collegarsi alla lista di un partito nazionale: in tal caso la lista della minoranza linguistica somma i propri voti a quelli della lista nazionale e ottiene un seggio qualora un suo candidato ottenga almeno 50.000 preferenze.

Per le liste delle minoranze linguistiche è possibile indicare solo un voto di preferenza.

VADEMECUM

Si vota sabato 8 giugno dalle ore 15 alle ore 23 e domenica 9 giugno dalle ore 7 alle ore 23.

In Italia si ha diritto di voto alle elezioni europee se si è compiuto il diciottesimo anno di età, se si è cittadini italiani o dell’Unione europea con residenza legale in Italia, o cittadini italiani residenti all’estero, e si iscritti nelle liste elettorali del proprio Comune.

Il voto si esprime tracciando un segno (X) sul contrassegno della lista prescelta candidata nella propria circoscrizione. La provincia di Bolzano fa parte della circoscrizione nord-orientale, che comprende Trentino-Alto Adige, Veneto, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia. La scheda elettorale, di cui vi riportiamo in questa pagina il fac simile, è la medesima per tutti i comuni delle 4 regioni facenti parte della circoscrizione.

Per votare al seggio vanno presentate la tessera elettorale e un documento di riconoscimento valido.

Chi non ha la tessera elettorale o necessita di una nuova tessera elettorale deve rivolgersi al Ufficio elettorale del proprio Comune. 

Ricordiamo che ogni voto è importante per sostenere la rappresentazione democratica nelle istituzioni europee ed esprimere la propria opinione su tematiche fondamentali come l’economia, l’energia, i diritti, l’UE nel mondo.

Il Parlamento europeo è composto da 705 deputati eletti nei 27 Stati membri dell’Unione europea allargata. Dal 1979 i deputati sono eletti a suffragio universale diretto per un periodo di cinque anni.

All’Italia spettano 76 parlamentari che vengono suddivisi per ognuna delle 5 circoscrizioni nel modo che segue:

Italia nordoccidentale: 20

Italia nordorientale: 15

Italia centrale: 15

Italia meridionale: 18

Italia insulare: 8

Gioel e il lavoro dell’artigiano, immerso oggi tra i materiali e animato dalla passione

Gioel Ghirardini è un giovane artigiano bolzanino che mostra maestria e passione in molteplici campi e la sua storia dimostra come determinazione e creatività possano dar vita a progetti di successo.

Il percorso di Gioel Ghirardini nell’artigianato ha avuto inizio con la realizzazione e la personalizzazione di sacche e magliette. Successivamente ha iniziato a collaborare con la madre producendo candele di varie forme e dimensioni, arricchite da oli essenziali con proprietà benefiche. Sebbene quest’attività gli abbia fornito una base economica più solida, Gioel sentiva che il margine di espressione era limitato. Questo lo ha spinto ad esplorare nuovi campi, come la gioielleria e la cristalloterapia. 

Nel 2022, insieme alla madre, decide di aprire “Lucidiluna”, un negozio dove può esprimere appieno la sua creatività e la sua passione per l’artigianato. Per le sue produzioni Gioel cerca ispirazione nella vita quotidiana, sui social media e attraverso un intenso lavoro di brainstorming. “Fare una pausa ogni tanto è fondamentale perché permette di assorbire meglio gli stimoli esterni. Traggo ispirazione da qualsiasi cosa, fiori, pubblicità, serie TV…” afferma. 

Un aspetto importante del lavoro di Gioel è l’eco-sostenibilità. Nelle sue creazioni infatti riutilizza materiali come legno, pellet, stoffe, vasetti di vetro e cera. Inoltre molti dei suoi prodotti offrono benefici attraverso oli essenziali e cristalloterapia. I tre pilastri del suo lavoro sono, infatti, benessere, ecosostenibilità e artigianato, che si equilibrano tra di loro.

Il suo approccio verso l’artigianato si basa sulla sperimentazione e sull’apprendimento dai propri errori, piuttosto che sullo studio teorico approfondito. Accogliere i riscontri, i suggerimenti, i consigli e i feedback sui suoi lavori è una parte integrante del suo processo creativo. La comunità è per Gioel un elemento essenziale per il suo lavoro e la sua persona. Egli afferma che sentirsi parte di un progetto comune con clienti e negozianti permette di offrire e ricevere sostegno reciproco. 

“Se hai una passione, provaci!” afferma Gioel sottolineando che fare dell’artigianato una professione è “un impegno importante”. Fare l’artigiano, infatti, non è privo di difficoltà: dall’insoddisfazione iniziale delle proprie creazioni, ai costi elevati dei materiali e alla ricerca di fornitori affidabili. 

Gioel Ghirardini rappresenta un esempio di come l’impegno, la perseveranza e il senso di comunità possano trasformare una passione in una professione. 

Sanaa El Abidi COOLtour

Campi della legalità ai nastri di partenza

A pochi giorni dalle commemorazioni della Strage di Capaci, in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la magistrata Francesca Morvillo e gli agenti della scorta, risulta naturale, e forse anche scontato, chiedersi quanta e quale conoscenza e impegno siano diffusi sul territorio – altoatesino e nazionale – e tra i giovani, in tema di educazione alla legalità e antimafia. Il progetto Campi della Legalità nasce proprio per questo. Ce ne parla Andrea Tommasini, referente per l’associazione Arciragazzi Bolzano.

Quando nascono i “Campi della Legalità è perché? 

È un progetto che Arci Nazionale propone dal 2004, mentre in provincia di Bolzano Arciragazzi lo organizza dal 2011. L’idea è nata dalla consapevolezza che il tema della criminalità organizzata ci riguarda, ma allo stesso tempo se ne sa molto poco. Per fortuna non abbiamo vissuto le guerre di mafia o il periodo delle stragi, questo però ci ha illuso che Cosa Nostra e ‘Ndrangheta con il nostro territorio non c’entrassero nulla.

In cosa consistono, nel concreto? 

Il progetto prevede un soggiorno di circa dieci giorni a Corleone (PA). Le attività che vengono svolte seguono principalmente due filoni: da una parte il lavoro agricolo nei terreni confiscati a Cosa Nostra e affidati alla cooperativa Lavoro e Non Solo, che ci ospita; dall’altra la conoscenza e l’approfondimento del fenomeno mafioso, attraverso incontri con persone che hanno fatto dell’antimafia il loro progetto di vita.

Quali obiettivi si pongono? 

L’obiettivo principale è quello di gettare luce su un fenomeno che cresce nel silenzio e si fa forza dell’ignoranza e del disinteresse delle persone. C’è poi la volontà di far crescere cittadine e cittadini nella consapevolezza che la legalità è un valore e bisogna fare la nostra parte per preservarla, mantenendo alta l’attenzione. Infine, un aspetto da non sottovalutare è il presidio dei terreni confiscati: chi monitora il progetto nazionale ci dice che quando i “Campi della Legalità” sono attivi, le minacce ed i disordini verso chi gestisce i terreni confiscati si azzerano.

Come si mantiene viva l’attenzione sul fenomeno mafioso, tra i giovani e soprattutto tra quelli altoatesini? 

Bisogna principalmente trovare i canali ed i linguaggi giusti per potersi far ascoltare. Le ragazze ed i ragazzi sono sensibili alle problematiche sociali. Certo, trovare persone disposte a spendere una parte della loro estate per lavorare in un terreno agricolo, non è da tutti.

Qualche informazione sull’edizione 2024?

Quest’anno il progetto si svolgerà dal 17 al 24 luglio. Per informazioni circa programma ed iscrizioni si può consultare il sito arci.bz.it o mandare una mail all’indirizzo a.tommasini@arci.bz.it

Autrice: Ana Andros COOLtour

Maria Niederstätter, se l’edilizia incontra l’arte

“L’arte rende indipendenti, apre gli orizzonti, parla tutte le lingue e canta tutte le canzoni”, queste le parole di Maria Niederstätter nella sua  presentazione sul palco di Palermo alla commemorazione della strage di Capaci.

Lo scorso anno dopo 50 anni di lavoro indefesso Maria Niederstätter ha lasciato la guida dell’Azienda ai nipoti Manuel e Daniela e oggi può guardare a ritroso alla propria carriera, alla propria vita di imprenditrice di successo e finalmente godere a tutto tondo della propria passione per l’arte. Una passione, questa per le arti e la cultura, che la accompagna fin dalla sua giovinezza e che l’ha portata negli anni a sostenere con progetti oculati e con il consiglio di persone esperte tanto gli artisti, che le istituzioni dedicate alle arti in senso lato. È sempre questa passione che la induce a viaggiare, informarsi, ma anche ad essere assai presente alle numerose manifestazioni artistiche e culturali nel territorio altoatesino. 

Maria Niederstätter è una donna che può essere di ispirazione per le giovani per il suo coraggio, la sua tenacia, la sua determinazione, la sua lungimiranza ma anche per quella misuratezza che l’ha sempre guidata. Maria è riuscita a restare una donna semplice e vera, senza mai lasciarsi sedurre dalle lusinghe della notorietà e tentare di spacciarsi per qualcosa che non era.
Parlando con lei infatti si resta affascinati dalla lucidità, dal carisma e dalla sua pacatezza. Ci siamo fatti raccontare i suoi esordi di imprenditrice: “Sono nata a Renon in una famiglia numerosa, sono la secondogenita, e mio padre era il proprietario di una segheria. Desiderosa di uscire dalle strette della provincia avevo iniziato un soggiorno in Inghilterra. Mia madre temeva che io mi risolvessi a restare nel Regno Unito e con mio padre mi proposero di rientrare in Alto Adige per rilevare un negozio di ferramenta a Bolzano che era appena stato messo in vendita.  Accettai e rientrai. Avevo diciannove anni, quindi per quegli anni non ancora maggiorenne. Fu mio padre a sostenermi e nonostante fosse stato sconsigliato da tutti firmò in banca a garanzia del prestito necessario a dare avvio all’azienda. Era il 1974”.

Maria Niederstätter prosegue il suo racconto spiegando come fu difficile conquistare la fiducia dei propri interlocutori quali fornitori, clienti e concorrenti che non credevano nelle potenzialità di una donna in un settore difficile, tecnico e considerato esclusivo appannaggio maschile. Così iniziò fra badili, stagge, picconi, carriole la vita di quella che sarebbe divenuta una azienda leader nel settore delle attrezzature a sostegno dell’edilizia con 100 fra operai e impiegati. Il primo anno guadagnò i suoi primi 60 milioni di vecchie lire.

Ci vollero tre anni per conquistare il mercato delle gru e estendersi ad altri moderni quanto complessi macchinari, cercando fin da subito di basarsi sulla qualità scegliendo le migliori ditte sul mercato. Dieci anni dopo, i container forniti per ospitare le classi di una scuola in ricostruzione offrirono la prima occasione per inserire l’arte. 

Molto presto l’arte riuscì ad entrare sempre più spesso nel lavoro, facendo dei container una possibilità di incontro con l’arte diventando spazi per le esposizioni o luoghi di lavoro per gli artisti. Nel 2022 Maria con la sua ditta ha collaborato con la Fondazione Falcone, in occasione delle cerimonie per la commemorazione della strage di Capaci a Palermo. Per l’occasione ha sponsorizzato il noleggio di strutture modulari dal design artistico, progettate e realizzate dall’artista Manfred A. Mayr con il sostegno della curatrice Sabine Gamper. 

Queste sono state posizionate sul palco al Foro Italico e rappresentavano il fulcro architettonico del progetto e delle celebrazioni. Con la loro struttura trasparente e permeabile, con balconi e facciate in vetro, sono state luogo di incontro, scambio, ricordo e mediazione, e hanno ospitato non solo la stampa ma anche gli studenti e le istituzioni presenti in Sicilia, tra cui il presidente Mattarella.

Gli orizzonti di Maria si fanno ora ancora più vasti e l’ultimo progetto con la nipote Daniela e un film documentario sul convento di Sabiona, “Saeben – Geschichten aus dem Frauenkloster”(Saeben – storie delle donne del convento) Il documentario si basa su fonti storiche e cerca di narrare il quotidiano di quelle donne che vissero in contemplazione e preghiera seguendo la regola benedettina dell’Ora et labora. Il convento, chiuso dal 2021 era stato consacrato il 18 novembre 1686 e inizialmente vi vissero una trentina di suore.  

Autrice: Rosanna Pruccoli

Uno sguardo sul basket femminile

In Alto Adige e in particolare a Bolzano, il mondo del basket femminile ha un buon movimento, con diverse squadre e tante ragazze amanti della palla a spicchi. La Pallacanestro Bolzano in particolare è una squadra di serie B che quest’anno è arrivata ai playoff per poter rientrare in A2. Oggi andremo ad Intervistare Diana Schwienbacher, giocatrice della Pallacanestro Bolzano, per parlare un po’ di basket femminile.

Ciao Diana, raccontaci in breve chi sei e come ti sei avvicinata al mondo della pallacanestro…

Sono Diana Schwienbacher e ho trentadue anni (a breve trentatré). Sono nata e cresciuta a Merano, mentre dall’età di 16 anni ho iniziato a giocare a Bolzano. Mi sono avvicinata al mondo del Basket sin da subito, avevo circa quattro anni. I miei genitori dopo la loro carriera da giocatori di basket hanno fondato una società a Merano. Quale sport avrei praticato nella vita era abbastanza scontato.

Da quanto tempo giochi in questa squadra?

Gioco con la Pallacanestro Bolzano da due anni. Durante il mio primo anno (nella stagione 2022/23) abbiamo partecipato al campionato italiano serie A2, purtroppo concluso con una retrocessione. Durante questa stagione abbiamo raggiunto gli spareggi per accedere ai playoff promozione per la A2,  sperando in un ritorno. Purtroppo, gli sforzi e i sacrifici non sono stati abbastanza e siamo rimaste in B, con l’obbiettivo di ritornare in A2 il più presto possibile.

In Alto Adige il mondo del basket femminile è molto vivo… ci sono diverse squadre… raccontaci un po’. 

Sicuramente in Alto Adige le squadre femminili non mancano! C’è una formazione a Merano che sta giocando per andare in serie C (si giocheranno le final4 proprio questo fine settimana), poi una squadra bolzanina in serie A2 e due squadre in serie B. C’è un buon movimento, forse si potrebbe provare a collaborare di più tra società per creare una  situazione sempre più competitiva a livello nazionale.

C’è differenza tra il basket maschile e quello femminile?

Sì, la differenza tra il basket maschile e femminile c’è. Il basket maschile è sicuramente più atletico e più spettacolare, ma la tecnica che si vede nel basket femminile è di un ottimo livello e tra ragazze non ci tiriamo indietro.

Perché consiglieresti ad una ragazza di iniziare a giocare a basket?

Perché è divertente e si ha la possibilità di crescere in un gruppo coeso di persone. Hai la possibilità di creare rapporti con persone che durano una vita intera. Il basket regala emozioni che nessun altro sport può regalare.

Che aria c’è tra voi ragazze?

Il clima che si crea tra noi ragazze è sicuramente ottimo. Si instaurano rapporti non solo dentro il campo ma anche fuori, ed è quella forse la parte più bella di questo sport.

Cosa ti piace di più di questo sport?

Mi piace l’agonismo, il fatto che fino alla fine di una partita il risultato non è deciso ma si può sempre ribaltare. È pi un gioco veloce, con poche pause. 

In regione ci sono abbastanza palazzetti? Sono in buone condizioni?

Penso che in Trentino-Alto Adige ci siano ottime strutture rispetto al resto d’Italia; abbiamo palestre, anche scolastiche, veramente belle. 

In cosa può migliorare Bolzano?

Sicuramente quello in cui può migliorare Bolzano è la collaborazione tra società. Non sarà di certo facile perché ognuno ha le sue idee, ma per il movimento potrebbe essere un grande passo avanti.

Autore: Niccolò Dametto

Radici cristiane?

Il tema dell’identità e delle radici torna, periodicamente, a caratterizzare il dibattito pubblico, soprattutto in corrispondenza con gli appuntamenti elettorali. In merito all’importanza delle radici cristiane che, per molti, ci accomunano, abbiamo scelto di parlarne con il prof. Andrea Sarri, esperto di storia della chiesa locale e non solo.

Le radici cristiane dell’Europa sono un mito. Ad affermarlo nei giorni scorsi con un articolo sul quotidiano Alto Adige è stato il professore Andrea Sarri, da anni insegnante presso il Liceo Carducci di Bolzano ed uno dei più autorevoli esperti locali nell’ambito della storia religiosa nell’età contemporanea, con particolare attenzione al rapporto chiesa-società nelle diocesi del Trentino-Alto Adige/Südtirol. 

Il tema è molto attuale perché, a poche settimane dal voto europeo, alcuni partiti sono tornati ad insistere sulle questioni identitarie e sui simboli ad esse collegati. D’altronde è stata l’attuale premier Giorgia Meloni ad affermare, nella sua autobiografia uscita nel 2021, che il crocifisso appeso a scuola “non sta ad indicare l’imposizione di una religione”, essendo esso “semplicemente un segno che caratterizza la nostra civiltà”.

Le radici cristiane, però – come ci conferma Sarri – sarebbero però solo un mito, di forte impatto sull’immaginario collettivo.

Forse non tutti hanno le idee chiare su cosa sia, di fatto, un mito. Ricorriamo allora all’enciclopedia Treccani per ricordare che, nella sua declinazione più moderna, questo termine sta ad indicare una “rappresentazione ideale o ideologica della realtà che, proposta in genere da una élite intellettuale o politica, viene accolta con fede quasi mistica da un popolo o da un gruppo sociale”. Dunque le radici cristiane, seppur significative, secondo Sarri, non sono l’aspetto largamente prevalente né tantomeno esclusivo della nostra “civilità”. 

“Nello studio della storia della chiesa e del suo rapporto con la società questo rapporto tra mito e realtà, è stato evidenziato in primis dal più grande storico del Novecento, ovvero Marc Bloch”, ricorda Sarri. Aggiungendo che quando si studia la civiltà europea la si può immaginare come una torta a più strati, dove il cristianesimo in tutte le sue forme è senz’altro un elemento cruciale, anche se naturalmente non esclusivo. “Va poi ricordato che anche il cristianesimo man mano si è trasformato. Prima dell’anno mille non era quello di papa Gregorio VII (1073-1085) che rivendicò la superiorità del papato sul potere temporale dell’imperatore, ad esempio. Così come un altro cristianesimo è quello che si afferma con il Concilio di Trento che reagisce alla riforma luterana”.

L’INTERVISTA

Prof. Sarri, quali sono le altre componenti della civiltà europea che non vengono considerate, quando vengono rivendicate in maniera esclusiva le radici cristiane?

Le fonti classiche, innanzitutto. Quella greca e quella romana. Oppure, secondo alcuni, solo quella greca, anche se i Romani come sappiamo hanno dato un grande contributo sul piano del diritto e della tecnica. Poi c’è la componente islamica che ha caratterizzato diverse zone del sud e dell’est Europa fino a quasi l’età moderna. Poi ci sono componenti germaniche e scandinave. E nel primo millennio non vanno dimenticate le componenti bizantine, relative all’Impero Romano d’Oriente che si occupò di conservare la cultura greca che in Occidente era scomparsa. E poi l’Umanesimo, il Rinascimento, la Scienza moderna, l’Illuminismo… 

In effetti si tratta di componenti molto importanti. Molte hanno avuto un rapporto con il cristianesimo, ma senz’altro la maggior parte di esse hanno avuto un ruolo fondamentale anche a prescindere da questo rapporto. In ogni caso è la Rivoluzione Francese che – di fatto – segna una cesura tra il passato e la contemporaneità. 

Sì. I diritti, le libertà, l’idea moderna di democrazia basata su un patto sociale in cui i cittadini hanno pari dignità, nascono proprio in quel momento sulla scia dell’Illuminismo e della Rivoluzione Francese. L’idea dello stato laico le cui leggi sono indipendenti dalla dottrina religiosa cristiana e cattolica è davvero rivoluzionaria. Ed è da questo shock che nasce il mito delle radici cristiane dell’Europa. L’idea che possa esserci un approccio irreligioso alla realtà e nella società porta autori come Novalis e Chateaubriand a sostenere che l’idea satanica della “laicità” sarebbe nata già ai tempi di Lutero agli inizi del ‘500 e che per evitare che la civiltà scivoli nella barbarie occorra ritornare appunto ad un medioevo, anche questo mitizzato, in cui il papa deteneva sia il potere spirituale che quello temporale. 

La chiesa come si è posta, durante la Rivoluzione Francese e negli anni della Restaurazione rispetto a questo dibattito sulle radici cristiane, rivendicate da una serie di intellettuali europei?

Il papato in realtà rimase a lungo estraneo all’elaborazione del mito delle radici cristiane. Ci arrivò solo nel Novecento tra le due guerre mondiali, per poi farlo suo nell’ottica anticomunista dopo la fine del secondo conflitto. Lo fece papa Pio XII per sollecitare le nascenti istituzioni europee affinché “riconoscessero la legge di Dio e della sua Chiesa”. Ma già Giovanni XXIII scelse di declinare il ruolo della Chiesa non più come sovrana, ma invece “madre” dei popoli europei. Se Paolo VI nominò San Benedetto patrono d’Europa con lo scopo di “cristianizzare il processo di integrazione europea”, poi Giovanni Paolo II cercò di proseguire il percorso nell’ottica di neo-cristianità. Benedetto XVI dal canto suo cercò di proseguire nel solco del suo predecessore, mentre invece l’attuale pontefice Francesco se prima ha sollecitato l’Europa a “non perdere la sua anima”, successivamente ha invece significativamente definito l’identità europea “dinamica e interculturale”. Per poi passare addirittura a definire l’azione della chiesa del terzo millennio “semplicemente misericordiosa”, ovvero pronta ad accogliere e a venire in soccorso alle persone che le si rivolgono in cerca di aiuto.

I principali partiti che rivendicano la necessità dei simboli delle radici cristiane negli spazi pubblici sono però spesso gli stessi che rivendicano anche il valore fondante della libertà individuale nella società. Quest’ultimo valore però, di per sé, non è stato esattamente fondante durante secoli e secoli di storia di storia della chiesa. A lungo la chiesa non ha visto di buon occhio lo sviluppo della libertà individuale e della coscienza critica dei suoi fedeli…  

In questo senso nel corso dell’800 la chiesa ha compiuto un suo percorso, lento, ma comunque significativo. Va anche detto che al mito delle radici cristiane dell’Europa in quel secolo si richiamarono anche i cattolici liberali, che sostenevano che in realtà le radici della modernità stavano nel Cristianesimo e nell’azione del papato romano nella civiltà europea. Sono temi che vennero ripresi negli anni ’30 del novecento anche da Benedetto Croce, in un ottica antifascista. In ogni caso oggi i richiami alle radici cristiane dell’Europa e la difesa dei suoi simboli hanno soprattutto una funzione anti islamica. Viene proposta l’idea di un’Europa guerriera, che si pone a difesa dei sui confini. Poi rimane sottotraccia il pericolo comunista. Il mito delle radici cristiane in ogni caso è stato declinato in diversi modi, come abbiamo visto. 

Nella destra politica esiste un dibattito su questi temi. Esiste una destra che, invece, sceglie di appoggiarsi comunque sulla laicità?

Bisognerebbe andare a leggere gli intellettuali di riferimento di quest’area, per capire se hanno ancora spazio voci liberali classiche. Da quello che capisco prevale l’argomento paura e quindi il ricorso al mito come difesa di identità. Sul piano inconscio scatta un riflesso condizionato basato sull’emotività. 

Sul piano locale, in Alto Adige, esiste ancora una destra laica e, anzi, anticlericale? Il Sudtirolo è fortemente secolarizzato, è sotto gli occhi di tutti. Una serie di cose non possono più essere date per scontate. La chiesa altoatesina è identitaria solo per una minoranza dei residenti e, forse, anche nella parte di lingua tedesca.

Credo che il vescovo Muser già ai tempi del Covid abbia capito che le dimensioni stesse della comunità ecclesiale, in provincia di Bolzano, ormai rappresenti una minoranza. E la sua insistenza su nuove forme di fare chiesa, come la chiesa “domestica” sorta durante il Covid sta a dimostrarlo. Lui queste forme nuove le ha presentate, nelle sue lettere pastorali, come “segni dei tempi”. Si è usciti, in sostanza, dalla dimensione della solidità pubblica del culto. Una parte rimane, perché ha anche un aspetto di convivialità, ma certo le cose sono cambiate di molto. 

Anche all’interno del clero c’è una grande presenza, oggi, di preti di origine straniera e, anzi extracomunitaria.

Sì, e alcuni anche con ruoli importanti. Una cosa impensabile anche solo 10 anni fa. Quindi non si tratta solo di vedere all’esterno una secolarizzazione, ma anche di consapevolezza che lo stesso clero non è più quello di una volta. E le stesse dinamiche ci sono, naturalmente, anche nella vicina diocesi di Trento. 

Quindi all’interno della chiesa la tentazione di insistere sulla rivendicazione delle radici cristiane è minore rispetto a quanto avviene in politica?

Sono nelle condizioni e forse hanno anche la capacità di guardare oltre, con una prospettiva che va al di là delle prossime elezioni.

Autore: Luca Sticcotti

2023: l’anno della svolta in l’Alto Adige

Nei giorni scorsi è stata presentata la nuova edizione dell’annuario promosso dalla Società di Scienza Politica dell’Alto Adige, uno strumento fondamentale per analizzare soprattutto i cambiamenti in corso nella società altoatesina. L’edizione di quest’anno è quasi completamente focalizzata sui risultati, eclatanti, delle elezioni provinciali 2023. 

Il tema principale di Politika 2024 riguarda – come era facile immaginare – le elezioni provinciali svoltesi lo scorso ottobre, il cui esito ha rappresentato una svolta sotto molti punti vista, plasmando di fatto il panorama politico altoatesino e il futuro sviluppo del nostro territorio, non solo in termini politici. 

L’aspetto più significativo è senz’altro rappresentato dalla perdita da parte della SVP della sua pretesa di rappresentanza esclusiva dei gruppi linguistici tedesco e ladino. 

Com’è noto per la prima volta nella storia dell’Alto Adige la giunta di governo ha dovuto comprendere infatti un altro partito di lingua tedesca per formare la coalizione di maggioranza. 

Un secondo dato significativo è stata la scarsa performance dei partiti italiani, non in grado in particolare di presentare un partito in grado di candidarsi anch’esso ad una coalizione esclusiva con la SVP. La bassa affluenza alle urne degli elettori del gruppo linguistico italiano ha provocato di fatto una sottorappresentazione del gruppo italiano. 

Nel mondo di lingua tedesca si è osservata la prosecuzione della progressiva erosione del consenso ottenuto da parte della SVP, a fronte di una crescente frammentazione del sistema dei partiti e del sostegno all’antipolitica. 

Nel corso della conferenza stampa di presentazione dell’annuario di Politika dell’Alto Adige, il curatore Günther Pallaver ha evidenziato il fatto che per la prima volta il processo di formazione della giunta provinciale è stato accompagnato da una serie di proteste e che – sempre per la prima volta – in giunta è rappresentato un partito che non si è distaccato in maniera formale dal fascismo. 

Le elezioni provinciali del 2023 hanno visto una grande permeabilità etnica degli elettori, con in particolare una percentuale importante di elettori italiani che hanno votato partiti di lingua tedesca. 

Un altro aspetto molto significativo è anche la grande presenza di nuovi consiglieri provinciali provenienti da un’esperienza nelle amministrazioni comunali (il 71,4 per cento in Alto Adige). 

Per quanto riguarda la rappresentanza femminile, nel consiglio provinciale di Bolzano la percentuale è del 28 per cento a fronte del 41 per cento in Tirolo e il 40 per cento in Trentino. 

L’altra curatrice Elisabeth Alber ha osservato che l’utilizzo dei social media diventa sempre più importante durante le campagne elettorali, ma c’è un comportamento disomogeneo tra i partiti. Nello specifico solo due hanno utilizzato tutte le piattaforme e si tratta di Südtiroler Freiheit e la lista di Jürgen Wirth Anderlan. 

Ma solo Südtiroler Freiheit ha utilizzato una strategia ad hoc, spesso basata sulle emozioni, riuscendo a raggiungere anche molti nuovi elettori giovani. I post, dedicati spesso anche a temi sensibili come migrazione e sicurezza, hanno rappresentato anche una certa problematicità non essendo stati moderati nei social, anche se veicolavano discorsi di odio o appelli alla violenza. è mancato quindi un senso di responsabilità da parte dei partiti citati. 

L’annuario trilingue Politika 2024 è reperibile in tutte le librerie e le biblioteche. 

Autore: Luca Sticcotti

Musica e fumetto di nuovo protagonisti

Torna anche quest’anno (31 maggio e 1 giugno) ArtMaySound, il festival di musica e fumetto. Il fil rouge che caratterizzerà le varie attività e gli spettacoli di quest’edizione sarà il tema “Futuro” scelto dai giovani di COOLtour che da gennaio hanno seguito insieme agli operatori l’organizzazione e stesura del programma della manifestazione.

Il festival avrà luogo a Museion e lungo le passeggiate del Talvera degli Alpini nei giorni venerdì 31 maggio e sabato 1 giugno, durante i quali tutti coloro che vorranno partecipare potranno seguire workshop e laboratori, assistere a talk, spettacoli e presentazioni tra cui l’apprezzato Live Painting e il tanto atteso Contest musicale dove giovani musicisti locali si sfideranno a colpi di note. Come ogni anno saranno presenti molti ospiti musicali e legati al mondo del fumetto e dell’arte grafica tra i quali troveremo nomi locali come la band Atop The Hill, l’artista Oakmood – Christian Luccarini, il fumettista Armin Barducci e invitati che giungeranno dal resto del territorio nazionale come Icaro Tuttle, Rocco Casulli, Testi Manifesti e l’ospite musicale “Big” di questa edizione Bassi Maestro con il progetto Noth of Loreto. Una delle novità 2024 è la possibilità di giocare all’interno dell’arena VR nel piano interrato del museo grazie alla collaborazione con BeYoung. Il Cafè Museion preparerà inoltre uno speciale menù a disposizione di coloro che prenderanno parte ad Art May Sound e volessero prendersi una pausa e godersi il sole primaverile tra le varie iniziative. Il pubblico potrà inoltre trovare stand espositivi, tornei di gioco organizzati da Time Twister, mostre, esposizioni e attività di Sketch&Draw durante il corso di entrambe le giornate che si concluderanno come di consueto, il venerdì, con il Contest musicale e, il sabato, con il concerto dell’ospite speciale. Oltre ai numerosi artisti saranno presenti anche la Biblioteca Civica che porterà i propri fumetti mettendoli a disposizione della cittadinanza, e ADMO che sarà come ogni anno presente con il suo stand. Ci sarà anche la Biblioteca BOM che offrirà ai partecipanti compresi tra l’età di 16 e 35 anni uno spazio di dialogo e incontro in cui si potrà affrontare liberamente il tema del rapporto che intercorre tra cultura e comunità. ArtMaySound è realizzabile nell’edizione 2024 grazie all’impegno dell’Associazione La Strada – Der Weg ONLUS e alla fiducia e al sostegno dell’Ufficio Giovani del Comune di Bolzano e dell’Ufficio Politiche Giovanili della Ripartizione Cultura Italiana della Provincia di Bolzano.

Autrice: Anna Michelazzi COOLtour

Martina de Pellegrin, artista spontanea

Martina de Pellegrin è un’artista bolzanina specializzata nella tecnica del pastello su carta, nonostante si cimenti anche in diverse pratiche artistiche come, ad esempio, il disegno su strumenti musicali. Si appassiona all’arte sin dall’infanzia grazie all’ambiente in cui è cresciuta, ricco di libri sull’argomento ed ereditando l’amore per questa disciplina dal padre. Il disegno diventerà velocemente il miglior strumento per esprimere i suoi sentimenti e la sua visione del mondo. La ricerca di uno stile personale l’ha portata, inizialmente, a intraprendere uno studio accademico dei grandi artisti italiani e, in seguito, a decidere di trascorrere circa 10 anni in Toscana per esplorare le proprie radici e studiare Beni Storico Artistici presso l’Università di Siena.

“Non saprei dire con esattezza come nascono le mie opere, esse emergono dall’interno. Sia la mia mente che il mio cuore generano queste immagini e la mano semplicemente le trasferisce sulla carta istintivamente” afferma Martina de Pellegrin. “Ogni cosa ispira le mie opere, come le emozioni che mi attraversano o il desiderio di plasmare qualcosa di esteticamente gradevole che nutra la bellezza dell’occhio e la pace dell’animo di chi osserva.”

Le opere di Martina de Pellegrin consistono principalmente nella rappresentazione di busti umani, nonostante si sia confrontata anche con il ritratto di personaggi celebri e con la riproduzione di opere pittoriche già esistenti. Inoltre l’avvicinamento al contesto musicale dell’Alto Adige l’ha spinta a cimentarsi anche nella decorazione di diversi strumenti musicali.

L’artista descrive i suoi personaggi come figure che si trovano in uno stato di attesa, spesso donne bloccate in un mondo senza tempo. 

“Queste donne vivono in equilibrio tra realtà e surrealismo, costantemente in lotta con il proprio io interiore. Tuttavia sono donne di carattere, distanti da canoni estetici forzati, decise a sfidare il mondo nella loro unicità. Ritengo che ognuna di esse rifletta una parte del mio essere”. L’arte per Martina de Pellegrin resta solo un hobby, nonostante mostri una grande passione per questa disciplina. Ogni opera presenta elementi fortemente legati all’artista, in quanto sono frutto di un suo puro istinto creativo cosa che le rende difficile realizzare opere su commissione. 

Eternamente grata di questa sua abilità di espressione personale continua il suo percorso per migliorarsi e continuare ad esplorare l’arte figurativa, studiando e perfezionando le sue capacità ogni giorno. 

Autore: Martin Bonaccio COOLtour

“Wild blocks”: una giornata dedicata ai climber e nello specifico al “sassismo”

Sabato 4 maggio si è svolta la terza edizione del contest “Wild Blocks”, una gara di arrampicata sportiva all’aperto, organizzata da DoloMate in collaborazione con l’associazione YoUnited. La gara consisteva in trenta possibili vie posizionate sui due blocchi fuori da Salewa e gli scalatori potevano decidere quali completare, autovalutandosi con l’aiuto di una scheda. I migliori cinque si sono poi sfidati con un’ultima via comune. Il bouldering o sassismo è un’attività di arrampicata su massi (naturali o artificiali) che viene svolta a massimo 7-8 metri di altezza e consiste nel risolvere particolari sequenze di movimenti concatenati e dinamici, in genere pochi (8-10), ma estremamente difficoltosi. Questa disciplina viene svolta senza corda e imbragatura, gli atleti arrampicano in free solo. Abbiamo intervistato alcuni degli atleti presenti per scoprire assieme il mondo dell’arrampicata sportiva.

Anika, come ti sei avvicinata all’arrampicata?

I miei genitori arrampicavano e già da piccolina mi portavano in falesia con loro. Così un po’ per gioco ho iniziato a fare le mie prime arrampicate su roccia ed è nata la passione. Mi sono iscritta ad un corso di arrampicata indoor e da lì non ho più smesso. Ho iniziato a fare amicizie in palestra e ho iniziato ad andarci sempre più spesso. 

E invece a te Niklas, cosa ti piace di più del boulder?

Del boulder amo la forza e il dinamismo che questa specialità ti richiede. Lo sforzo mentale inoltre è molto grande, devi preparare con cura ogni mossa che vorrai fare in anticipo.

Ciao Michele, quali sono i tuoi progetti futuri come boulder?

Mi piace mettermi sempre alla prova e cercare di completare vie sempre più difficili. Sbagliare e migliorare dagli errori.

Giada, perché hai scelto di praticare questo sport e non un altro?

Questa disciplina ti permette di stare a contatto con la natura e di metterti costantemente alla prova con te stessa. A fine giornata torno a casa stanchissima e con gli avambracci che mi sembrano stiano per cadere, ma con un sorriso a trentasei denti.

Ciao Matteo, cosa ti piace in particolare di questo sport?

È un istinto che abbiamo naturalmente quello dell’arrampicata, tocca a noi migliorare la tecnica e riscoprire questo istinto.

E tu invece Lucia ci dici come ti alleni?

Principalmente arrampicando e cercando di fare gradi sempre più difficili. Un paio di volte a settimana invece vado in palestra per rafforzare i muscoli e migliorare la mobilità. Il boulder è uno sport di forza, resistenza, equilibrio e dinamicità.

Ad Anna invece chiediamo se non ha mai pensato di mollare questa attività sportiva…

A volte dopo una giornata passata cercando di chiudere una via e fallendo ogni volta mi viene da pensarlo, ma alla fine non ci riesco mai, perché questi momenti mi danno la motivazione per continuare a cercare le giuste sensazioni che ho provato in passato. L’adrenalina che il tuo corpo ha quando riesci a completare un tracciato è indescrivibile.

Infine ad Olga chiediamo se Bolzano è una città amica dei climber.

Si lo è! Abbiamo alcune bellissime palestre di roccia e tantissime falesie in provincia dove possiamo allenarci. Rispetto ad altre città noi siamo avvantaggiati avendo le montagne che ci circondano.

Autore: Niccolò Dametto