Il direttore d’orchestra

Roberto Federico è un musicista e direttore d’orchestra siciliano che nel 2000 si è trasferito in Alto Adige per insegnare presso la scuola di musica “Vivaldi” di Bolzano come docente di viola e violino. Sposato con Antonella ha due figli, Giuseppe ed Alessia. È consigliere della Comunità Comprensoriale del Burgraviato, componente del CdA dell’Ente di gestione Kurhaus e teatro Puccini di Merano e presidente del Circolo culturale “La Quercia” di Lagundo. Dalla sua fondazione dirige la Merano Pop Symphony Orchestra.

La cosa che mi piace di me.
La sincerità e la responsabilità nell’affrontare tutto ciò che la vita mi riserva.

Il mio principale difetto.
Essere a volte troppo impulsivo.

Il mio momento più felice.
Il giorno della nascita dei miei figli.

La persona che ammiro.
Mia moglie Antonella, mi supporta e mi “sopporta”, sin dal primo momento che ci siamo conosciuti.

Un libro sull’isola deserta.
In realtà questo non è stato scritto ed il titolo è: “La pace nel Mondo”.

La mia occupazione preferita.
Fare l’insegnante.

Il paese dove vorrei vivere.
Sempre in Italia! Il Paese più bello del mondo.

Il piatto preferito.
Linguine con zucchine, fritte con olio d’oliva della Valle del Belice e gamberi di Mazara del Vallo.

Non sopporto…
La falsità, e in giro ce n’è abbastanza.

Per un giorno vorrei essere. 
Federico II di Svezia Re di Sicilia. Vorrei far ritornare anche per un giorno la mia terra allo splendore del passato.

La mia paura maggiore.
Non vedere crescere i miei figli.

Nel mio frigo non mancano…
Nutella e Coca Cola.

Se fossi un animale sarei.
Un Rottweller: duro fuori, ma morbido dentro. Proteggo le persone a me care e non solo.

Mi sono sentito orgoglioso…
Il giorno della mia laurea in viola, lo strumento della mia vita.

Il mio motto.
Un animo onesto quando viene offeso si irrita più del normale.

Il capriccio che non mi sono mai tolto.
Un viaggio negli Stati Uniti con la mia famiglia.

Il giocattolo che ho amato di più.
Un binocolo: mi piaceva guardare “lontano”…

Il dono di natura che vorrei avere.
La calma assoluta, ma so che non è pane per i miei denti.

Dico bugie solo… 
Le bugie hanno le gambe corte, ma preferisco rischiare se queste potrebbero portare per esempio ad un gesto di pace.

Dove mi vedo fra dieci anni.
Spero nella mia casetta (in verità di mia moglie) in riva al mare di  Torretta Granitola (TP).

Il colore che preferisco 
Verde (speranza: l’ultima a morire).

L’ultima volta che ho perso la calma.
Meglio lasciare stare, ma è successo un mesetto addietro.

Da bambino sognavo… 
Di diventare un direttore d’orchestra.

Passione cultura

QuiIntervista a Paola Giacomozzi, nata e cresciuta a Egna e che ha studiato al D.A.M.S. di Bologna e a Brema, per tornare poi nel paese natale con la famiglia. Ha lavorato in diversi musei della regione come guida, mediatrice d’arte, e operatrice didattica; da settembre scorso è insegnante di sostegno presso la Scuola Professionale “Guglielmo Marconi” di Merano. È molto attiva nel volontariato e collabora sia il FAI che con l’associazione Ennemase, oltre ad offrire visite guidate attraverso le bellezze di Egna.

La cosa che mi piace di più di me stessa.
Il mio essere autentica.

Il mio principale difetto.
Sono molto caotica e disordinata.

La volta che sono stata più felice.
Quando, dopo averlo desiderato a lungo, sono rimasta incinta.

La volta che sono stata più infelice.
Quando è venuto a mancare il mio papà nel 2005.

Da bambina sognavo di diventare…
Una stilista oppure una veterinaria. 

L’errore che non rifarei.
Dare fiducia e amicizia a persone che non lo meritavano affatto.

La persona che ammiro di più.
Ammiravo moltissimo il mio papà, Giovanni, che è stato un punto di riferimento per Egna. Mi ha insegnato che bisogna scegliersi un mestiere che piaccia.

Un libro da portare sull’isola deserta.
Tutti i libri di Stefano Benni e di Daniel Pennac, così almeno potrei ridere un po’.

La mia occupazione preferita.
Cucinare, giocare con mia figlia, rilassarmi guardando programmi tv frivoli, andare per centri storici e trattorie.

Il Paese/luogo dove vorrei vivere.
Mi piacerebbe vivere un periodo della mia vita in Giappone (ma ho il terrore dei terremoti).

Il colore che preferisco.
Il rosso papavero.

Il fiore che amo.
La peonia.

Il mio piatto preferito.
Sono una gran mangiona e ho tanti piatti preferiti!

Il mio pittore preferito.
Ne ho molti, tra cui Ernst Ludwig Kirchner, Agust Macke e Emil Nolde. Tra i contemporanei Marina Abramovic e Francesco Vezzoli.

Non sopporto…
Le persone prepotenti, supponenti e presuntuose, che pensano di sapere tutto.

Dico bugie solo…
Se sono costretta, a fin di bene, ma detesto doverlo fare.

La mia paura.
Visti gli avvenimenti delle ultime settimane: la guerra.

La disgrazia più grande.
La malattia grave.

Il mio più grande rimpianto.
Aver perso la possibilità di lavorare a “Manifesta 8” perché la mia mail di candidatura non è arrivata.

Per un giorno vorrei essere…
Una persona molto potente, solo per vedere l’effetto che fa.

Mi sono sentita orgogliosa di me stessa quando…
Il giorno della mia Laurea.

Un pacifico Architè

Qui Intervista a Roland Girardi, nato a Bolzano in una famiglia di madrelingua tedesca e laureato in Architettura presso l’università di Innsbruck. La sua passione per l’architettura lo porta a lavorare per un anno in Finlandia presso lo studio di “Slotte & Schütz” per poi tornare a Bolzano e continuare la sua professione prima in collaborazione con diversi studi presenti sul territorio e poi fondando un proprio studio. Al suo lavoro di architetto ha affiancato anche quello di professore di tecnologia nella scuola media di Sarentino. Ancora oggi è attivo come architetto e vive felicemente a Sarentino con suo marito Fabio di madrelingua italiana.

La cosa che più mi piace di me.
La pazienza.

Il mio principale difetto.
Sono due, l’orgoglio e la superbia.

La volta che sono stato più felice.
Alla nascita di mia figlia Alina.

Da bambino sognavo di diventare…
Un sarto.

La persona che invidio di più.
Un bravo musicista.

Un libro da portare sull’isola deserta.
Il piccolo Principe.

L’ultima volta che ho perso la calma.
Con un cliente a dir poco cocciuto e presuntuoso.

La mia occupazione preferita.
Il sudoku/cruciverba.

Il fiore che amo.
Le dalie.

Il mio piatto preferito.
Il Gulasch con polenta.

Il mio musicista preferito.
Lucio Battisti.

Il mio pittore preferito.
Gauguin.

Del mio aspetto non mi piace…
Essere in sovrappeso.

Non sopporto…
La prepotenza delle persone.

La qualità che preferisco in un uomo.
La sincerità e la dolcezza.

La qualità che preferisco in una donna.
La sincerità e la dolcezza.

Dico bugie solo…
Per non ferire l’altro.

Il giocattolo che ho amato di più.
Il trenino elettrico Märklin.

La massima stravaganza nella mia vita.
Certi arredamenti…

Il mio motto.
Vivere e lasciare vivere.

Il mio primo ricordo…
La mamma che canta, pulendo casa.

Dove mi vedo tra dieci anni.
Dove sono adesso, ma molto più rilassato.

Per un giorno vorrei essere.
Un uccello.

Nel mio frigorifero non manca mai…
Il latte.

Se fossi un animale sarei…
Una tigre (pacifica e maestosa).

In famiglia mi chiamano…
Architè.

Autrice: Elisa Lanzinger

Artista nei territori sconfinati del colore

Qui Intervista a Rolando Tessadri, un artista che vive a Salorno da sempre. Ha due figli di 17 e 21 anni che gli danno tante soddisfazioni e qualche grattacapo. È insegnante e ama ascoltare le sue studentesse e i suoi studenti. Dipinge da quando era bambino e nel corso degli anni ha esposto in molti spazi pubblici e gallerie private, sia in regione che nel territorio nazionale. Si è occupato anche di tecniche della vetrata. Di recente la Provincia di Bolzano ha acquisito una sua opera, che sarà messa a disposizione della collettività attraverso Artoteca.

La cosa che mi piace di più di me.
La mia pazienza.

La volta che sono stato più felice.
Quando sono nati i miei figli.

Da bambino sognavo di diventare… 
Un artista, naturalmente.

La persona che invidio di più.
Penso che gli artisti in genere nutrano invidia verso tutti i propri colleghi, ma siano anche molto abili nel dissimulare questo loro stato d’animo.

Un libro da portare sull’isola deserta.
Porterei un film: Il posto delle fragole.

L’ultima volta che ho perso la calma.
Non me lo ricordo.

La mia occupazione preferita.
Dipingere.

Il Paese/luogo dove vorrei vivere.
Un Paese caldo, dove non viene mai inverno.

Il colore che preferisco.
Se devo scegliere, scelgo il rosa.

Il fiore che amo.
La rosa, ovviamente.

Il mio piatto preferito.
Mi piace la cucina orientale.

ll mio musicista preferito.
Il mio quasi compaesano Anton Webern.

Il mio pittore preferito.
Malevic.

Del mio aspetto non mi piace.
Che sto invecchiando.

Non sopporto…
I conflitti.

Dico bugie solo…
A me stesso, ogni tanto.

La mia paura maggiore.
“Che il cielo mi cada sulla testa”.

Il giocattolo che ho amato di più.
La spada di Zorro il giustiziere.

La disgrazia più grande.
Crescere troppo in fretta.

L’oggetto a cui sono più legato.
I miei occhiali da lettura.

Il mio primo ricordo.
Il tavolo dei pastelli, alla scuola materna.

Dove mi vedo fra dieci anni.
Mi auguro di poter essere ancora nel mio studio a dipingere.

Per un giorno vorrei essere…
Zorro!

Se fossi un animale, sarei…
Sicuramente un gatto d’appartamento.

Autrice: Caterina Longo

Un leone… umile

QuiIntervista a Piergiorgio Veralli, di origini metà lucane e metà pugliesi, che lavora come giornalista alla Rai di Bolzano. Giocatore di Subbuteo, adora i Beatles, suona la chitarra e scrive canzoni. Insieme alla moglie Francesca Russo ha dato vita ai Morisco, coi quali ha pubblicato l’album “L’ultimo colpo”.

La cosa che mi piace di più di me stesso.
Non scalo montagne, non scio, non indosso tutine aderenti per andare a correre o in bici o in palestra, e soprattutto non mi fotografo mentre lo faccio. Ah, e non guardo le serie tv. 

Il mio principale difetto.
Credermi spiritoso.

L’errore che non rifarei.
Finire un piatto di maltagliati con le cozze e i fagioli dopo aver già ingurgitato una frittura mista. Ha le sue controindicazioni.

L’ultima volta che ho perso la calma.
Quando ho visto mia moglie caricare la lavastoviglie.

L’ultima volta che ho pianto.
Quando mia moglie ha difeso le sue teorie su come si carica una lavastoviglie.

La mia occupazione preferita.
Perdere tempo, meglio se prezioso.

Il fiore che amo.
Per chi mi hai preso?

Il piatto preferito.
Spaghetti con le alici. 

Il mio musicista preferito.
Sono due: Lennon-McCartney. Insieme.  

Il mio pittore preferito.
Michelangelo Merisi.

Del mio aspetto non mi piace…
L’eccessiva muscolatura. Mi ingolfa un po’ nei movimenti.

Non sopporto…
Chi non riesce a stare zitto quando ho bisogno di silenzio.

La qualità che preferisco in un uomo.
Saper ridere dei propri difetti.

La qualità che preferisco in una donna.
Questo è un periodico che entra nelle case delle famiglie, vero? Dunque: la voce, lo sguardo vivace, la sensibilità. 

Dico bugie solo…
Perché la verità fa male. 

La mia paura maggiore.
Suonare in pubblico, ahimè.

Il giocattolo che ho amato di più.
Una riproduzione di una Remington calibro 44. Quando io ero piccolo si giocava ancora ai cow-boys. Da grande ne ho regalato un esemplare simile a un bambino per la sua festa di compleanno e la madre mi ha guardato come se fossi un corruttore di minorenni. Il bambino, invece: “Wow!”  

Mi sono sentito orgoglioso di me stesso quando…
Mai successo, in realtà sono umile. Il più umile di tutti. Per distacco. 

Il mio più grande rimpianto.
Mi mancavano solo 5 anni per diventare geometra. (Questa credo l’abbia detta “Spillo” Altobelli. Ovviamente, essendo lui interista, non si era reso conto della genialità dell’affermazione).

Nel mio frigorifero non manca mai…
Un pezzo di formaggio ricoperto di muffa verde.

Se fossi un animale sarei…
Lo sono.

Energie creative tra immagini e design

QuiIntervista a Claudia Polizzi, che è una designer, ricercatrice e illustratrice nata a Napoli e cresciuta a Roma. Vive a Bolzano dal 2011 con Stefano e i loro due bimbi di 2 e 4 anni. Il suo studio si occupa di comunicazione visiva, immagine coordinata e grafica editoriale, ha collaborato con diversi musei e istituzioni culturali dentro e fuori la nostra provincia, tra cui la Scuola Holden di Torino. Da circa un anno collabora con il Mart di Rovereto e ha un assegno di ricerca alla Facoltà di Design e Arti Unibz.

La cosa che più mi piace più di me.
Le lentiggini.

Il mio principale difetto.
La lentezza, anche se può avere aspetti positivi.

La volta che sono stata più felice.
Lo sono ogni volta che inizio qualcosa di nuovo.

La volta che sono stata più infelice.
Quando è morto mio nonno.

Da bambina sognavo di diventare…
Ho sempre pensato che avrei lavorato, in qualche modo, con le immagini.

L’errore che non rifarei.
Diventare stanziale a 25 anni.

Un libro da portare sull’isola deserta.
Lessico familiare di Natalia Ginzburg.

Il capriccio che non mi sono mai tolta.
Vivere a New York, almeno per un po’.

La mia occupazione preferita.
Riordinare, mi rilassa.

Il Paese/luogo dove vorrei vivere.
Mi piacerebbe tornare a vivere a Roma prima o poi.

Il piatto preferito.
La pizza, quella buona.

Il mio musicista preferito.
Keith Jarrett.

Il mio pittore preferito.
Sol Lewitt.

Il giocattolo che ho amato di più.
Un bambolotto, senza un braccio, a cui davo sempre un nome diverso.

La disgrazia più grande.
Perdere la memoria.

L’oggetto a cui sono più legata.
Un cilindretto di legno che uso per fare degli esercizi la sera.

La massima stravaganza della mia vita.
Andare in fuoribordo da Miami alle Bahamas e fare il bagno con le razze.

Il mio primo ricordo.
Un cane di nome Laika che veniva a “bussare” alla nostra porta.

Il mio più grande rimpianto.
Non essere nata bilingue.

Dove mi vedo fra dieci anni.
Ancora qui.

Nel mio frigorifero non manca mai…
Un amaro o un liquore da bere la sera, quando i miei figli si sono addormentati.

Mi sono sentita orgogliosa di me stessa quando…
Quando ho partorito dopo tre giorni di travaglio.

Autrice: Caterina Longo

Giornalista bilingue per vocazione

QuiIntervista ad Anna Zangerle. Nata a Bolzano in una famiglia bilingue, Anna è laureata in giurisprudenza ma la sua passione è sempre stata la comunicazione e così nel 2019 è riuscita a coronare il suo sogno di diventare una giornalista professionista. Ha mosso i miei primi passi come giornalista con l’emittente televisiva RTTR, poi si è spostata presso SDF e VIDEO 33. Dal 2019 collabora invece con Rai Südtirol. Dal 2018 inoltre ha condotto come moderatrice diversi eventi, sia in italiano che in tedesco.

La cosa che più mi piace più di me.
La capacità di trasformare le mie fragilità in forza.

Il mio principale difetto.
L’impulsività.

La volta che sono stata più felice.
Il primo giorno di lavoro in Rai.

La volta che sono stata più infelice.
Dopo la perdita di una cara amica, una persona davvero incredibile che mi ha cambiato la vita.

Da bambina volevo diventare…
Una giornalista, ovviamente! Mio fratello ha ancora dei video di me che fingo di leggere il telegiornale. Video ahimè terribili!

La persona che ammiro di più.
Mia mamma! Una donna fortissima che è stata per me e mio fratello una mamma e un papà allo stesso tempo, ma anche un’ amica, una mentore e molto altro.

Un libro da portare sull’isola deserta.
L’amica geniale (e successivi) di Elena Ferrante, da leggere e rileggere all’infinito!

Il colore che preferisco.
Il verde.

Il fiore che amo.
La rosa rossa.  

Il mio piatto preferito.
La pasta al pomodoro… banale? Per me però una buona pasta al pomodoro non si batte!

Il mio musicista preferito.
Non ne ho uno in particolare, ma amo tantissimo la musica. Non potrei vivere senza!

Il mio pittore preferito.
Mi piace moltissimo Magritte. Quando posso mi concedo una scappata a Venezia per rivedere il mio quadro preferito “L’Empire des lumières”.

La qualità che preferisco in un uomo.
L’educazione.

La qualità che preferisco in una donna.
L’ironia.

Mi sono sentita orgogliosa di me stessa quando…
Ho passato l’esame da giornalista a Roma. Il mio non è stato un percorso convenzionale.Ho studiato giurisprudenza. È stato un traguardo molto importante per me.

Dove mi vedo tra dieci anni.
Al tavolo di una redazione, sicuramente!

Autrice: Elisa Lanzinger

Canzoni e storie vissute sulla propria pelle

QuiIntervista a Edo Avi, cantautore di Laives, che ha quattro album all’attivo e ha lavorato con personaggi come Max Marcolini, arrangiatore e produttore di Zucchero. Tre suoi singoli si sono piazzati nella classifica radiofonica della Indie Music Like. Quando non scrive musica Avi ama dipingere quadri dalle tinte forti che ritraggono figure malinconiche.

La cosa che più mi piace più di me.
Riesco sempre a rialzarmi.

Il mio principale difetto.
Mi fido troppo di tutti. In alcuni casi ci vorrebbe un po’ di cautela.

La cosa che più mi piace più di me.
Riesco sempre a rialzarmi.

Il mio principale difetto.
Mi fido troppo di tutti. In alcuni casi ci vorrebbe un po’ di cautela.

La volta che sono stato più felice.
Tutte le volte che sono stato innamorato.

Da bambino sognavo di diventare…
Un campione di Motocross.

L’errore che non rifarei.
Credere che i meriti vengano sempre riconosciuti.

La persona che ammiro di più
Quella che sa andare per la propria strada, senza preoccuparsi di dove vanno gli altri.

Un libro da portare sull’isola deserta.
‘Il mondo secondo Garp’ di John Irving, uno dei miei autori preferiti.

La mia occupazione preferita
Scrivere canzoni.

Il Paese/luogo dove vorrei vivere.
Un paese in cui tutte le persone che incroci ti sorridono e ti salutano.

Il colore che preferisco.
Il rosso.

Il mio piatto preferito.
Baccalà alla trentina, cucinato da mia madre.

Il mio musicista preferito.
Neil Young. Ha reso speciale la mia adolescenza e segnato la mia strada.

Il mio pittore preferito.
Modigliani. Potrei stare delle ore davanti ad un suo dipinto.

Non sopporto…
I prepotenti, gli arroganti, i violenti, gli ipocriti, i maleducati, i millantatori… quanto spazio ho? 🙂

Dico bugie solo…
A fin di bene.

La disgrazia più grande.
Non riuscire più a sognare.

Il mio primo ricordo.
Uno sconosciuto che mi ha insegnato ad andare in bicicletta.

Per un giorno vorrei essere.
Un uccello.

Nel mio frigorifero non manca mai…
Lo spazio. è sempre vuoto.

Se fossi un animale sarei…
L’Araba Fenice.

In famiglia mi chiamano.
Edoardo.

Il mio motto.
Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te.

Autrice: Caterina Longo

Una vita per l’arte

Per Tiziano Rosani, l’attuale curatore del Palais Mamming Museum di Merano, l’attenzione per l’arte e la storia è fondamentale. Conseguita la laurea in Conservazione dei beni culturali, Rosani ha deciso di fare ritorno nella sua “Heimat” – come la chiama lui – collaborando per vent’anni come free lance con svariati musei, tra organizzazione di mostre e scrittura di libri e cataloghi. Oggi spende le sue energie per il Museo Civico organizzando mostre e dedicandosi alla comunicazione. “Il mio chiodo fisso è far sì che i meranesi di ogni lingua e provenienza comprendano appieno le potenzialità di questo loro Museo e ne rendano così possibile l’ulteriore crescita”.

Il tratto principale del mio carattere.
Tendo a non mollare facilmente la presa. Non che questo, sia chiaro, rappresenti sempre un pregio.


Da bambino sognavo di diventare…
In un primo tempo macchinista, poi geologo.


L’ultima volta che ho pianto.
Non ricordo la circostanza esatta, capita però spesso perché mi emoziono facilmente.


Non sopporto…
Chi propone soluzioni rapide su tutto: la storia ci insegna che quasi mai la risposta al volo si rivela essere poi quella giusta.


Un libro su un’isola deserta.
In attesa di una nave di passaggio, che chissà quando arriverà, penso sarebbe utile disporre di un’enciclopedia a più volumi.


La qualità preferita in un uomo.
L’umanità, l’intelligenza e la lungimiranza.


… e in una donna.
L’umanità, l’intelligenza e la lungimiranza, associate alla dolcezza.


Dico bugie solo…
Per evitare a qualcuno/a inutili sofferenze. Di esse ne abbiamo già in abbondanza, meglio ridurne il numero.


La mia paura maggiore.
Non riuscire a dare, per mancanza di tempo o per circostanze sfavorevoli, senso pieno alla vita.


Il fiore che amo.
Tutte le specie di rose. Forse “Rosani” non è cognome casuale…


La disgrazia più grande.
Perdere anche la speranza.


Il mio motto…
È in realtà una citazione: “[…] giudico potere esser vero, che la fortuna sia arbitra della metà delle azioni nostre, ma che ancora ella ne lasci governare l’altra metà a noi. […]”.


Il paese dove vorrei vivere.
In verità è una città: Merano.


Il mio primo ricordo…
È un flash, uno dei pochissimi rimasti, di mia mamma, davanti alla casa dove abitavamo. Può anche darsi che me lo sia semplicemente sognato in seguito, non sono mai riuscito a capirlo.


La mia occupazione preferita.
Fuggire da Merano, anche solo per poche ore o pochi giorni: torno regolarmente rigenerato.


Nel mio frigo non manca mai…
L’insalata, nelle sue molte declinazioni.


L’ultima volta che ho perso la calma…
Sarà stato sicuramente in auto, in coda.


L’errore che non rifarei.
Sopravvalutare la volontà degli uomini.

Autrice: Chiara Caobelli

Una vita tra gli States e Bolzano

QuiIntervista a Simonetta Nardin, bolzanina con forti radici nell’Unterland (papà di Salorno, mamma di Roveré della Luna), è giornalista ed esperta di comunicazione. Ha lavorato a lungo negli Stati Uniti, al Fondo Monetario Internazionale, dove da ultimo ha diretto l’ufficio stampa.
È rientrata a Bolzano per camminare in montagna, stare vicino alla famiglia e mangiare Kastanienherzen a volontà. Nel tempo libero si sta dedicando alla storia della famiglia materna durante la Prima Guerra Mondiale.

La cosa che mi piace di più di me.
Le mie idiosincrasie.

Il mio principale difetto.
Le mie idiosincrasie.

Da bambina sognavo di diventare…
…un’eroina del Far West e cavalcare attraverso montagne e praterie in coppia con Kit Willer, il figlio di Tex.

Un libro da portare sull’isola deserta.
Il buio oltre la siepe, di Harper Lee, una delle mie prime letture, libro che potrei rileggere in eterno.

L’ultima volta che ho perso la calma. 
Cinque minuti fa, e la riperderò fra cinque minuti. 

La mia occupazione preferita.
Leggere il New Yorker.

l Paese/luogo dove vorrei vivere.
Il Giappone, quando verrà dichiarato zona non sismica.

Il colore che preferisco. 
Tutti i rossi di Rothko.

Il mio piatto preferito.
l baccalà mantecato al latte, come lo faceva mia mamma. 

Il mio musicista preferito. 
Tchaikovsky.

Il mio artista preferito.
Brancusi. 

Non sopporto…
…la prepotenza, nei gesti grandi come in quelli piccoli, quotidiani.

Dico bugie solo…
A me stessa.

La mia paura maggiore. 
Morire troppo presto.

Il regalo che ho amato di più.
Una scatola da 36 di pennarelli Carioca – non dimenticherò mai la gioia che mi diede quel meraviglioso tripudio di colori.

La disgrazia più grande. 
La povertà educativa e culturale.

Il mio primo ricordo.
Gente raccolta nella casa di famiglia, perché era morta mia nonna materna.

Il mio più grande rimpianto. 
Regrets, I have a few, but then again, too few to mentions… O meglio, al contrario di Frank, troppo numerosi per menzionarli tutti.

Dove mi vedo fra dieci anni. 
Qui.

Per un giorno vorrei essere… 
Una rockstar durante il concerto più grande della sua vita.

Nel mio frigorifero  non manca mai… 
Una bottiglia di vino bianco.

Se fossi un animale, sarei …
Un labrador.

In famiglia mi chiamano…
La Simo.

Mi sono sentita orgogliosa di me stessa quando…
Ogni volta che i miei figli si comportano eticamente.

Il mio motto. 
Aut viam inveniam aut faciam – Troverò una strada o ne farò una!

Autrice: Caterina Longo