Una festa del basket

è stata un’amichevole di alto livello tecnico quella disputatasi recentmente al PalaMazzali di Bolzano, tra Dolomiti Energia Trentino e gli svizzeri del Monthey-Chablais. La squadra trentina, di fronte allo scatenato pubblico altoatesino, ha vinto 86-61 trainata da capitan Forray. Riviviamo alcuni momenti della competizione attraverso gli scatti di Niccolò Dametto.

Troppi edifici abbandonati…

La nostra nuova rubrica sui palazzi diroccati presenti in città ha avuto un tale successo che abbiamo deciso di pubblicare un primo blocco di fotografie scattate direttamente dai nostri lettori. Il sogno è che questi edifici ritornino… operativi.

Avevamo avviato la nuova rubrica “Bolzano dismessa” su proposta di una signora del capoluogo, ma la risposta da parte dei lettori è stata così significativa che ci siamo visti costretti a dedicare un’intera storia di copertina a questo tema. Il catalogo fotografico degli edifici abbandonati nella città di Bolzano  così affamata di soluzioni abitative, si è trasformato dunque da un appuntamento quindicinale rappresentato da una fotonotizia ad una vera e propria foto gallery. Il fatto che molti lettori (soprattutto lettrici) abbiano preso a cuore l’iniziativa ringraziandoci, sta senz’altro ad indicare che nella cittadinanza quella di segnalare le “zone d’ombra” createsi nel tempo nel tessuto urbano di Bolzano fosse un’esigenza molto sentita, anche se finora inespressa. Le lettrici non hanno fatto altro che guardarsi intorno e affacciarsi dalla finestra nel rione in cui abitano o in cui lavorano o gravitano. Alcune volte le lettrici ci hanno anche fornito qualche notizia sugli edifici fotografati, basandosi sulla memoria personale o sulle narrazioni arrivate alle loro orecchie in merito ai motivi di ogni singolo abbandono. Gli edifici sono di diverso tipo. Si va dai condomìni alle ex case cantoniere, dai masi contadini abbandonati agli edifici commerciali, di vario genere. Non mancano nemmeno luoghi che a lungo hanno ospitato servizi pubblici, poi spostati altrove. Per arrivare a fabbricati in disuso ormai da così tanto tempo da aver perso persino la memoria della loro precedente funzione “attiva”, nella vita dei residenti della zona. Non ci resta che invitare i lettori a proseguire il loro “censimento” fotografico. Auspicando che sia il “pubblico” che il “privato” colgano l’occasione per partire da questi luoghi per un necessario percorso di rilancio della città di Bolzano, dal punto di vista del suo bisogno non solo abitativo ma anche di spazi per commercio di vicinato e comuni per la socialità. 

E’ STATA UNA SCUOLA

Gli edifici in rovina nella nostra città sono un vero peccato e uno scandalo, vista la cronaca mancanza di spazi per edificare e i prezzi degli appartamenti, sia in vendita che in affitto. La foto che vedete l’abbiamo scattata ad Oltrisarco per fare seguito alla segnalazione di una nostra lettrice anziana che ringraziamo. In Via Castel Flavon si trovano i ruderi di quello che fu lo Josfheim, una  scuola di economia domestica ed un convitto per gli studenti della scuola professionale per le professioni sociali. L’edificio risulta in stato di abbandono da decenni. Sul sito della Provincia all’indirizzo urly.it/3wdrh si trova il progetto per la ricostruzione dell’intero complesso, che avrebbe dovuta essere realizzata entro il 2010 (!). Non se ne fece nulla e ancora nel 2017 ci fu una polemica perché il rudere era divenuto rifugio per senza tetto. Sei anni fa l’Ipes assicurò che al suo posto sarebbe stato costruito un edificio per anziani e giovani coppie con bambini. Ebbene: il palazzo dismesso è ancora lì. Lo abbiamo fotografato nei giorni scorsi.

VIA BRENNERO 26

Qui ci troviamo in Via Brennero, in prossimità di quello che la nostra lettrice Lucia individua essere il civico 26. La casa cade a a pezzi e – come scrive la lettrice – si trova “senza numero, con porte e finestre sprangate”. “sono passati così tanti anni che la gente non si chiede nemmeno più cosa sia”, aggiunge la nostra lettrice. 

LUNGO TALVERA  SAN QUIRINO 25

I lettori ci hanno inviato anche questa fotografia di quella che per anni fu la storica sede del quotidiano Alto Adige. Si trova nei pressi di ponte Druso, sul Lungo Talvera, giusto di fronte al Carcere di Bolzano, altro edificio scandaloso non solo a causa alle condizioni in cui versa, ma anche al fatto che risulta tuttora operativo oltre che sovraffollato. 

EX CASA CANTONIERA
All’incrocio tra Via della Mendola e Via della Vigna (quella del cancello!), si trova questa casa cantoniera da anni in stato di abbandono. L’edificio è dotato di un vasto e incolto, segnala la nostra lettrice Donatella.

VIA PENEGAL 27

Nel bel mezzo del cuneo verde a Gries si trova questo maso in completo abbandono, segnalato e fotografato da un’altra lettrice, Donatella. “Pare sia di due sorelle in lite post eredità”, aggiunge la lettrice. 

Autore: Luca Sticcotti

Angelo Ippati, Thomas Maniacco e il poderoso progetto Owl Riddim

Il termine riddim è la base della musica giamaicana, che sia reggae, dub, reggaeton o ska. La parola – che è una storpiatura del termine anglosassone rhythm (ritmo, evidentemente) – dice tutto, fin dai tempi in cui la musica giamaicana ha cominciato a ritagliarsi un posto nel panorama internazionale grazie a piccole etichette come la Trojan, in seguito con l’interesse dimostrato da Chris Blackwell che a quella musica dedicò la propria label denominata Island.
Il ritmo era infatti alla base della struttura musicale di ogni brano, tanto che uno stesso riddim, veniva usato per molteplici brani.
Proprio questa forma musicale di origine giamaicana sta alla base del progetto realizzato dal musicista salentino (ma ormai di stanza da tempo nel capoluogo altoatesino) Angelo Ippati e dal bolzanino Thomas Maniacco. I due sono noti da tempo a chi segue la scena musicale di quassù, il primo è il sassofonista degli Skankin’ Drops, il secondo suona la tromba negli Shanti Powa: entrambi però sono sempre aperti a nuove avventure sonore.
“Owl Riddim – ci racconta Angelo Ippati – è un progetto nato durante le lunghe giornate in cui siamo stati forzati a restarcene a casa. Pensavo di provare a realizzare qualcosa di più orientato verso la cosiddetta scena sound system che è una delle forme musicali giamaicane più vicine a quello che può essere il set di un DJ. Un DJ col microfono però, non una cosa da band reggae. Mi è venuta fuori una bella base e uno dei primi pensieri è stato quello di coinvolgere Thomas per fargli scrivere un testo e cantarlo su questa base”.
In men che non si dica il progetto era partito, Thomas Maniacco, oltre a diventare Athomos, il cantante del primo brano del disco (sia sul lato A in versione classica, che sul lato B in versione dub) è diventato il socio musicale di questo Owl Riddim, così denominato in onore del gufo (owl in inglese) che Angelo vedeva ogni notte dalla finestra mentre lavorava alla base.
“Appena è stato possibile tornare a uscire di casa – è ora Thomas a parlare –, ci siamo ritrovati nello studio che ho ad Aica di Fiè con Florian Gamper e lì, un gruppo misto Skankin’ Drops e Shanti Powa ha registrato la base originale: Florian alla batteria, Angelo, Andreas Galante ed io ai fiati, Marco Pellin alle tastiere, Fabian Pichler alle chitarre. La versione del riddim del gufo cantata da me ha preso il nome di Lion Pow”.
A questo punto però, la tentazione di sentire come sarebbe stato il brano con altre voci ed altre parole è stata troppo forte, anche perché questa è appunto l’essenza di questa formula musicale, così Angelo ha spedito la base alla cantante africana, di base nei Paesi Bassi, Empress Black Omolo.
“Devo dire che quando mi sono messo a lavorare sul riddim – prosegue Ippati – ero stato proprio ispirato dal lavoro di questa importante protagonista del genere. Sono riuscito a contattarla e a spedirle la base strumentale, confessandole che mi sarebbe piaciuto molto collaborare con lei. Per tutta risposta dopo un po’ di tempo, Omolo mi ha rispedito il tutto con la sua versione, diventata nel frattempo Freedom Is A State Of Mind. È stato un onore grandissimo per me il fatto che abbia preso in considerazione il mio lavoro mandando il suo cantato con tutte le armonizzazioni”.
Il passo successivo è stato cercare un terzo interprete, trovato presto nella persona di un altro specialista, Galas, che avevo già avuto modo di incontrare in Salento, così l’ultima versione è diventata Zion Train. Per la seconda facciata del disco, un dodici pollici a 45 giri che può contare su una distribuzione a livello internazionale, Angelo e Thomas hanno chiamato in causa Michael Exodus che ha realizzato, rigorosamente dal vivo, le versioni dub dei tre brani.
Il primo brano, Lion Pow, era uscito nel 2021 in formato videosingolo su youtube (youtu.be/CbGV9HuLZvM), da allora il progetto continua ad evolversi. Ippati e Maniacco stanno già lavorando e pensando al seguito che Owl Riddim potrebbe avere, anche col coinvolgimento di ulteriori voci e testi per la base da cui tutto è partito.
Durante l’estate c’è già qualche presentazione nel Salento, ma in autunno è lecito attendersene una anche a Bolzano.

Autore: Paolo Crazy Carnevale

Letteratura

In molti, dopo la serata finale del Premio Strega, hanno chiesto al Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano come avesse fatto a votare come giurato senza aver letto i libri finalisti. Prendendo spunto da tutta questa curiosità, Sangiuliano ha deciso di aprire una sua propria libreria contenente tutte le sue guide: da “Come valutare un piatto senza mangiarlo” a “Recensire hotel senza dormirci”, passando per “Giudicare una persona senza conoscerla”. Centinaia e centinaia di volumi, ovviamente da non leggere.

Torna a splendere il sentiero del Dürer

Volere è potere, e i volontari ne sono la dimostrazione anche questa volta: la nascita dell’associazione “Sentiero del Dürer” nel 2005 ha portato all’avvio del progetto di recupero dell’omonimo sentiero. Forza di volontà, determinazione, e poi la sinergia con le amministrazioni e gli enti pubblici in questi ultimi anni, ha fatto sì che nelle scorse settimane questo meraviglioso cammino dedicato al grande artista tedesco venisse inaugurato. 

Un cammino in grado di mettere in luce lo stretto legame fra il mondo tedesco e il mondo Italiano, fra la provincia di Bolzano e quella di Trento, fra la Bassa Atesina e la Valle di Cembra: un percorso di 35 chilometri che parte dal convento Klosterle di San Floriano (Egna) per arrivare al comune di Segonzano, per far incontrare due comunità fra cui c’è sempre stato un importante legame. Ma qual è la storia che aleggia attorno a questo sentiero? Quali le prospettive che hanno spinto un gruppo di volontari a fondare un’associazione per recuperare questo percorso?

Architetto Enrico Pedri, lei conosce bene questo sentiero: può raccontare la sua storia? 

Nasce tutto dall’operato di mio papà, Bruno, che dovendo restaurare degli edifici storici in Bassa Atesina e nella vicina Piana Rotaliana, ha fatto degli studi assieme a ricercatori e storici ed è stata trovata la mappa del Nova: una mappa del 1805 in cui si parla per la prima volta di arginare il fiume Adige.
Prima di essere deviato e immettersi a Zambana, il torrente Noce dall’epoca romana fino al 1852 (anno della costruzione della ferrovia del Brennero), si immetteva ad angolo retto a San Michele, dove adesso sorge il ponte, e quindi si creava uno sbarramento; l’Adige faticava ad andare avanti e creava un reflusso fino a Laghetti, da cui il nome dell’abitato. Queste piene interessavano anche Cortina sulla strada del vino, trasformandola in una sorta di piccola Venezia. E poi creava due mezze lune a Roverè per poi tonare nel proprio alveo, lasciando un acquitrino. In epoca romana qui passava la via Claudia Augusta, che quando c’era la piena deviava prima delle Garbe.

Come si è scoperto della sua esistenza? 

È un percorso di epoca romana: chi si recava a Verona scendeva a Faedo quando arrivava al rifugio Sauch. Chi invece andava verso Venezia percorreva la Valle di Cembra arrivando a Civezzano. Albrecht Dürer fece degli acquerelli, i primi dipinti cembrani. Però non si sapeva se erano fatti quando percorreva la strada di andata o di ritorno, perché in Trentino ne ha fatti altri. Ciò che è certo è che nel suo primo viaggio in Italia compiuto nel 1494, l’artista tedesco è arrivato al Klosterle ed vi ha trovato l’alluvione. Così ha ripiegato sul “suo” sentiero.

Qual è l’obiettivo del recupero? 

Dürer in Germania è il massimo dell’espressione artistica. Questa è dunque una delle poche iniziative regionali che potrebbero portare a valorizzare il discorso del “turismo slow”, il turismo lento, su cui da entrambe le parti si sta lavorando ormai da anni. L’idea è dunque promuovere anche quanto di bello hanno da offrire questi luoghi. Va pure ricordato che sul sentiero passa la fraglia di Trodena: c’è porfido su un versante e calcare sull’altro.

Da quanto si lavorava a questa rivalorizzazione? 

Dal 1995: in quell’anno ad Arco c’è stata una grande mostra per i 500 anni del primo viaggio di Albrecht Dürer da Norimberga in Italia. Con l’occasione mio padre e il professor Pietro Marsilli avevano presentato la loro tesi ad un convegno. La “Dürer Haus” ha riconosciuto gli studi e quindi ha dato l’ok per portare avanti questo progetto di recupero. Abbiamo organizzato molte iniziative, fra cui andare a parlarne in piazza a Norimberga.

Autore: Daniele Bebber

Comuni: ancora poche le Consulte Giovani

È solo una la Consulta Giovani comunale attiva nel territorio altoatesino. Si tratta di quella del Comune di Merano, presieduta dall’estate del 2019 da Marzia Bertolini che, martedì 24 gennaio, insieme ai colleghi ha presentato il nuovo Regolamento in Consiglio comunale. “Il fatto che il capoluogo di Provincia non abbia una propria Consulta Giovani, che è un prezioso organo consultivo, evidenzia una questione critica, un problema” sottolinea Bertolini. Quella di Merano, insomma, si impegna ad essere un punto di riferimento per i politici a cui spetta il compito di prendere decisioni che inevitabilmente andranno a incidere sulla vita della cittadinanza, in questo caso: dei più giovani. “La Consulta Giovani di Merano può essere una realtà da prendere come esempio per città come Bolzano e Laives. Specie dopo il covid, non si ha più molta voglia di mettersi in gioco; speriamo che, anche nel nostro caso, in vista delle prossime elezioni ci sia qualcuno che prenda in mano la situazione e partecipi attivamente alla vita politica meranese” spiega Bertolini. Le attività dei giovani spaziano dalla sensibilizzazione ambientale alla partecipazione democratica. “Recentemente abbiamo dedicato una giornata alla raccolta di tutti i sacchetti dell’immondizia lasciati vicino alle campane, per poi svuotarli e differenziare noi i rifiuti. Volevamo richiamare l’attenzione su quel tema. Ma abbiamo anche trasmesso alle scuole del burgaviato un video finalizzato a invitare i giovani ad andare a votare e farlo consapevolmente, combattendo l’astensionismo”. Una proposta portata avanti fin dall’inizio, per Bertolini, è stata quella di avere un’aula studio dedicata agli universitari e non solo, che ha trovato la propria realizzazione al Coworking della Memoria di Via Ugo Foscolo.

Se nel Comune di Bolzano, è vero, manca l’organo consultivo formato dai giovani, è da mettere in evidenza la presenza delle Consulte Giovani della Provincia e delle Consulte Provinciali degli Studenti e delle Studentesse (CPS), divise per i tre gruppi linguistici. Da qui la domanda: sarebbe interessante avere un organo riservato interamente alla categoria dei giovani del Comune di Bolzano? “Non vedo perché non fondarne uno, garantendo un focus solo sul singolo Comune, in modo da evitare di confondere le esigenze locali con quelle Provinciali”, spiega Matteo Azzolini Poggioli, Presidente della CPS in lingua italiana. “Recentemente ci siamo fatti carico anche di tematiche generiche, non esclusive degli studenti, come ad esempio la proposta di istituire un abbonamento ai trasporti unico per tutta la Regione, formulata insieme ai colleghi di lingua tedesca, ladina e ai trentini. Forse, questo, è un tema più da Consulta Giovani che nostro, anche se chiaramente andrebbe ad incidere sulla vita di tutti gli studenti”.

Non ci sono dubbi: i protagonisti del mondo della rappresentanza giovanile e studentesca sono concordi nell’affermare che la costituzione di nuove Consulte Giovani dei singoli Comuni sia importante e porti con sé numerose opportunità.

Autore: Andrea Dalla Serra

Una vita con il volontariato al centro

Da più di 50 anni Salvatore Falcomatà, bolzanino, classe 1954, ha messo le sue energie a servizio degli altri. Che si trattasse di diritto dei lavoratori, dell’assistenza agli immigrati, o del sostegno agli sportivi, egli ha sempre messo in campo tutte le sue competenze umane e relazionali.

Tralasciando la tua ultima esperienza come vicepresidente della circoscrizione Centro-Piani-Rencio e vedendo di ripercorrere il tuo impegno, possiamo farlo per settori, primo tra i quali il sindacale…

La mia prima esperienza risale al 1974, come delegato sindacale alla FLC, Federazione Lavoratori delle Costruzioni, all’interno della quale ho cominciato a rappresentare la CISL, di cui dal 1979 al 1990 sono stato segretario della sezione edilizia. In tutto ho passato 25 anni alla CISL, seguiti da quattro in CGIL, fino al 2004, anno in cui sono passato alla UIL.

Quindi, l’esperienza al sindacato resta un po’ sullo sfondo di tutta la tua vita. Parliamo ora degli anni ’80: erano anni in cui sei stato in prima linea con i molti immigrati che arrivavano a Bolzano…

Nel 1988 sono stato tra i fondatori dell’Associazione Nelson Mandela e dal 1990 con l’apertura dell’Ufficio Immigrati, gestito dall’associazione per conto del Comune, mi sono trovato a contatto con questa nuova realtà. Un lavoro in cui si operava in concerto con l’Ufficio stranieri e la questura di Bolzano. Abbiamo rinnovato qualcosa come 6000 permessi di soggiorno. In quel periodo siamo arrivati a redigere un libricino che spiegava tutti i passaggi per avviare le pratiche.
Successivamente alla associazione abbiamo affiancato una cooperativa, che aveva il compito di avviare gli immigrati ad una esperienza lavorativa sul territorio. Era il tempo in cui la Nelson Mandela gestiva la struttura di accoglienza dell’ex Saetta, con oltre 100 posti letto, in via Roma. Eravamo molto conosciuti in città e contavamo 6-700 soci.
Grazie ai contatti con il mondo dell’edilizia e la allora forte carenza di mano d’opera, abbiamo trovato un lavoro a migliaia di ragazzi, sfruttando la formula della foresteria. A quasi tutti – gente semplice, venuta in Italia in cerca di lavoro – è stato trovato un lavoro dignitoso, per esempio come guardiani, con la possibilità di avere vitto ed alloggio.
Successivamente, con il forte aumento degli arrivi, abbiamo cominciato a dividerli per etnie, sia all’ex Saetta che nella struttura che gestivamo all’incrocio tra Via Resia e Viale Druso, dove ora c’è lo stadio del football americano.
Indirizzavamo questi ragazzi verso dei percorsi di formazione e lavoro, ma chi non aderiva, oppure creava problemi, veniva mandato via.
È stato il periodo in cui più di qualcuno è finito in quella che successivamente sarebbe divenuta la baraccopoli di Bolzano (sul greto del fiume Isarco, all’altezza di via Galilei), terra di nessuno, in cui non entrava nemmeno la polizia.

Che fine hanno fatto i vostri progetti e come giudichi il sistema dell’accoglienza oggi?

La gestione del sistema è molto complessa. L’ex Saetta oggi viene gestita dalla Caritas, che insieme alla Volontarius ormai hanno in carico tutti gli aspetti dell’accoglienza. Sono realtà divenute troppo grosse, e che, secondo me, avrebbero bisogno di qualche idea innovativa.

Dopo il sindacato e l’impegno di supporto all’accoglienza ti sei speso anche nello sport…

Ho fondato la sezione basket della UISP e l’ho seguita, anche da allenatore, fino al 1994, ma la mia ultima grande passione è il ciclismo. A dicembre termina il mio mandato come presidente dell’associazione Centro pista. Dal 1996 mi piace sostenere il settore, e, in 25 anni ho visto passare una cinquantina di campioni italiani nelle varie discipline.

Autore: Till Antonio Mola

Per ADMO ogni-uno è fondamentale

L’associazione ADMO Alto Adige Südtirol quest’anno ha compiuto 30 anni. Per l’occasione abbiamo intervistato la presidentessa Emanuela Imprescia.

Innanzitutto, di cosa si occupa ADMO?

È un’associazione che si occupa di reclutare donatori di midollo osseo che verranno poi inseriti all’interno di un registro nazionale. Nonostante vi siano quasi 40 milioni di donatori nel mondo, il fatto di fare rete è diventato  una necessità perché, quando in famiglia la compatibilità non si verifica, si deve attingere e sperare in questo registro.

Cosa bisogna fare per entrare nel registro?

I requisiti d’accesso al registro sono: età compresa tra i 18 e i 35 anni, un peso superiore ai 50kg, in buono stato di salute.

Quest’anno avete compiuto 30 anni, com’è nato e come sta crescendo Admo a Bolzano?

Sono stati un gruppo di amici che hanno cominciato dando il via ad ADMO Bolzano con l’intenzione di abbracciare questa novità e il messaggio che aveva l’obiettivo di portare con sé. Nel tempo ci siamo spesi molto per i progetti nelle scuole, per sensibilizzare anche i giovanissimi al tema della donazione di midollo osseo.

Come si può donare il midollo osseo?

Ci sono due possibilità per donare, una è quella tradizionale, che è la più conosciuta, ed è quella con il prelievo dalle ossa del bacino. Oggi però, nell’80% dei casi, la donazione avviene da sangue periferico, quindi attraverso un prelievo sanguigno.

Avete qualcosa in programma, eventi a breve?

Abbiamo implementato i nostri interventi nelle società sportive in Alto Adige, quindi c’è un radicamento sul territorio importante.  Organizziamo eventi che sono pensati per coinvolgere i ragazzi più giovani. Ogni giorno inventiamo qualcosa di nuovo. Ci sono poi appuntamenti “fissi”che ci permettono di avvicinarci ai cittadini e di sensibilizzare sul tema della donazione durante le festività. Andiamo nelle scuole. Il prossimo febbraio organizzeremo anche una mostra d’arte alla galleria civica.

Cosa vi lasciano gli incontri con i giovanissimi delle scuole?

Ho sempre avuto un bellissimo riscontro nelle scuole. Con i ragazzi entriamo in relazione abbastanza velocemente. Ho capito che i ragazzi non hanno bisogno di sapere “perché”, i ragazzi hanno bisogno di sapere “come”, perché lo sanno che se sei fortunato la tua fortuna la puoi mettere in condivisione. E se condividere significa “dividere-con”, il donatore avrà tanto quanto avrà il malato che ha ricevuto la sua occasione.

C’è qualche frase che vi sentite dire spesso?

Spesso ci sentiamo dire  “ma perché non è obbligatorio per tutti donare?” e dobbiamo spiegare che il dono non è per tutti, ma è una scelta, deve essere una scelta personale. Il fatto di farsi carico della vita di un’altra persona deve essere una scelta personale, non può essere un obbligo. Se ne senti il bisogno e se ne capisci l’urgenza, il dono viene da sé.   La donazione è fondamentale perché non sappiamo chi è quell’uno su centomila, a cui il dono è necessario. Ogni uno è fondamentale.

Autrice: Ilaria Talamoni COOLtour

Un appello per salvare… la trota marmorata

Matteo Roncon è un pescatore Bolzanino che ha a cuore la tutela della trota Marmorata. Abbiamo deciso di intervistarlo per capire perché è importante la tutela di questo pesce.

Ciao Matteo, raccontaci qualcosa su di te.

Mi chiamo Matteo Roncon, sono nato a Bolzano 39 anni fa e vivo assieme alla mia famiglia nel quartiere Don Bosco. La pesca a mosca è il mio stile di vita: ho iniziato quando ero piccolino con il nonno e da lì è esplosa la passione. Pratico la pesca a mosca lungo il fiume Isarco nelle acque gestite dall’Associazione Pescatori Bolzano di cui faccio parte (si tratta di un’associazione no-profit ed è composta da volontari). Con loro collaboro per quanto riguarda segnalazioni su danni ambientali, perché il nostro fiume va protetto e tutelato, mi impegno in particolar modo per la tutela della trota marmorata. Nel tempo libero faccio guide con pescatori meno esperti o provenienti da altre zone.

Che tipo di pesce è la trota marmorata e perché va tutelata?

La marmorata è una specie endemica del bacino dell’Isarco e dell’Adige, va tutelata perché tra disastri ambientali, piene, svasi da parte di centrali e lavori in alveo spesso non si sono create condizioni ottimali per una corretta riproduzione naturale. Negli anni la popolazione di trote marmorate si è ridotta drasticamente e c’è stato il bisogno di intervenire con tecniche specifiche per reintrodurre questo pesce e mantenere una popolazione pura.
La trota marmorata purtroppo va a riprodursi con la trota fario (pesce che è stato introdotto tanti anni fa per accontentare i pescatori che andavano al fiume per fare “cestino” ovvero per portare il cibo a casa) perdendo la purezza della specie.

MarmoGen è un progetto che collabora con la vostra associazione: come funziona?

Il progetto MarmoGen è nato per mantenere il ceppo quasi puro della marmorata. Nei fiumi vengono analizzati esemplari di trota marmorata per determinarne la loro razza pura, poi vengo prelevati esemplari maschi e femmine e vengono portati in allevamento dove il risultato del loro accoppiamento saranno trote marmorate con carattere puro. L’associazione pescatori Bolzano, oltre ad andare a prelevare i riproduttori selvatici insieme a MarmoGen mette delle piccole gabbiette con delle uova già fecondate nella foce del torrente Ega.

Qual è il compito dei soci dell’associazione pescatori Bolzano?

Tanti pescatori insieme ai guardiapesca volontari lavorano in modo costante per quanto riguarda il prelievo dei riproduttori selvatici direttamente in alveo. Lavorano nel centro ittiogenico di Nova Ponente per quanto riguarda la spremitura, la fecondazione e l’allevamento delle giovani marmorate che poi verranno reintrodotte in acqua.

Che tipo di pesca svolgi?

Io e gli amici dell’associazione pescatori Bolzano supportiamo il catch and release ovvero pescare in modo consapevole senza uccidere i pesci e trattandoli in modo rispettoso. Pesca a mosca vuol dire passione, sport e amore per la natura. I pesci vengono pescati con l’ardiglione pinzato, che non arreca ferite profonde all’animale e vengono poi manipolati con cautela, trattenendoli per pochissimo tempo, con lo scopo di arrecare loro il minor stress possibile.

Autore: Niccolò Dametto COOLtour

SHOW YOUR TALENT

COOLtour, un servizio dell’Associazione “La Strada – der Weg”, su incarico della Circoscrizione del quartiere Don Bosco, presenta l’iniziativa “Show your talent”: dal 7 al 16 dicembre 2022, Piazza Don Bosco accende i riflettori sui talenti del quartiere, invitandoli a mostrare alla cittadinanza le qualità e le doti che si nascondono nel rione. Gli scatti sono di Niccolò Dametto di COOLtour.