Lucia Frisch, la prima bolzanina citata

Nella zona industriale di Bolzano, ad un certo punto della lunga via Bruno Buozzi, dopo piazza Fiera, vi è,  parallela alla via Buozzi, una via minore, la via Lucia Frischin.  Chi era?

Si tratta della prima donna bolzanina che appare tra i nomi quasi esclusivamente maschili nel Bozner Bürgerbuch (Liber civium – libro dei cittadini di Bolzano); Lucia Frisch(in), vedova di un certo Frisch, è  registrata in tale registro nel 1590; fu investita del diritto di Inwohner, cioè residente; era il primo passo, previo il pagamento di una tassa di 25 fiorini, per ottenere la cittadinanza.

Il Bozner Bürgerbuch è un registro della prima età moderna che racchiude i nomi (5160 nominativi) dei cittadini (cives – Bürger) e degli abitanti (Inwohner) ufficialmente ammessi nella città di Bolzano. 

Il registro fu istituito nel 1551 e si conclude nel 1760. 

Il manoscritto, composto da 340 pagine, dimensioni 32:21 cm, è conservato presso l’Archivio storico della Città di Bolzano con la segnatura Hs. 2713.

Autore: Leone Sticcotti

A Bolzano una strada per Gianni Caproni

A collegare via Luigi Galvani a via Sigismund Schwarz, in zona produttiva, vi è via Giovanni Caproni. Nato il 3 luglio 1886 a Massone di Arco (TN), frequentata la Realschule di Rovereto, nel 1907 si laureò in ingegneria civile al Politecnico di Monaco di Baviera. Durante un master a Liegi, dopo aver assistito a una dimostrazione dei Fratelli Wright, si innamorò del volo. Tornato ad Arco studiò la realizzazione del suo primo velivolo a motore, il Ca1. I suoi aerei si sarebbero sempre chiamati così, con il “Ca” seguito dal numero di serie. Fu a Taliedo (quartiere di Milano) che venne fondata la “Caproni”. Verso al fine del 1910 si trasferì a Vizzola Ticino (Varese), dove proseguì lo sviluppo di biplani, con i modelli dal Ca2 al Ca7. I primi successi li ebbe dal Ca7 al Ca16. Caproni progettò e costruì diversi modelli e unità, aiutato da Giulio Douhet; tra le unità di quell’epoca, i biplani Ca 32, Ca 33, Ca 44 e i triplani Ca40. I trimotori Caproni furono utilizzati durante la Grande Guerra. Ma Caproni cercò di utilizzare l’aeroplano anche come trasporto civile; tra i progetti vi fu il Ca60, un gigantesco idrovolante a scafo per 100 passeggeri, con 8 motori, destinato a rotte transatlantiche. Tra le due guerre mondiali la fabbrica di famiglia divenne un vero e proprio gruppo industriale.  Nel 1940 fu nominato conte di Taliedo. I famosi biplani di Caproni (personalmente contrario alla guerra) furono acquistati dallo Stato italiano durante il secondo conflitto mondiale. Dopo l’armistizio (8 settembre 1943), essendo i principali stabilimenti nel territorio della Repubblica Sociale Italiana, Caproni dovette produrre per le forze armate repubblichine. Iniziò a progettare e collaudare i primi mezzi d’assalto per la X Mas; realizzò anche quello che sarebbe stato il primo aereo a reazione italiano. Nel 1951 il gruppo Caproni fallì. Gianni Caproni fu rimpianto da molti, in Italia e in tutto il mondo, quando morì, a 71 anni, il 27 ottobre 1957.

Autore: Leone Sticcotti

Il Centro dedicato a Padre Bertoldo Röllin

Vi sono persone alle quali non è stata dedicata una via o piazza, ma si è cercato di perpetuarne la memoria in altro modo, come quello di intitolare un’associazione, un centro culturale ecc. È il caso del “Centro Culturale padre Bertoldo Röllin”.  Cosa fece padre Bertoldo Röllin?  Va ricordata la realtà del quartiere di Gries; oltre all’incorporazione nel 1925 del Comune di Gries all’amministrazione comunale di Bolzano, nel 1948 la parrocchia di Muri-Gries fu elevata al rango di arciparrocchia. L’attuale chiesa parrocchiale di Gries fu consacrata il 31 agosto 1788 dal principe vescovo di Trento Pietro Vigilio Thun; sostituiva l’antica chiesa, un tempo chiamata S. Maria in Cella. Aumentando anche la popolazione di lingua italiana con il processo di edificazione della zona verde di Gries, sorse il problema della cura d’anima dei parrocchiani di lingua italiana. L’abate di Gries trovò la soluzione al problema, incaricando di tale cura d’anime il confratello padre Bertoldo Röllin, che succedeva così a padre Hildefons Leuger, il quale aveva svolto per qualche anno tale compito. Padre Bertoldo, nato nel 1901 a Uxnach (Svizzera), ordinato sacerdote nel 1926 a Bressanone, iniziò già nel 1930 a operare nell’ambito scolastico ed ecclesiale tra i parrocchiani di lingua italiana. Dal 1936 al 1965 fu il curatore d’anime per gli italiani della parrocchia di Gries. Si può dire che si dedicò per circa 40 anni alla comunità di lingua italiana e lo fece con entusiasmo e fervore, dedicandosi particolarmente ai giovani, per i quali fu guida spirituale e paterno amico. Lungo sarebbe soltanto accennare a quanto fece e creò padre Bertoldo, deceduto nel 1975; sono in molti ancora a ricordarlo. Un sentito ricordo fu lo scritto, del 28 gennaio 1996, di Mario Nicolodi, per il quale Padre Bertoldo “aveva fatto dell’oblatività la sostanza sua di vita e l’anima dei suoi rapporti e delle sue relazioni interpersonali”. È del 1997 il volume “Pater Bertoldus-Padre Bertoldo Röllin. Una vita per Gries”, a cura del “Centro Culturale padre Bertoldo Röllin”.

Autore: Leone Sticcotti

Con una via si ricorda Werner von Siemens

Tra le vie della zona industriale dedicate a protagonisti di scienza e tecnica vi è via Werner von Siemens. Ernst Werner Siemens era nato il 13 dicembre 1816 a Lenthe, presso Hannover. Il titolo nobiliare “von” si aggiunse nel 1888 con l’elevazione al rango nobiliare da parte di Federico III, imperatore di Germania e re di Prussia, per i meriti in ambito scientifico e imprenditoriale. Nel 1823 la famiglia si trasferì a Menzendorf, dove nacquero altri sei fratelli di Werner, che si aggiunsero a Ludwig, Mathilde, Hans e Ferdinand. Dopo il Liceo classico a Lubecca (1832-1834) e la Scuola d’artiglieria e ingegneristica di Berlino (1835-1838), nel 1842 Werner divenne membro della Società Politecnica. Già nel 1841 si rese noto per l’invenzione di un metodo per la galvanoplastica, per il quale gli fu conferito il Brevetto prussiano. Nel 1844 viaggiò a Londra, Bruxelles, Parigi. Anno importante fu il 1847: oltre a inventare una tecnica di rivestimento dei fili elettrici con guttaperca, il 1° ottobre fondò la “Telegraphen-Bauanstalt von Siemens und Halske”. Già nel 1848 fu allestita una linea telegrafica tra Berlino e Francoforte sul Meno. Il 1° ottobre 1852 Werner von Siemens si sposò con Mathilde Drumann; ebbero quattro figli (Arnold, Wilhelm, Anna, Känel). Morta Mathilde nel 1865, nel 1868 Werner sposò Antonia Siemens di Hohenheim; nacquero Herta (1870) e Carl Friedrich (1872). Sarebbe lungo descrivere quanto Werner von Siemens realizzò nei diversi campi dell’elettrotecnica, come studi e applicazioni nel campo delle macchine dinamo-elettriche, della telegrafia, delle lampade elettriche, della trazione elettrica. Non mancarono i riconoscimenti: due lauree ad honorem (Berlino nel 1860, Heidelberg nel 1886), la nomina nel 1873 a membro dell’Accademia Prussiana delle Scienze, l’elezione nel 1891 a Presidente del Congresso degli Elettrotecnici. Deceduto per una polmonite a Berlino il 6 dicembre 1892, i suoi resti si trovano nella tomba di famiglia nel Südwestkirchof di Stahnsdorf.

Autore: Leone Sticcotti

La via dedicata a Wolfgang von Goethe

Via Goethe: è una via importante, sia perché collega piazza Domenicani a piazza Erbe, sia perché dedicata ad un personaggio centrale della cultura europea. Johann Wolfgang Goethe era nato a Francoforte sul Meno il 28 agosto 1749. Dopo aver esercitato per qualche tempo l’avvocatura, ottenne fama con il dramma “Götz di Berlichingen” (1773) e con il romanzo epistolare “I dolori del giovane Werther” (1774). Va tenuto conto anche degli Inni, quali “Il viandante”, “Ganimede”, “Prometeo”, dei drammi minori, come “Urfaust”, considerato la prima stesura del “Faust”. Entrato a far parte della corte di Carlo Augusto (1757-1828), duca di Sassonia-Weimar, ne fece un centro di vita intellettuale. Il nuovo ambiente sereno, l’amore per Charlotte von Stein (1742-1827), l’amicizia del poeta e drammaturgo Johann Christoph Friedrich von Schiller (1759-1805) e dello scrittore e filosofo Johann Gottfried von Herder (1744-1803), i due viaggi in Italia (1786 e 1790), placarono il suo animo, agevolando la sua ispirazione in cui si era compiuta la compenetrazione fra il mondo tedesco e quello della classicità greca e latina. Sono di questo periodo drammi, come “Le affinità elettive” (1809), romanzi, come “Gli anni di peregrinazione di Wilhelm Meister” (1829). Fino alla morte Goethe lavorò alla stesura del “Faust”, dramma che ideò nel 1772, rielaborò nel 1808 e terminò nel 1831. Si interessò anche alla scienza; scrisse “Metamorfosi delle piante” (1790) e “Teoria dei colori” (1810). Non mancano gli scritti autobiografici, come “Viaggio in Italia” (1816-1817). Il 16 marzo 1832 Goethe si ammalò e morì a Weimar il 22 marzo. Ultime sue parole, si dice, sarebbero state: “Macht doch den zweiten Fensterladen in der Stube auch auf, damit mehr Licht hereinkomme” (Aprite anche la seconda imposta nella stanza, affinché entri più luce). Fu sepolto il 26 marzo nella tomba dei Duchi di Sassonia-Weimar.

Autore: Leone Sticcotti

La piazza dedicata a Piero Siena

Piero Siena: era doveroso dedicargli lo spazio antistante il Museion, museo d’arte moderna e contemporanea.  Era nato il 27 aprile 1912 a Castelbelforte (Mantova); fu al liceo che nacque in Piero la passione artistica. A Mantova entrò a far parte del neocostituito “Gruppo del Novecento”, un movimento artistico. Vinta una borsa di studio si iscrisse all’Accademia di Venezia; partecipò alle lezioni di incisione tenute dal professor Emanuele Brugnoli. Finiti i tre anni si dedicò alla pittura. Lo scrittore e docente Giuseppe Cerrina gli propose di fare una mostra; fu a Merano che il ventenne Piero Siena tenne la prima mostra. Tra gli anni Trenta e Quaranta iniziò a frequentare Bolzano e a dipingere in montagna. Chiamato alle armi, nel 1941 partì per la campagna di Russia. Durante la ritirata finì in un campo di prigionia, vicino a Mosca;  ebbe modo di incontrare Palmiro Togliatti, sia nel campo che  a Mosca. A guerra finita, dopo un viaggio di quarantacinque giorni stipato in carro bestiame, da Mosca giunse a Bolzano, dove partecipò alle iniziative culturali del Partito comunista. Ebbe rapporti di amicizia  con personaggi di spicco di tale Partito. Fu attivo anche come critico d’arte; stabilì rapporti di amicizia con molti artisti e critici d’arte, come  Renato Birolli, Antonio Corpora, Lucio Fontana, Nino Franchina, Achille Perilli, Karl Plattner, Gino Severini, Emilio Vedova, Toni Zancanaro.  Nel 1986 venne chiamato a far parte del comitato artistico della associazione promotrice del Museo d’Arte Moderna di Bolzano, che nel 1991 prese il nome di Museion, del quale Piero Siena fu direttore dal 1987 al 2001. A lui si deve la promozione di decine di mostre ed eventi; lo stesso Museion fu sede di importanti mostre.  Dal 1960 al 2001 Piero Siena fu collaboratore della rivista “Il Cristallo”, nata nel 1959, promossa dal “Centro di cultura dell’Alto Adige”. Piero Siena morì in casa di riposo il 17 novembre 2003.

Autore: Leone Sticcotti

La strada dedicata a Maria Winkelmann

Tra via Alessandro Volta e via Toni Ebner, parallela a via Bruno Buozzi, si trova via Maria Winkelmann. Nata il 25 febbraio 1670 a Panitzsch, presso Lipsia, Maria Margarethe Winkelmann rimase presto orfana. Crebbe a Sommerfeld presso Lipsia, nella casa di Christoph Arnold (1650-1695), detto “l’astronomo contadino”, il quale diede alla ragazza i primi rudimenti dell’astronomia. Nella cerchia di amici di Christoph Arnold, Maria Margarethe conobbe Gottfried Kirch (1639-1710), anche lui astronomo; si sposarono il 5 maggio 1692; ebbero quattro figli, di cui due, Christfried (1694-1740) e Christine (1697-1782), portarono avanti con grande successo la tradizione di famiglia concernente l’astronomia e la meteorologia. Trasferiti a Guben, Maria Margarethe Winkelmann, oltre ad essere la più fidata e accorta collaboratrice di Gottfried, iniziò lei stessa con regolari e quotidiani calcoli e appunti meteorologici. Nel luglio 1700 Gottfried Kirch fu nominato primo astronomo dell’Osservatorio astronomico della Società berlinese delle scienze; la famiglia si trasferì a Berlino. Se a Gottfried Kirch, deceduto il 25 luglio 1710, si deve un gran numero di osservazioni astronomiche e meteorologiche del periodo berlinese, sua moglie Maria Margarethe non fu da meno; dal 1° gennaio 1701 aveva iniziato autonomamente le proprie osservazioni, che nel 1702 portarono alla scoperta di una cometa. La vedova poté lavorare nell’Osservatorio privato del barone Bernhard Friedrich von Krosigk (1656-1714), sul tetto della casa nella Wallstrasse. Invitata a Danzica, vi rimase dal 1714 al 1716, anno in cui ritornò a Berlino per raggiungere il figlio Christfried, nominato direttore dell’Osservatorio astronomico berlinese; lo sostenne, come per anni aveva fatto per il marito, nei suoi lavori astronomici. Lei stessa riprese con le proprie osservazioni astronomiche, cosa che fece fino al 17 dicembre 1720. Morì alcuni giorni dopo, il 29 dicembre.

Autore: Leone Sticcotti

La strada dedicata ad Amedeo d’Aosta

Viale Amedeo Duca d’Aosta, collegante piazza Adriano a piazza Gries, è dedicato a un membro di Casa Savoia, appartenente al ramo Savoia-Aosta. Nato a Torino il 21 ottobre 1898, dopo sei anni di studi a Londra, a quindici anni, rientrato in Italia, fu avviato alla carriera militare; entrata in guerra l’Italia nel 1915, Amedeo, arruolatosi volontario, si guadagnò sul campo il grado di Tenente per merito di guerra e nel 1917 quello di Capitano. Seguì poi lo zio, Luigi Amedeo, Duca degli Abruzzi, in Somalia. Rientrato in Italia, nel 1921 partì per il Congo belga, dove lavorò in una fabbrica a  Stanleyville. Ripresa  a Palermo nel 1923 la carriera militare, si laureò in giurisprudenza. Il 24 luglio 1926 conseguita la licenza di pilota militare, tornò in Africa, guadagnandosi una medaglia d’argento per le azioni di volo sulla Cirenaica. Morto nel 1931 il padre, Emanuele Filiberto, fu Amedeo ad assumere il titolo di Duca d’Aosta. Trasferito nella Regia Aeronautica, tra le varie promozioni giunse, scoppiata la Guerra d’Etiopia, quella, nel 1936, di Generale di Divisione aerea, e, il 16 novembre 1937, di Generale di Squadra aerea. Il 21 dicembre si insediò come Governatore generale dell’Africa Orientale italiana e Vicerè d’Etiopia. Il 10 giugno 1940 divenne Comandante superiore delle Forze armate dell’Africa Orientale italiana. Il 17 maggio 1941, dinanzi alla travolgente avanzata degli inglesi, le truppe italiane si difesero valorosamente ma ad un certo punto dovettero arrendersi. Per la fermezza mostrata dagli italiani, i britannici resero l’onore delle armi ai superstiti. Amedeo d’Aosta come prigioniero di guerra numero 11590 fu trasferito in Kenya in areo, finendo a Sàbouk, località a 70 km da Nairobi, infestata dalla malaria. Fu proprio di malaria che il Vicerè d’Etiopia morì il 3 marzo 1942 nell’ospedale  militare di Nairobi.  Sepolto nel sacrario militare di Nyeri, in Kenya, alle esequie presenziarono generali britannici con il lutto al braccio.

Autore: Leone Sticcotti

La via dedicata al principe Eugenio 

Casa Savoia, una tra le più antiche dinastie d’Europa, è oggetto d’attenzione in questi giorni, con  la morte il 3 febbraio di Vittorio Emanuele, nato il 12.2.1937, figlio dell’ultimo re d’Italia, Umberto II (1904-1983). Qualche cenno su un illustre componente di tale Casa, il Principe Eugenio di Savoia, al quale è dedicata la via che ad un certo punto costeggia il Commissariato del Governo. Eugenio Francesco di Savoia-Carignano, nato nel 1663 a Parigi, vi passò la giovinezza. Interessato alla carriera militare più che a quella ecclesiastica, alla quale volevano indirizzarlo sia la nonna che il Re Sole, fu accolto a Vienna nell’esercito dell’imperatore Leopoldo I d’Asburgo (1640-1705); iniziò la carriera come Aiutante di Campo, meritandosi il grado di Colonnello per essersi distinto nei vari scontri con i Turchi in ritirata dall’assedio di Vienna (1683); vi furono altre promozioni, fino a quella a Tenente Generale; partecipò all’assedio e alla conquista di Belgrado il 6 settembre 1688. Comandante Generale di cavalleria dal maggio 1690, fu inviato a soccorrere il Duca di Savoia, Vittorio Amedeo II (1666-1732), suo cugino, essendo il Piemonte invaso dai Francesi; combatté per sei anni. Richiamato in Austria, con il titolo di Feldmaresciallo fronteggiò i Turchi che avevano riconquistato Belgrado. Li mise in rotta presso Zentha. Ritornò a combattere contro i Francesi; nel 1707 ne distrusse la flotta; nel 1708 espugnò Lilla. Di nuovo contro i Turchi, li sconfisse il 5 agosto 1716, liberando Belgrado. Fu grazie a lui che l’Impero raggiunse la sua massima espansione. Alla guida della politica estera concluse vari Patti e Trattati di alleanza. Il settantenne guerriero morì nel 1736, nel sonno, durante le trattative di pace con i Francesi, nel suo palazzo di Belvedere a Vienna. Dopo solenni esequie a Vienna e a Torino, il corpo fu tumulato nella cattedrale viennese di Santo Stefano; il cuore si trova nella cripta della basilica di Superga.

Autore: Leone Sticcotti

A Bolzano si ricorda Maria Montessori

Fu indovinata l’intitolazione a Maria Montessori, pedagogista di fama nazionale e internazionale, del centro, sorta di agorà, del rione Firmian.  Nata a Chiaravalle (Ancona) il 31 agosto 1870, nel 1896 Maria Montessori ai laureò brillantemente alla facoltà di medicina dell’Università di Roma. Dopo la laurea divenne assistente presso la Clinica psichiatrica dell’Università; iniziò un progetto educativo con i bambini rinchiusi in manicomio; per lei la questione che riguardava tali bambini era pedagogica e non medica. Fu delegata italiana al congresso di Berlino del 1896 ed a quello di Londra nel 1899. Nei primi anni del Novecento, mentre studiava filosofia e insegnava antropologia, le fu proposto di aprire una scuola per i figli delle famiglie operaie del quartiere San Lorenzo di Roma. Fu la prima Casa dei Bambini, un modello di scuola che divenne in poco tempo celebre in tutto il mondo. Tra i libri che scrisse fondamentale fu “Il metodo della pedagogia scientifica applicata all’educazione infantile”, pubblicato nel 1909. Le scuole Montessori si moltiplicarono, soprattutto in alcuni paesi europei e negli Stati Uniti. Con il manifestarsi dell’incompatibilità tra il suo metodo e il regime fascista, la Montessori lasciò l’Italia.  Tra il 1934 e il 1935 tenne conferenze a Parigi, Budapest, Vienna e in altre città dell’Europa centrale. Da Londra, dove organizzò corsi e congressi, raggiunse l’Olanda; a Laren fondò e diresse un Centro Montessori. Nel 1939 fu invitata a tenere un corso in India, dove il Mahatma Gandhi diede il benvenuto alla “mamma Montessori”. Tornata in Europa, nel 1946 ricevette accoglienze calorose e si susseguirono i riconoscimenti ufficiali. Non venne meno l’instancabile opera per far procedere “la rivoluzione del bambino”. Il 6 maggio 1952, quando il figlio Mario, che la ospitava a Noordwigkam See, volle farle vedere sull’atlante la posizione del Ghana, dove la madre desiderava aprirvi nuove scuole, la trovò morta.

Autore: Leone Sticcotti