Festa dell’Europa: servono passi concreti e solidali

La Festa dell’Europa – 9 maggio – torna a ricordarci che l’Unione non è una gabbia né un costrutto di alta burocrazia, ma una meta da raggiungere nel dialogo paziente, nella mediazione tra culture e tradizioni, nella tutela del diritto e dei diritti, nella creazione di istituzioni che siano al servizio della persona umana.

L’Europa, è stato detto, è un progetto di pace (cosa che oggi pochi capiscono, perché più nessuno ha fatto esperienza della guerra). Poiché la meta è ambiziosa, gli strumenti devono però essere adeguati. Ciò che ancora non si vede all’orizzonte dell’Unione Europea è una politica comune. Questo tema era già presente ai padri fondatori. Alcide Degasperi si espresse come segue nel discorso, intitolato “La nostra patria Europa”, che tenne alla Conferenza parlamentare europea di Parigi nell’aprile 1954: “È la volontà politica unitaria che deve prevalere. È l’imperativo categorico che bisogna fare l’Europa per assicurare la nostra pace, il nostro progresso e la nostra giustizia sociale che deve anzitutto servirci da guida… Tutta la nostra costruzione politico-sociale presuppone un regime di moralità internazionale. I popoli che si uniscono, spogliandosi delle scorie egoistiche della loro crescita, debbono elevarsi anche a un più fecondo senso di giustizia verso i deboli e i perseguitati. Lo sforzo di mediazione e di equità che è compito necessario dell’Autorità europea le darà un nimbo di dignità arbitrale che si irradierà al di là delle sue attribuzioni giuridiche e ravviverà le speranze di tutti i popoli liberi”.
Il 9 maggio è Festa dell’Europa perché quel giorno, nel 1950, il ministro degli esteri francese Robert Schuman pronunciò la famosa Dichiarazione che si considera il concepimento del progetto unitario europeo. Disse tra l’altro: “L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”.

Autore: Paolo Bill Valente

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