Il vescovo Ivo Muser nella sua lettera di Ferragosto (“In anima e corpo”) prende nuovamente posizione a favore della vaccinazione, che fino ad ora si è dimostrata l’unico modo efficace – oltre alle misure di protezione e distanziamento – per combattere il coronavirus o per ridurne drasticamente le conseguenze.
La lettera è dedicata alla “corporeità” che “è molto più che fisicità”.
Essa è “il corpo-vissuto, è la nostra vita nello spazio e nel tempo, la nostra sessualità, il nostro volto, la stretta di mano, il sorriso e il pianto, le nostre esperienze, gli atteggiamenti e le relazioni, il nostro agire, il nostro evolverci e la nostra inevitabile fine”. Non c’è dubbio che la pandemia ha messo a dura prova il nostro corpo e la nostra psiche.
Il vescovo, come aveva fatto anche papa Francesco (“Io credo che eticamente tutti debbano prendere il vaccino, è un’opzione etica, perché tu ti giochi la salute, la vita, ma ti giochi anche la vita di altri”), si inserisce in modo indiretto ma deciso nella querelle sulla vaccinazione. “Il Covid”, scrive, “è ancora un tema molto presente, in quanto strettamente legato alla salute, un ambito che riguarda l’intera società e quindi di carattere prioritario”.
Ed ecco: “Senza dubbio la protezione della salute fisica, anche attraverso una vaccinazione, è necessaria, buona e importante – e anche espressione di responsabilità, solidarietà e rispetto”.
Vero anche che il virus ci mette “di fronte a una verità che la nostra società trova particolarmente difficile da accettare: la vita umana è e rimane vulnerabile, in pericolo, fragile e mortale – prima e dopo la pandemia”.
Riconoscere i propri limiti, i limiti della vita e della natura umana è una sorta di vaccinazione per la nostra anima e sarebbe un buon antidoto a certi atteggiamenti fanatici e negazionisti.
“Quando ricominceremo a capire che l’essere è più importante di ogni avere e di ogni cupidigia, ci avvicineremo al dono e al mistero della vita”.
Autore: Paolo Bill Valente