La guerra in Ucraina, ai confini dell’Europa, ha impressionato e impressiona molto. È un conflitto relativamente vicino e questo fa paura. Ma c’è anche una grande solidarietà verso chi fugge. In tutto il continente, anche in Italia e in Alto Adige, ci si organizza per accogliere i profughi che stanno varcando le frontiere.
La crisi Ucraina ci mostra un lato bello delle nostre società. Ovunque nascono iniziative per raccogliere fondi e materiali a favore delle popolazioni colpite della guerra. Persone private e istituzioni mettono a disposizione alloggi per famiglie in fuga. L’Unione Europea è disposta a cambiare i regolamenti in tema di migrazioni e Stati che finora avevano eretto muri e reticolati manifestano la disponibilità ad aprire le porte a chi fugge dalla guerra di Putin.
Il lato meno bello sul quale questa crisi ci costringe a riflettere è che, come è stato fatto osservare in questi giorni, sembra che per l’Europa dei diritti umani universalmente riconosciuti esistano uomini di serie A e uomini di serie B. Profughi di serie A e profughi di serie B. Negli anni passati si è potuto verificare più volte, sia a livello globale, che in Europa, che nelle nostre città e paesi, come anche solo un diverso colore della pelle, oppure una diversa appartenenza religiosa abbiano reso a persone, famiglie, lavoratori, profughi difficile e a volte impossibile trovare accoglienza adeguata. Non parliamo di privilegi, ma dello stretto indispensabile.
È forse vero che la vicinanza culturale favorisce la comunicazione e l’integrazione. Però il vero fondamento su cui si costruisce la convivenza tra lingue, culture, popoli non è la comunanza culturale ma la consapevolezza di una comune intangibile dignità. Il riconoscersi, direbbe papa Francesco, “Fratelli tutti”.
È un tema su cui riflettere fra qualche giorno, quando si aprirà la “Settimana d’azione contro il razzismo”, che culminerà il 21 marzo con la “Giornata per l’eliminazione delle discriminazioni razziali”. “Siamo sempre lo straniero di qualcun altro. Imparare a vivere insieme è lottare contro il razzismo” (Tahar Ben Jelloun).
L’accoglienza ai profughi ucraini può essere l’occasione di sperimentare il senso dell’accoglienza alle persone in quanto sorelle e fratelli e a rendere la nostra società più autenticamente solidale.
Autore: Paolo Bill Valente