Mentre si avvicina l’anniversario della morte di Alex Langer (3 luglio), vien da chiedersi che cosa avrebbe detto, lui, della guerra in Ucraina e dei modi scelti per affrontarla e portarla a soluzione. Ciò che manca, allora come oggi, è una forza internazionale capace di far valere il diritto e i diritti della parte più debole.
Quasi trent’anni fa (luglio 1993), Alexander Langer, guardando al conflitto balcanico, disse che “occorre una credibile autorità internazionale che sappia minacciare ed anche impiegare – accanto agli strumenti assai più importanti della diplomazia, della mediazione, della conciliazione democratica, dell’incoraggiamento civile, dell’integrazione economica, dell’informazione veritiera… – la forza militare, esattamente come avviene con la polizia sul piano interno degli Stati.
Se qualcuno spadroneggia con la forza delle armi nel suo quartiere o nella sua valle, e nessuno si muove per fermarlo, in poco tempo scoppia una generale guerra per bande, in cui tutti sono obbligati ad armarsi ed a cercare di farsi valere con la forza”.
Dunque sì, secondo Langer – per quanto egli fosse un costruttore di pace e un autentico nonviolento – in quella situazione l’ONU sarebbe dovuta intervenire in modo più deciso, per bloccare il conflitto e salvaguardare la popolazione inerme dalle mire di conquista degli eserciti in campo.
Se oggi nessuno propone seriamente un intervento di “polizia internazionale” è solo perché la parte forte, quella che spadroneggia, è una potenza nucleare. Come tale è capace di tenere in scacco il mondo intero.
E tuttavia non è ammissibile che un qualsiasi Stato annetta territori di un altro Stato con la violenza o con altri mezzi illegittimi.
Al di là dei diritti lesi, ciò rappresenta un pericolo per tutto il mondo e un messaggio per i despoti che assomiglia a una licenza di uccidere.
Non possiamo ridurci a chiedere al più debole di rinunciare a qualcosa, solo per far star buono il più forte. Ciò vale anche in altre forme di relazione.
La Comunità internazionale deve trovare il modo per fermare i più forti che schiacciano i più deboli, in ogni situazione.
Con la diplomazia, la mediazione, la conciliazione democratica, l’incoraggiamento civile, l’integrazione economica, l’informazione e anche, se necessario, con la forza.
Autore: Paolo Bill Valente