Il 23 settembre ricorrono i trent’anni della scomparsa di don Giorgio Cristofolini. Lo ricordiamo come il “prete in miniera” e come fondatore e primo direttore del settimanale “Il Segno”. Ma fu di più: uno di quegli altoatesini che contribuirono, nel silenzio, a dare anima all’autonomia e a cui nessuno si sogna di dire grazie.
Don Giorgio chiamava operai e minatori “i miei professori”. Erano, diceva, gli “umili, che mi hanno insegnato l’amore alla giustizia e il valore della solidarietà”. Il suo lavoro di giornalista fu ispirato, anche grazie a loro, a due principi: mai soffiare sul fuoco dei nazionalismi (e di qualsiasi altra forma di egoismo collettivo); sempre dare voce a chi non ha voce.
Amico e collaboratore del grande vescovo Joseph Gargitter, suo compagno di strada nella realizzazione del sogno di una diocesi autenticamente plurilingue, era convinto che la chiesa altoatesina dovesse avere, nel contesto dell’autonomia (e non solo), uno spirito profetico. “È stato impegnativo finora lo sforzo per raggiungere la pacificazione”, scrisse poco prima di morire. “D’ora in avanti il compito è forse ancora più difficile. Deve umanizzare la politica e anche l’obiettivo della convivenza”. “Credo che la chiesa non possa restare indifferente davanti a una provincia il cui compito preminente sembra quello di distribuire denaro”.
Aggiunse: “Ammesso anche che il denaro venga distribuito con equità, mi sembra che non sia questo lo stimolo principale di un ente pubblico, ma sia piuttosto quello di inventare, ad esempio, forme di compartecipazione. Quello di trasformare la politica dei pochi nella politica dei molti, dei tutti possibilmente. Quello di sollecitare la gente ad assumersi le proprie responsabilità sociali e politiche e non ad essere semplicemente pecore. Mi pare che l’autonomia offra anche queste possibilità, che si devono sapere valorizzare bene. Questo sarà per la chiesa un compito non indifferente”.
A trent’anni da queste parole, un pensiero a don Giorgio, un grazie a lui e a chi ha agito come lui, con umiltà e nel silenzio, col solo orizzonte del bene comune. E tante domande.
Autore: Paolo Bill Valente