Cambiare linguaggio, dare speranza, restare umani

Conflitti tra gruppi o popoli non si risolvono con le guerre, con le armi, con la vittoria dell’uno sull’altro. Un approccio necessario per cambiare le cose è liberarsi da coloro, in loco e soprattutto altrove, che vogliono, perpetuano e vivono del conflitto. La pace richiede una nuova prospettiva e un nuovo linguaggio.

“Un linguaggio violento, aggressivo, carico di odio e di disprezzo, di rifiuto e di esclusione”, ha detto il patriarca latino di Gerusalemme, cardinale Pierbattista Pizzaballa, “non è un elemento accessorio a questa guerra, ma è anzi uno degli strumenti principali di questa e di troppe altre guerre”. E ha aggiunto, parlando agli studenti di Roma della “profezia della pace”, che affinché essa diventi realtà “è indispensabile educarci al rispetto, all’incontro, al dialogo, al perdono. Tutti, ebrei, musulmani e cristiani, devono essere innanzitutto testimoni credibili di speranza”. “Senza speranza non si vive. Oggi c’è più paura che speranza”. “Questo è il momento della speranza. Credo che l’antidoto alla violenza e alla disperazione, da qualunque parte venga, sia creare speranza, iniettare speranza, generare speranza, educare alla speranza e alla pace».

Conflitti come quello in corso in Israele/Palestina non si sciolgono con le polarizzazioni né con la riproposizione acritica di stereotipi millenari. Più che mai una realtà come quella impone una riflessione che tenga conto della complessità che la genera. Le narrazioni correnti tendono a ricostruzioni “storiche” parziali, allo scopo di dimostrare la colpevolezza o i diritti dell’uno o dell’altro. Ma la storia che conduce alla presente situazione è molto lunga e non semplificabile in uno slogan. Non è iniziata lo scorso 7 ottobre e nemmeno nel maggio del 1948.

“In questo momento ciò che vediamo”, spiega il card. Pizzaballa, “è che ciascuno si sente vittima. L’unica vittima. E che gli altri sono invece la causa del mio essere vittima”.

Mettersi seriamente nei panni degli altri è il primo, necessario passo per cambiare prospettiva, cambiare linguaggio, deporre le armi. E per restare umani.

Autore: Paolo Bill Valente

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