“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. È l’articolo 21 della Costituzione. Un principio sacrosanto per il quale si è lottato e si è morti. Oggi il nemico numero uno della libertà di espressione è l’abuso della libertà di espressione.
Troppe informazioni, poca informazione. È questo uno dei mali della comunicazione in un mondo in cui ognuno è in grado di far circolare parole, immagini, suoni, ma pochi sono in grado di dare loro il giusto peso e di capire fino a che punto quanto viene detto e scritto sia vero e verificato e sia lecito.
Nei giorni scorsi, a seguito delle dichiarazioni di un consigliere provinciale altoatesino, un gruppo qualificato di suoi colleghi ha manifestato tracciando, dice il loro comunicato, “una simbolica linea rossa che non deve essere oltrepassata. Con questo vogliamo chiarire che rifiutiamo fermamente l’incitamento all’odio, le svalutazioni, gli insulti, i discorsi d’odio e simili, sia nel discorso politico ma anche in quello sociale”. Che la libertà di espressione abbia dei limiti – che consistono semplicemente nel rispetto degli altri – è qualcosa che sanno da sempre anche i bambini. Tuttavia, proprio l’abuso del principio di libera espressione negli ultimi decenni ha fatto sì che i personaggi più improbabili abbiano potuto raggiungere luoghi di potere anche più alti a suon di insulti, di minacce e bugie. Mentre stigmatizzavamo il “buonismo” abbiamo sdoganato il “cattivismo”. Hai voglia ora tracciare linee rosse! Discorso analogo per le fake news. La libertà di espressione e di informazione trova un limite invalicabile nella verità dei fatti. Non è lecito diffondere notizie non vere e costruirci attorno teoremi per tirare l’acqua al proprio mulino o per diffamare qualcuno. In Europa l’83 per cento delle persone ritiene che la disinformazione costituisca una minaccia la democrazia. Il 63 per cento dei giovani afferma di incontrare notizie false più di una volta alla settimana. Il 51 per cento degli europei ritiene di essere stato esposto alla disinformazione online. Anche per questo l’Unione Europea – che spesso è vittima essa stessa della post-verità – ha varato un rigido codice di condotta contro la disinformazione. Attenzioni da avere in vista dei prossimi appuntamenti elettorali (e oltre).
Autore: Paolo Bill Valente