Una festa per riscoprire la felicità che abbiamo nascosto

È tradizione che il primo giorno di novembre ci si rechi al cimitero a porre un fiore o ad accendere un lume sulla tomba dei propri cari defunti. In questo modo vengono rinsaldate le relazioni con coloro che non ci sono più o, per chi crede, sono vive in un altro modo, più vero. In una “eternità” che è già qui.

È particolarmente significativo che la tradizione fissi la visita al camposanto non nel giorno dedicato ai defunti (2 novembre), ma nella festività di tutti i santi (1 novembre). Il motivo è proprio quello per cui non si intende celebrare la morte, ma piuttosto le vita e una vita piena.
Non è un caso che la liturgia di Ognissanti metta al centro una parola: beato. Il brano evangelico proclamato nelle chiese, tratto dal capitolo quinto del Vangelo di Matteo, è quello delle cosiddette “beatitudini”. “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli”.
Beato significa felice e la felicità è il bene più prezioso a cui tutti tendiamo. È lo scopo della vita. Disse una volta Roberto Benigni in uno dei suoi memorabili monologhi: la felicità “ce l’hanno data in dono quando eravamo piccoli, ce l’hanno data in regalo, in dote ed era un regalo così bello che l’abbiamo nascosto…” “Dobbiamo pensarci sempre alla felicità e anche se a volte lei si dimentica di noi, noi non ci dobbiamo mai dimenticare di lei. Fino all’ultimo giorno della nostra vita. Saltate dentro all’esistenza ora, perché se non trovate niente ora, non troverete nulla mai più. È qui l’eternità, non ce n’è un’altra”.
Noi e i nostri morti apparteniamo a una stessa dimensione che vuole essere esplorata e accolta.

Autore: Paolo Bill Valente

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