Messo a tacere per aver avuto il coraggio della verità

Si può conservare la vita (o il proprio ruolo) avendo pagato il prezzo del silenzio oppure morire nella certezza che la propria vita, e la stessa morte, abbiano avuto un senso compiuto. Si può vivere mandando altri a morire o morire per alimentare la vita di tutti. È quanto ha fatto Franz Reinisch, esattamente ottant’anni fa.

Franz Reinisch nacque a Feldkirch (a quel tempo diocesi di Bressanone) e crebbe a Bolzano, Brunico e Innsbruck. A 22 anni entrò nel seminario di Bressanone e fu lì che conobbe la congregazione dei padri Pallottini. Dopo l’ordinazione sacerdotale, avvenuta a Innsbruck nel 1928, entrò in un convento presso Bamberga.
Nel 1933 Adolph Hitler salì al potere. Reinisch, in quegli anni, fu attivo soprattutto a Schönstatt. Le sue prediche, con le quali denunciava l’inconciliabilità tra cristianesimo e nazionalsocialismo, attirarono presto l’attenzione delle autorità naziste. Il 12 settembre 1940 la Gestapo gli vietò di tenere conferenze e di predicare in tutto il territorio del Reich.
Quando fu richiamato al servizio militare nella Wehrmacht dichiarò subito che non avrebbe prestato il giuramento di obbedienza a Hitler. “Per quanto io verifichi la mia coscienza, non riesco a giungere ad altra conclusione. E contro la mia coscienza non posso e non voglio agire”. “Come cristiano e come austriaco non potrei mai prestare il giuramento di fedeltà a un uomo come Hitler”. Già nel 1939 aveva affermato: “Il giuramento militare sulla bandiera nazionalsocialista, sul Führer, non lo si può prestare. È un atto peccaminoso. In questo modo si darebbe il giuramento a un criminale”.
Il “no” gli costò l’arresto, il carcere a Berlino e il processo, nel luglio 1942, che si concluse con la condanna alla decapitazione, eseguita il 21 agosto nel carcere di Brandenburgo sulla Havel.
Reinisch è una di quelle persone che, come Josef Mayr-Nusser, aveva capito che l’omertà di fronte agli abusi di potere rende complici di chi mortifica l’uomo e la sua dignità. Disse (sapendo, per questo, di dover pagare di persona): “Bisogna che ci siano persone che protestino contro l’abuso dell’autorità; e io mi sento chiamato a questa protesta”.

Autore: Paolo Bill Valente

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