Con una cerimonia al Kurhaus di Merano sono stati ricordati – nella Giornata dell’autonomia del 5 settembre – i cinquant’anni dell’entrata in vigore dello Statuto riformato. Mezzo secolo per articolare e consolidare un sistema (di potere), fondato su basi solide e su basi instabili. Bella senz’anima: l’autonomia “SENZA”.
Si dice che il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. Significa (anche): tutto bello, all’apparenza, però manca qualcosa di essenziale. Come a una pentola SENZA il coperchio. Interessante come la Provincia definisce l’autonomia sulle pagine web ad essa dedicate: “L’autonomia dell’Alto Adige è un sistema giuridico in cui si intrecciano rotazione delle funzioni, presenza paritetica negli organismi e rappresentanza proporzionale dei gruppi linguistici”. Ma è davvero così? O è una piccola grande finzione? Ognuno potrà pensare alla sua esperienza quotidiana.
Si credeva, non molto tempo fa, che la storia altoatesina si sarebbe evoluta virtuosamente secondo la linea “gegeneinander – nebeneinander – miteinander – (füreinander)” (ovvero: prima gli uni contro – poi vicino – poi con – infine per gli altri). Si è passati invece – ha detto, sconsolato, Aldo Mazza in una recente intervista a ff – dal “nebeneinander” all’“OHNEeinander” (gli uni SENZA gli altri). Ciò avviene per volontà della politica e nella grave indifferenza della società civile (anche negli ambiti più inaspettati).
Siamo una terra “SENZA”. Lo stesso Statuto, di cui si celebrano i cinquant’anni, è un documento “SENZA” un preambolo che ne espliciti i principi fondanti. Per essere neutrali si finisce con l’essere vuoti (SENZA). Cinque anni fa la Convenzione per l’autonomia – che ebbe peraltro dinamiche strane – consigliò vivamente la stesura di un preambolo. Di quei lavori non si è saputo più nulla.
Ad Aldo Mazza, combattente per la convivenza attiva (lui dice “l’ultimo dei Mohicani”), l’indifferenza non piace e ancor meno la prospettiva di esserci gli uni SENZA gli altri. “Ricordo ciò che diceva Alexander Langer: sotto la cenere, i conflitti etnici continuano ad ardere. Dobbiamo approfittare dei periodi di benessere per creare una base, un condominio, in cui le persone, pur con tutte le loro differenze, si conoscano, si apprezzino e si comprendano a vicenda”. È a questo che abbiamo lavorato negli ultimi cinquant’anni?
Autore: Paolo Bill Valente