Tre anni fa in questi giorni il lockdown. Strade deserte, scuole e chiese chiuse, paura. Le ordinanze che si susseguono a ritmi quasi quotidiani, i dispositivi di protezione, le regole, la “distanza sociale”. I morti. Tutte cose che resteranno impresse nella memoria di chi le ha vissute, soprattutto dei più giovani.
Secondo gli ultimi dati, dall’inizio della pandemia i contagiati in Italia superano i 25,6 milioni. I morti sono ormai oltre 188mila. I dati settimanali degli ultimi giorni parlano ancora di quasi 27mila nuovi contagiati (ma di oltre 47mila guariti), di circa 220 morti, di qualche migliaio di ricoverati, alcuni ancora in terapia intensiva.
Secondo il Rapporto pubblicato qualche tempo fa da Consiglio Nazionale dei Giovani e Agenzia Nazionale Giovani, in collaborazione col Censis, i giovani, che “rappresentano la parte più vitale, acculturata, innovativa della società italiana”, oggi “appaiono invisibili e spenti, prigionieri di una narrazione collettiva che non li vede mai come protagonisti e lascia loro pochi spazi per immaginare un futuro migliore”. È così?
La pandemia non è stata solo un fatto sanitario. Ha fortemente influenzato il modo di guardare alla vita e al futuro. Se inizialmente a fare le spese della diffusione del virus sono state soprattutto le persone anziane, si è presto evidenziato come bambini e ragazzi abbiano sofferto soprattutto a causa delle limitazioni nelle relazioni sociali. La cosiddetta “distanza sociale” ha salvato a molti la vita ma, al tempo stesso, l’ha svuotata, per qualcuno, di significato.
“Durante la pandemia molti giovani hanno rivisto i propri progetti di vita, alcuni hanno smesso di studiare o hanno perso il lavoro, moltissimi si trovano in una situazione di sofferenza fisica o mentale. Sono giovani che si sentono soli, che hanno paura ad uscire e frequentare luoghi affollati, che esprimono, anche attraverso la comparsa di problemi di salute e nella trasformazione del proprio corpo, un disagio generazionale e personale”.
Al di là di ansie, incertezze e depressione, sono però proprio i giovani ad avere in mano la chiave del futuro. Sono delusi del mondo che hanno ricevuto in consegna e tuttavia hanno ben chiaro quanto sia importante avere attorno a sé una comunità e contribuire al suo sviluppo per il bene di tutti. Agli adulti sarebbe sufficiente ascoltarli e lasciarli fare.
Autore: Paolo Bill Valente