La strada dedicata a Gustav Mahler

Tra le vie del quartiere Firmian dedicate a compositori, come Mozart e Puccini, vi è la via Gustav Mahler. Non è sconosciuta all’Alto Adige la figura di Gustav Mahler, se si pensa alle “Settimane Musicali Gustav Mahler” che annualmente si celebrano in suo onore a Dobbiaco sin dal 1981. Era nato il 7 luglio 1860 a Kalischt, in Boemia. Già a sei anni aveva iniziato lo studio del pianoforte; dal 1875 frequentò per tre anni il Conservatorio di Vienna, componendo come saggio già nel 1876 un Klavierquartett. Fin dall’infanzia Gustav Mahler si interessò al canto popolare, arrivando a conoscere a memoria oltre duecento melodie; trascrisse sul pianoforte marce e canti di soldati e minatori. Nell’estate 1880 fece le prime esperienze come direttore d’orchestra a Bad hall, le ripeté a Lubiana nel 1881, a Olomuc, Vienna e Kassel nel 1883, a Praga nel 1885, Lipsia nel 1886 e nel 1888 a Budapest. Nel 1891 passò ad Amburgo, ma l’esperienza più importante di direzione d’orchestra fu quella decennale, dal 1897, presso l’Imperiale Regio Teatro dell’Opera di Vienna; fu il periodo più fervido della sua creazione artistica, nacquero infatti diverse Sinfonie. Gustav Mahler fu autore anche di numerosi componimenti vocali, i “Lieder”; tra essi “Das Lied von der Erde” (Il canto della terra), ispirato a liriche cinesi; l’opera, la cui prima esecuzione ebbe luogo il 20 novembre 1911 a Monaco, fu scritta nel 1908 nella Casetta di composizione a Carbonin Vecchia, durante il suo primo soggiorno estivo a Dobbiaco. A Dobbiaco ritornò, dopo concerti a New York, per lavorare sulla Nona Sinfonia. Il 4 luglio 1910, dopo la terza stagione di concerti a New York,  ritornò a Dobbiaco per lavorare sulla Decima Sinfonia. Ritornato in America, nel febbraio 1911 diresse l’ultimo concerto; ammalatosi gravemente e tornato in Europa in aprile, a maggio fu ricoverato al sanatorio Löw di Vienna, dove morì il 18 maggio. Le esequie ebbero luogo il giorno 22 al cimitero di Grinzing.

Autore: Leone Sticcotti

La via dedicata all’artista Albrecht Dürer

Tra le vie minori della zona produttiva vi è via Albrecht Dürer, pittore e incisore germanico nella  cui vita non mancano legami con l’Italia ma anche con il Trentino Alto Adige. Nato a Norimberga il 21 maggio 1471, rivelatosi presto dotato di talento, fece pratica nella bottega del padre, orefice, imparando tra l’altro le tecniche di incisione sui metalli; divenne famoso soprattutto come incisore, portando l’arte dell’incisione a livelli mai raggiunti prima. Nella bottega di William Wohlgemuth, noto pittore e xilografo di Norimberga, si addestrò nell’incisione in legno ed in rame, l’acquerello e la pittura ad olio. Per approfondire le conoscenze dal 1490 viaggiò prima al nord, oltre Colonia, poi a sud, fino a Basilea; passò poi a Strasburgo. Nel 1494 tornò a Norimberga, dove sposò Agnes Frey, figlia di un orafo. Per scampare alla peste scoppiata a Norimberga, partì per Venezia; paesaggi ad acquerello documentano le tappe del viaggio, Innsbruck, Tirolo e Trentino. Sono del periodo veneziano i disegni di soggetto mitologico. Nel viaggio di rientro, nel 1495 toccò il lago di Garda, Arco, Trento, Val di Cembra, Segonzano, Chiusa all’Isarco, tutto documentato con acquerelli.  Nella primavera 1495 riprese a Norimberga l’attività di xilografo e calcografo.. Nell’estate 1505 ritornò a Venezia, lavorando alla pala d’altare della chiesa di  San Bartolomeo, commissionata dai mercanti tedeschi di Venezia; a Venezia eseguì anche numerosi ritratti, disegni e  un quadro “Gesù fra i dottori”. Dal 1511 al 1519 fu al servizio dell’imperatore Massimiliano I d’Asburgo (1459-1519); morto Massimiliano, si recò in Olanda per chiedere al successore, Carlo V, la conferma dello stipendio annuo; in attesa dell’udienza, si recò a Bruges, Gand e si spinse fino in Zelanda, dove fu colpito dalla malaria. Tornato in Germania, l’ultimo lavoro furono le due tavole, con gli apostoli Giovanni e Pietro, e con Paolo e Marco evangelista. Morto il 6 aprile 1528 nella sua casa di Norimberga, fu sepolto nel cimitero della chiesa di San Giovanni.

Autore: Leone Sticcotti

La via dedicata a Anna Ruedl Zagler

Da via Sorrento si può percorrere, costeggiando l’Istituto tecnologico “Max Valier” e la Scuola Media “Anna Negri”, la via Anna Ruedl Zagler, tra viale Druso e viale Europa. Chi era e cosa fece? Anna Ruedl, nata nel 1785 a Caldaro, sposatasi nel 1802 con un medico di Lana, nel 1860 fondò presso la propria abitazione una “casa per domestici”, per offrire un alloggio gratuito alle domestiche anziane, malate e prive di mezzi. L’idea era venuta al figlio della signora Anna, Joseph Zagler, il quale, divenuto Padre Franz Xaver Zagler, si impegnò molto nel campo sociale. La signora Anna Ruedl Zagler dispose che alla propria morte (avvenuta nel 1872) la sua abitazione (in vicolo dei Muratori, ora via dei Vanga), venisse adibita a “Dientsbotenhaus”, ospizio per domestiche. L’ospizio, che offrì alloggio e assistenza fino agli anni ‘50, occupava una vecchia costruzione a due piani, parzialmente danneggiata durante la guerra. Non si trattava però di una vera e propria casa di riposo, poiché le sue ospiti erano pur sempre a servizio presso famiglie bolzanine, dove provvedevano a pulizie o altre faccende di casa. L’istituzione era riservata a “domestiche che abbiano prestato servizio a Bolzano per almeno 15 anni”. Allo scopo venne istituita una Fondazione, che si occupò del collocamento di domestiche disoccupate o inabili. Va ricordato l’aiuto che alla “Casa per domestici” fu dato anche da un’altra benefattrice, la signora Wilhelmine Grätzl, vedova del medico dott. Josef von Kofler. Il 17 dicembre 1987 la Fondazione divenne l’Associazione “Haus der geschützten Wohnungen” (Casa degli alloggi protetti), avente come obiettivo l’assistenza e la protezione per le donne che si trovano in situazione di violenza. La “Casa degli alloggi protetti”, ora del KFS (Katholischer Familienverband Südtirols – Associazione sudtirolese famiglie cattoliche), fu a livello nazionale una delle prime strutture per donne in situazione di violenza.

Autore: Leone Sticcotti

La via dedicata alla memoria di Luis Zuegg

Nella zona industriale, tra le vie Giuseppe di Vittorio e Thomas Alva Edison vi è una via minore, la via Luis Zuegg. Chi era e cosa fece? Nato come Alois Karl Zuech (ma noto come Luis) a Lana il 26 aprile 1876, cambiò il cognome in Zuegg nel 1904; conseguita brillantemente la maturità al Ginnasio dei Benedettini a Montemaria (Val Venosta), passò alla Scuola superiore tecnica di Graz, dove tra le discipline optò per l’elettrotecnica, conseguendo il diploma il 15 ottobre 1900. Per tre anni fu assistente di cattedra del professor Albert von Ettinghausen. Tornato a Lana nel 1903, mise in atto un forte spirito imprenditoriale realizzando la centrale elettrica nella gola del Valsura, presso Lana, nonché la linea tranviaria Lana-Merano. Collaborò anche alla realizzazione della funivia di Monte San Vigilio, inaugurata il 31 agosto 1912. Il 13 dicembre 1913 fu inaugurata la ferrovia locale Lana-Postal; era detta anche “Apfelexpress”, servendo molto per il trasporto della frutta locale, come le note mele di Lana, che giunsero fino a Berlino e a San Pietroburgo. Le abilità di Luis Zuegg furono utili anche nella costruzione di funivie durante al prima guerra mondiale. Fu abile anche in campo economico; dopo la fabbrica di cellulosa e cartone da legno, nel 1917 passò alla lavorazione della frutta;  ne sono esempio i 70 vagoni di marmellata del 1917 per civili e militari: nacque il Gruppo Zuegg tuttora attivo. Nel 1920 fu la volta della funivia Merano-Avelengo, mentre al 1935 risale quella di Ortisei-Alpe di Siusi. Per i meriti acquisiti nel campo della tecnica funiviaria l’Istituto tecnico di Graz nel 1948 gli conferì  il dottorato honoris causa nelle scienze tecniche. Luis Zuegg durante un soggiorno di riposo a Bordighera dopo breve malattia morì il 14 gennaio 1955. Dal 23 ottobre 2010 in onore di Luis Zuegg si trova a Lana, nel parco che porta il suo nome, un busto di bronzo. Diversi Comuni, come Bolzano, Merano e Lana, gli hanno dedicato una strada.

Autore: Leone Sticcotti

La via dedicata a Sigismund Schwarz

Nei pressi del cimitero comunale vi è una via minore, via Schwarz Sigismund; chi era e cosa fece?  Siegmund (noto anche come Sigismund) Schwarz, figlio del banchiere Ernst Schwarz e di Flora Bernheimer, era nato il 30 marzo 1849 a Hohenems, nel Vorarlberg (Austria). Fu Ernst Schwarz ad aprire nel 1848 a Bolzano una filiale della banca privata, la “Gebrüder Schwarz”, da lui fondata a Hohenems. Nel 1874 Siegmund rilevò l’azienda bancaria paterna e poco dopo si trasferì a Bolzano. Dal 1876  la banca bolzanina, con la nuova denominazione, “Ernst Schwarz Söhne”, fu diretta da Siegmund, mentre il fratello Arnold gestì la banca a Hohenems. Nel 1879  Siegmund sposò Kamilla Braunschweig; ebbero tre figli, Lucie, Oswald, Erwin. Oltre alla banca, Siegmund, assieme al fratello Arnold, fu attivo anche nella produzione di birra; esempio fu il birrificio a vapore di Vilpiano, una delle imprese di produzione di birra all’avanguardia in Tirolo. I fratelli Schwarz si impegnarono anche per i collegamenti turistici del Sudtirolo tramite la rete ferroviaria, per esempio collegandolo nel 1891 con il lago di Garda tramite la ferrovia Mori-Arco-Riva. Seguì la costruzione della ferrovia dell’ Oltradige, che collegava Bolzano con Caldaro. Non mancarono le critiche da parte di giornali antisemiti, come la “Tiroler Post” il 7 marzo 1903. Ma i fratelli Schwarz, presi di mira anche perché erano ebrei, non si lasciarono scoraggiare. Nel 1903 fu la volta della funicolare al passo della Mendola; seguì nel 1907 la funivia del Virgolo a Bolzano e quella del Renon. Va ricordata anche la ferrovia locale Merano-Malles, inaugurata nel 1906. Per tutti questi impegni Sigismund Schwarz va senza dubbio considerato un pioniere dell’emergente turismo tirolese agli inizi del 1900. 

I fratelli Schwarz parteciparono alle iniziative imprenditoriali alberghiere, diedero grande impulso al movimento di merci, all’economia, all’industria. Sigismund Schwarz morì il 30 ottobre 1919 e fu sepolto nel cimitero ebraico di via Maso della Pieve.

Autore: Leone Sticcotti

Ricordando Sebastian Altmann a Bolzano

Nella zona commerciale Bolzano Sud vi è, collegante via Buozzi e via Keplero, la via Sebastian Altmann, dedicata a chi con Bolzano ebbe un forte legame, essendone stato “l’architetto civico”.
Fu il 27 giugno 1857 che Sebastian Altmann, nato a Bad Reichenhall (Baviera) il 19 gennaio 1827, fu nominato architetto civico di Bolzano.
In presenza di un notevole slancio economico-culturale della città, andava data risposta alle nuove esigenze.
La realizzazione della ferrovia e la nascita delle prime aziende di tipo industriale, essere Bolzano ambita meta turistica come stazione climatica, il tutto contribuiva a dare determinante impulso all’attività edilizia.
Bolzano incaricò appunto l’architetto Altmann di ridisegnare la città, con una sorta di piano regolatore.
Il primo intervento di pianificazione urbanistica (1857-1858) fu la costruzione del quartiere prospiciente la stazione ferroviaria. Seguì il progetto per la Neustadt, la zona comprendente le odierne vie Dante, Carducci, Cassa di Risparmio. I due nuovi quartieri vennero uniti dalla piazza Domenicani, che divenne punto di congiunzione con il centro medievale, mentre Johannsplatz (prima Maximilianplatz ora piazza Walther), sistemata nel 1867, assumeva la funzione di centro, anche ideale, della nuova città ottocentesca.
Nel 1873 Altmann collaborò alla costruzione dell’Hotel Austria in via Fago, l’albergo più lussuoso della città. Nel 1875 fu la volta della villa Marienheim. Villa Defregger è uno dei progetti del 1879, mentre fu nel 1882 che Altmann assunse la progettazione e l’esecuzione del nuovo Ginnasio dei Francescani. Tra le opere più impegnative e importanti di Altmann è il complesso in via Laurin, oggi sede della Provincia Autonoma.
Di quanto progettato dall’architetto civico qualcosa non c’è più, per bombardamenti, incendi, demolizioni, per vari motivi insomma. Ciò che è rimasto però è sufficiente per far riconoscere il debito che Bolzano ha verso l’architetto Sebastian Altmann, il quale morì a Bolzano il 27 luglio 1894.

Autore: Leone Sticcotti

La piazza dedicata ad Anita Pichler

Al centro del quartiere “Casanova” vi è, dal 2015, “Piazza Anita Pichler”. Chi era e cosa fece? Nata il 28 gennaio 1948 a Scenna, nei pressi di Merano, dopo gli anni di scuola a Merano e gli studi superiori a Trieste, si laureò in slavistica e germanistica alla Ca’ Foscari (Venezia). A Praga negli anni 1971/1972, tornò a Venezia, dove dal 1974 al 1976 lavorò come redattrice della casa editrice Marsilio; fu attiva come traduttrice e interprete. A Venezia ebbe l’incarico di lettrice dell’Università; ebbe tempo di dedicarsi alla scrittura.La sua vita fu alquanto movimentata; Anita Pichler amava la vita, le lingue, la scrittura, le montagne e le sue città (Venezia, Vienna, Berlino, Merano e Bolzano); amava fotografare, viaggiare ed osservare il mondo, amava le belle cose. 

Il primo libro, il racconto “Die Zaunreiterin”, la storia di una donna, apparve nel 1986. Tre anni dopo, il racconto “Wie die Monate das Jahr”, che accompagna nella sua leggenda Oswald von Wolkenstein, cavaliere medievale, avventuriero, guerriero, compositore, trovatore, poeta; tradotto in italiano, “Come i mesi l’anno” fu pubblicato da Marsilio nel 1991. 

Nel 1992 uscì “Die Frauen aus Fanis. Fragmente zur ladinischen Überlieferung”; sono frammenti di tradizione orale ladina. Fu nel febbraio 1995 che Anita venne a sapere di essere gravemente ammalata; si trasferì così a Bolzano, dove morì il 6 aprile 1997, attorniata da amiche e amici. 

Prima di morire Anita Pichler, la quale aveva suscitato grande interesse nel mondo letterario tedesco, aveva affidato a Sabine Gruber e Renate Mumelter l’incarico di amministrare la sua eredità letteraria. La tomba di Anita Pichler si trova a Solda, ai piedi del massiccio dell’Ortles. Con la montagna Anita ebbe un profondo rapporto sin dall’infanzia, in particolare proprio per Solda, dove anche da adulta si recava ogni anno per effettuare impegnative arrampicate.

Autore: Leone Sticcotti

La via dedicata a Leopoldo di Bebenberg

Una via in aperta campagna: è, tra Stradella San Maurizio e via Castelfirmiano, via San Leopoldo. Chi era e cosa fece? Leopoldo di Babenberg, figlio di Leopoldo II, margravio (titolo nobiliare tedesco) della Marca d’Austria (retta dal 976 al 1246 dal casato dei Babenberg), era nato nel 1073 a Melk (Austria Inferiore). Educato dal monaco Altmann, santo vescovo di Passau, succedette sul trono al padre nel 1095. Leopoldo III governò con grande energia e avvedutezza, prodigandosi per la Chiesa, proteggendone i diritti e promuovendo un’azione di riforma atta a rinnovare lo spirito e i costumi ecclesiastici, elargendo cospicue elemosine, aiutando il monastero della sua città natale e fondando quello di Neuburg. Coinvolto nelle lotte per le investiture, rimase fedele all’alleanza con l’Imperatore di Germania, Enrico IV,  e poi con il figlio, Enrico V, pure lui Re di Germania e Italia, nonché Imperatore del Sacro Romano Impero; ne sposò la sorella Agnese di Weiblingen, vedova di Federico I di Svevia, detto il Vecchio. Leopoldo visse con Agnese una vita di fede profonda; ebbero diciotto figli, i quali, vissuti in un’atmosfera ascetica, scelsero poi chi il convento, chi il monastero, chi il vescovado. Leopoldo III dal 1095 regnò per 40 anni con giustizia, dando al suo regno un periodo di fecondità e di pace, sia pur parziale, avendo dovuto combattere sconfiggere i Magiari. Alla morte di Enrico V nel 1125, Leopoldo rinunciò all’offerta di divenire Imperatore di Germania. Leopoldo III d’Austria, morto il 15 novembre 1136, fu sepolto nel monastero di Klosterneuburg, da lui fondato nel 1108. Leopoldo di Babenberg fu proclamato santo il 6 gennaio 1485 da papa Innocenzo VIII. San Leopoldo divenne il patrono dell’Austria, oltre che della dinastia degli Asburgo, poi Asburgo-Lorena. San Leopoldo è patrono anche di Follonica (Grosseto), ma è venerato anche a Pistoia, nonché a Vada e Cecina (Livorno).

Autore: Leone Sticcotti

A Bolzano si ricorda la figura di Tambosi

Caso non frequente, a Oltrisarco, la doppia intitolazione: quella di una scuola primaria e di un parco. A meritarsi ciò è Antonio Tambosi; chi era e cosa fece?
Nato a Trento il 27 luglio 1853, conseguito il diploma di studi commerciali a Monaco di Baviera, si impegnò nell’azienda paterna, attiva nel commercio della seta. Apprezzato come imprenditore commerciale, si affermò anche in campo pubblico: fu eletto presidente della SAT (Società degli Alpinisti Tridentini); dal 1894 fu consigliere comunale a Trento, nel 1895 fu eletto anche podestà e fu tale fino al 1900. Nel 1901 fu anche deputato al parlamento di Vienna, del quale fu anche vicepresidente. Va ricordato il suo discorso, l’11 ottobre 1896, in occasione dell’inaugurazione a Trento del monumento a Dante Alighieri. Antonio Tambosi ebbe a cuore lo sviluppo economico e sociale del Trentino, appoggiandone le rivendicazioni autonomistiche, come fece nel suo discorso al Reichstag del 16 febbraio 1905. In Trentino ricoprì la carica di consigliere, poi di vicepresidente della Camera di Commercio. Non mancarono i contrasti, mentre era podestà di Trento, con la Dieta di Innsbruck, contrasti che lo portarono anche a dimettersi dalla carica. Nel 1911 fu nuovamente eletto podestà, ma nel 1913 si dimise di nuovo, dinanzi ai dinieghi austriaci sui progetti ferroviari che riteneva fondamentali per l’economia locale. Durante il conflitto mondiale Tambosi fu arrestato, per il suo irredentismo e i contrasti con la burocrazia austriaca; il 25 ottobre 1916 fu condannato a sette anni di carcere. Finita la guerra, importante incarico fu quello del 1919; Antonio Tambosi fu inviato dal Primo Ministro Vittorio Emanuele Orlando a Parigi come comandante della Diplomazia italiana alla Conferenza di Pace. Il 30 settembre 1920 fu nominato senatore del Regno d’Italia, ma ancor prima del giuramento Antonio Tambosi morì a Trento il 6 febbraio 1921.

Autore: Leone Sticcotti

La via dedicata all’inventore Kravogl

Chi era e cosa  fece Johann Kravogl, al quale è intitolata la via che si trova, nella zona artigianale, tra le vie Negrelli e Einstein? 
Era nato il 24 maggio 1823 a Lana di Sopra; suo padre era impiegato di cancelleria nella sede di Lana del tribunale distrettuale. Johann perse presto i genitori, ma riuscì a frequentare la scuola elementare a Lagundo. Un benevolo professore di Merano gli prestò dei libri; tramite essi Johann apprese le nozioni di base di scienze naturali, fisica e matematica. Imparò poi il mestiere di fabbro nell’officina di uno zio a Imst nel Tirolo del Nord. 

Fermatosi a Zams nella Valle superiore dell’Inn, nel 1844, a 21 anni, ebbe successo il suo primo esperimento, un modello di locomotiva azionata da aria compressa. Recatosi a Vienna  e a Monaco di Baviera, ogni momento libero lo utilizzava per dedicarsi allo studio del magnetismo, dell’elettricità, dell’ottica e dell’acustica. Stabilitosi nel 1857 come meccanico nel quartiere Wilten di Innsbruck, nel 1860 il professore von Waltenhofen lo stimolò a costruire una pompa pneumatica a mercurio; fu tale pompa che gli fruttò il titolo di meccanico universitario regio imperiale. Altra sua opera, del 1867, fu il motore elettrico. Nello stesso anno presentò alcune sue opere all’esposizione universale di Parigi, ottenendo la medaglia d’argento. Un’altra invenzione fu un fucile a fuoco veloce, che offriva una rapidità trenta volte maggiore di quella del fucile in uso nell’esercito austriaco. Altre invenzioni furono: una pressa litografica, un condensatore di potenza per alta tensione, un campanello elettrico. Nel 1884 si trasferì dal Burgraviato a Bressanone, dove, affiancato da un nipote, allestì una piccola officina. Johann Kravogl morì, senza figli, dopo lunga malattia polmonare, nel giorno di Capodanno del 1889; fu sepolto nel cimitero di Bressanone. Gli hanno dedicato una strada anche i Comuni di Bressanone, Lana, Marlengo, Merano, Parcines, ma pure le città di Innsbruck, Salisburgo e Vienna.

Autore: Leone Sticcotti