Messaggio importante per i non altoatesini: in Alto Adige non è obbligatorio parlare in italiano nei locali della Procura o di altri uffici e non è vietato usare la propria lingua in presenza di pubblici ufficiali (semmai è vero il contrario). E non c’è niente di più pubblico e di più ufficiale della doppia lingua.
Non essendo frequentatore assiduo di serie televisive evito di avventurarmi in una critica strutturata degli otto episodi di “Brennero” trasmessi sui canali RAI tra settembre e ottobre 2024. Mi occupo però di storia e di storie e, come spettatore, trovo qui qualche buono spunto di riflessione. Da altoatesino “in missione” a Roma sono inoltre chiamato spesso a rettificare informazioni non corrette.
Come altri conterranei mi sono divertito a cogliere in fallo i sceneggiatori rispetto alla verosimiglianza delle situazioni narrate e a indovinare man mano quali fossero i luoghi proposti nelle immagini. Va detto a questo proposito che gli autori hanno rinunciato a proporre un Alto Adige da cartolina (bravi!), fatti salvi gli immancabili scorci di castelli e campanili. Per una volta non vediamo il Sudtirolo dai colori forti e dai fiori ai balconi, quelli degli intrecci tra la storia – quella grande e quella piccina – e le relazioni umane. Le tinte smorte che caratterizzano tutta la serie descrivono bene quel quid di insano, di malato, che si respira in una terra affetta da quella nevrosi da confine, che ogni tanto si materializza nel “mostro”, come avvenuto a Merano nel 1996.
“Brennero è la storia di due solitudini che si incontrano” (Giuseppe Bonito).
Il racconto è avvincente, gli sviluppi a volte scontati, altre no. Si usa del contesto storico e geografico senza farne la caricatura. Alcune forzature e ingenuità le coglie solo il residente. Come il fatto che la procuratrice Kofler parla sempre in italiano col marito, il prefetto Müller, entrambi di lingua tedesca (al di là del fatto che a Bolzano il Prefetto si chiama Commissario del Governo e difficilmente porterà il nome Müller, come del resto il Presidente della Provincia sarà di rado un Rossi – tutt’al più un Magnago – ma questa è anche una bella domanda da farsi).
Diamo pure a tutto la sufficienza (in particolare per il fatto che alla fine non si capisce bene, come è giusto che sia, che cosa è il Sudtirolo) tranne però a queste due scene, che rafforzano un pregiudizio e confondono le norme con la loro attuazione. Prima scena: la procuratrice Kofler all’ispettrice Pichler negli uffici della Procura: “Scusi può passare all’italiano per favore? È una regola che vale per tutti”. Seconda scena: l’ispettore Costa a casa del signor Berger: “La invito comunque a rivolgersi a due pubblici ufficiali in lingua italiana”.
Qui il voto è insufficiente. Perché? Come in ogni buon giallo, non diamo la soluzione ma solo qualche indizio. La risposta si trova agli articoli 99 e 100 dello Statuto di autonomia del Trentino Alto Adige (che è Legge costituzionale e si trova facilmente in rete).
Autore: Paolo Bill Valente